“La sola ricostruzione degli eventi consegnata dagli atti processuali è quella dell’intenzionale allontanamento di Liliana Resinovich dalla sua abitazione e dell’altrettanto intenzionale decisione di por fine alla propria vita”: la Procura di Trieste ha chiesto l’archiviazione per il caso della donna scomparsa il 14 dicembre 2021 e trovata senza vita il 5 gennaio 2022 nell’area boschiva dell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni.
Fino a due mesi fa era aperto un fascicolo per sequestro di persona, ma per gli inquirenti la vittima si sarebbe suicidata. Una tesi che si era fatta consistente già lo scorso aprile, quando furono raccolti alcuni elementi del suo abbigliamento e fu eseguita l’autopsia sul suo corpo.
Il procuratore capo Antonio De Nicolo scrive: “Un esame ragionato dei complessivi risultati dell’indagine – i soli con i quali la procura della Repubblica, ovviamente, è tenuta a confrontarsi – non consente altre ipotesi, e dunque non legittima le illazioni arbitrarie e fantasiose germogliate qua e là nel gorgo mediatico che ha avviluppato questa vicenda e dal quale questo Ufficio s’è doverosamente tenuto lontano”.
Chi ha indagato sulla morte di Liliana Resinovich ha escluso “sia l’avvenuta segregazione contro la sua volontà sia la sussistenza di altre condotte lesive in suo danno ad opera di terzi” ma non è stato in grado di stabilire “se sia vero che la signora sia deceduta lo stesso giorno della sua scomparsa o se, alternativamente, sia vero che abbia voluto rimanere nascosta un paio di settimane ed abbia deciso di porre fine alla propria vita solo pochi giorni prima del ritrovamento”.
La consulenza del medico legale propende per questa seconda opzione. Ma per la Procura “non è necessario sciogliere tale dilemma per giungere all’archiviazione della vicenda: è sufficiente constatare che dalle indagini, scrupolosamente condotte, non è emersa, con un minimo di concretezza, alcuna ipotesi di reato specifica e perseguibile ai danni della deceduta”.