Lucia Annibali, avvocata e oggi deputata Pd, probabilmente non aveva mai immaginato che sarebbe accaduto: cioè che il suo aggressore, colui che ha cambiato per sempre la sua vita sfregiandola con l’acido nel 2013, le avrebbe chiesto perdono. Con una lettera. Lui che, durante il processo, non aveva mai ammesso di aver compiuto il gesto.
Ma il 20 marzo 2019 il Corriere della sera ha pubblicato un estratto di quella lettera. Che recita: “Lucia perdonami. Perdona il mio gesto indegno e brutale e perdona me che l’ho fatto. Che io sia maledetto per sempre. Vorrei abbracciarti e stringere le tue mani con le mie. Puoi essere la mia guida anche se il peccato lo porterò a vita”.
A scriverla è stato, appunto, Rubin Talaban che ha aggiunto: “Ho provato ad essere nei tuoi panni e non posso stare più di qualche secondo nei momenti di dolore e di sofferenza causati da me. Non posso fare l’indifferente come se non c’è stato niente. Allungami la mano, Lucia, perché non sono un mostro ma un grande errore. Se mi perdoni mi aiuti”.
La parlamentare, dal canto suo, al quotidiano milanese ha detto: “Se quello che scrive è la sincera verità, se davvero oggi è consapevole di quello che ha fatto e non è più la sagoma scura che ho visto dentro casa mia, io lo posso anche perdonare. Ma quel perdono serve più a lui che a me. Deve fare i conti con quel che ha fatto, come io convivo ogni giorno con quello che mi ha fatto, perdono o non perdono”.
“Se tutto questo non è una carta da giocare per avere permessi o chiedere misure alternative, meglio per lui e per il suo futuro. Ma io dico anche meglio per tutti noi, perché ogni detenuto recuperato è una garanzia di sicurezza per la società intera. Detto questo, non è che ora diventiamo amici o che io abbia intenzione di incontrarlo”, ha concluso categoricamente Annibali.