Proseguono le indagini sulla morte di Luana D’Orazio, l’operaia tessile di 22 anni e madre di un bimbo di cinque anni uccisa dall’orditoio di una fabbrica tessile Oste di Montemurlo, in provincia di Prato, il 3 maggio scorso.
Un macchinario “che si ferma e ci mette più di tutti gli altri perché è mezzo tronco” (“mezzo rotto”, ndr), avrebbe detto Luana in un messaggio audio registrato tre giorni prima della tragedia. La ragazza nella nota audio, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, parla anche di una lite “con lui”, si pensa al marito della titolare dell’Orditura, che “se ne lava le mani”, dice ancora Luana D’Orazio nella nota vocale.
In messaggio vocale Whatsapp inviato al fidanzato pubblicato invece da Repubblica, il 30 aprile Luana D’Orazio dice: “Scusa amore, ho finito solo adesso. Anche oggi ho dovuto correre come una dannata. Mi hanno lasciata da sola con un sacco di lavoro…”. Secondo i familiari il messaggio testimonia le difficili condizioni di lavoro cui, la giovane sarebbe stata costretta in quel periodo. Persone a lei vicine, riporta Repubblica, l’avrebbero inoltre descritta travolta da turni e carichi troppo serrati per il suo contratto, che prevedeva peraltro la presenza di un tutor accanto a sé. L’inchiesta della Procura di Prato ha già accertato che il 3 maggio non c’era nessuno con lei, e che, con tutta probabilità, sull’orditoio non erano stati attivati i dispositivi di protezione previsti dalla legge.
Un audio che al momento non è negli atti dell’inchiesta, ma non è detto che nei prossimi giorni i magistrati non vogliano acquisirlo per capire quali fossero le pratiche all’interno dell’Orditura Luana di Montemurlo, guidata da Luana Coppini, l’indagata principale per omicidio colposo. Nel registro degli indagati compare anche il nome l’addetto alla manutenzione del macchinario, Mario Cusimano, con l’accusa di la rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.
L’orditorio senza “cautele antinfortunistiche”
Nel frattempo è stata estratta ed è già al vaglio degli inquirenti la scatola nera dell’orditoio in cui Luana D’Orazio morì. Secondo quanto appreso i periti stanno completando le verifiche avvalendosi della collaborazione di tecnici della casa produttrice tedesca del macchinario. Per la procura andrebbe a confermarsi l’ipotesi della rimozione delle cautele antinfortunistiche dall’orditoio, ma per comprendere in quale fase della lavorazione sia avvenuto l’incidente di Luana è necessario decrittare la scatola nera anche per stimare la velocità a cui stava girando il subbio, cioè il cilindro rotante che avvolge il filo.
Indagini su abiti di Luana, forse favorirono trascinamento
La procura di Prato sta eseguendo anche una serie di accertamenti sull’abbigliamento della giovane madre e operaia indossato il giorno dell’incidente, il 3 maggio. Al di là del funzionamento della macchina tessile a cui era addetta, i magistrati vogliono capire se siano state rispettate le cautele anti-infortunistica il cui rispetto è deputato alla proprietà dell’azienda. In particolare gli investigatori vogliono capire se i vestiti indossati al momento dell’incidente della 22enne abbiano potuto contribuire al suo trascinamento all’interno del macchinario. “Al momento dell’incidente indossava una tuta nera casual, non una divisa da lavoro. Ai piedi aveva delle scarpe antinfortunistica“, chiariscono i consulenti della famiglia di Luana D’Orazio.