Tutto è iniziato qualche settimana fa, quando la mia amica Claudia si è trovata chiusa in un monolocale, sola, per giorni interi a fissare il soffitto. “Ho preso il Covid. La variante Delta. Sì, lo so che ora mi dici ‘te l’avevo detto’, ma adesso che faccio?”. Breve riassunto delle puntate precedenti: Claudia è quell’amica, quella che tutti noi ne abbiamo almeno una, che non si è ancora vaccinata perché “magari sono io quello 0,013% che può avere una reazione avversa”, perché “cosa ne sai cosa ti succede tra dieci anni”, perché “non ho ancora lo spid”, perché “non mi serve, tanto non vedo nessuno”.
“Claudia, cosa vuoi che ti dica ora? Sono mesi che discutiamo delle stesse cose. Ora termometro e saturimetro a portata di mano, una buona dose di pazienza e fortuna, e speriamo passi in fretta”. Claudia, però, ha un’altra idea e la cosa non mi sorprende affatto: “Senti, i miei colleghi mi hanno detto che c’è una pastiglia che ti fa guarire prima. Che faccio la prendo?”. Nota bene: Claudia lavora nel marketing, i suoi colleghi si occupano di numeri e algoritmi, non salvano vite umane.
“Si chiama ivermectina – continua lei -, la conosci? Non è che ti informi per capire se funziona davvero?”. Sono tentata di sbatterle il telefono in faccia e bloccarla ufficialmente. Ma inizio a fare telefonate e ricerche, mossa da non so quale sentimento. Quello che scopro non mi piace per niente. “L’ivermectina è un principio attivo, come il paracetamolo. Quindi lo trovi sul mercato con nomi diversi, peccato però che sia un farmaco per animali. Di solito si vende per curare cavalli, pecore, maiali”. A parlare è Giacomo Pisano, farmacista nella vita reale e anche in quella online dove è “Il socialmente farmacista”. Ha una pagina Instagram molto seguita, dove lui è diventato l’amico che tutti gli ipocondriaci vorrebbero.
“Insomma Giacomo – gli dico tra l’ironico e il preoccupato -, mi stai dicendo che Claudia vuole prendersi una pastiglia per maiali per curarsi dal Covid?”. “Per l’esattezza è un antiparassitario. Si usa sugli animali per eliminare vermi, pidocchi, scabbia”. Ok, qui inizio a sentirmi male. Nel frattempo online mi scorrono davanti una marea di articoli di cronaca che riportano casi di avvelenamento in Oklahoma, ma anche in tutto il resto degli Stati Uniti, dove da quest’estate si contano a centinaia le persone ricoverate, dopo aver ingurgitato pasticche o essersi iniettati questa benedetta cura da cavallo.
L’Fda, ovvero l’ente governativo americano che regolamenta i farmaci, è stata persino costretta a emettere un comunicato che sembra quasi una barzelletta. “Non siete cavalli. Non siete mucche. Seriamente, a tutti. Smettetela”. Seguono lunghe spiegazione di come sia meglio seguire i protocolli ufficiali piuttosto che farmaci non sicuri sull’uomo.
Ma quella è l’America, penso. Quanto mai sarà diffusa da noi questa credenza? Abbastanza, in realtà, perché trovo siti che consigliano addirittura il dosaggio da prendere per evitare di essere contagiati o per tenere a bada i primi sintomi. E, ancora, blog che sponsorizzano l’ivermectina come “la cura che non ci vogliono raccontare”.
“Non c’è niente da fare: la cospirazione piace di più della verità istituzionale, questa è la realtà dei fatti”. È sconsolato il professor Fabrizio Pregliasco, virologo in prima linea da quasi due anni per combattere il Covid. “Non ci sono studi sufficienti che dimostrino l’efficacia di questo farmaco per animali sull’uomo”, mi spiega ancora. Sembra che sia stato effettivamente fatto uno studio in laboratorio, ma non direttamente sull’uomo. Dottore, ma qui siamo arrivati al punto in cui non si crede alla comunità scientifica che consiglia il vaccino per uscire dall’emergenza, ma si crede ai blog che “spacciano” un farmaco per i vermi dei bovini e suini. Come la mettiamo? “È chiaro che tutti stiano cercando di trovare un’alternativa al vaccino, che ancora però non c’è. Ma è allucinante credere che un farmaco del genere funzioni, per poi ritrovarsi con effetti collaterali pazzeschi”.
Mi chiedo se non serva una ricetta medica per comprare l’ivermectina. Perché un conto è Claudia che crede agli unicorni, un altro è un camice bianco che mi suggerisce la pasticca dei maiali. Così alla fine esco di casa e provo ad andare a comprare la mia dose di ivermectina. “Non posso vendertela senza la ricetta di un veterinario”, mi dicono al primo e al secondo bancone. E io, tra imbarazzo e soddisfazione, sto quasi per cantare vittoria, convinta che almeno da noi dalla teoria nessuno sia ancora passato alla pratica. Dopo poco, però, vengo smentita: scopro che nelle farmacie con laboratorio, dove si preparano anche capsule “fatte in casa”, con la ricetta di un medico posso avere la mia ivermectina a poche decine di euro.
Ma quale medico può davvero consigliarmi di prenderla? Guardo i numeri: ad oggi, secondo i dati della Federazione nazionale degli ordini dei medici, ci sono ancora 1500 medici non vaccinati e 669 sono quelli attualmente sospesi dagli albi, per aver deciso di non seguire le regole, che impongono il vaccino per i sanitari.
Ma c’è di più. In Sardegna, per esempio, qualche settimana fa medici e pediatri hanno ricevuto una lettera. “Era firmata dalla Centrale operativa per il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali e conteneva delle nuove indicazioni per le terapie a casa dei positivi. Tra queste c’erano anche alcuni farmaci, non supportati da evidenze scientifiche, come l’ivermectina”. A parlare è Goffredo Angioni, responsabile delle malattie infettive di Cagliari. È stato uno dei primi a denunciare la cosa.
Com’è possibile che la regione Sardegna mandi ai medici un protocollo che non corrisponde alle linee guida del Ministero? “Me lo chiedo anch’io. Tenga presente che in Regione esiste un comitato di esperti, di cui faccio parte, che non è stato consultato prima di mandarci questo elenco di farmaci estranei al mondo scientifico”. Dopo il caos generato da questa mail, è stata fatta marcia indietro: “Ci hanno detto che quell’elenco era solo informativo, per mettere tutti al corrente delle nuove ricerche in campo farmaceutico contro il Covid”. Insomma, penso io: se c’è confusione tra i medici e tra le istituzioni, potrà un poveraccio, tipo la mia amica Claudia, capirci qualcosa?
Aggiungo un altro tassello. Si è appena concluso a Roma una tre giorni dal titolo: ‘Primo Convegno Mondiale sulle Terapie Precoci per il Covid19’, un incontro che si è aperto niente di meno che in Senato con la benedizione di un esponente della Lega, la senatrice Roberta Ferrero. Recupero alcuni passaggi del convegno in cui si dice che il Covid può essere benissimo curato a domicilio, se si segue fin dai primi giorni un protocollo che vede tra i suoi farmaci, udite udite, anche la nostra ivermectina. E torna così il farmaco per animali, spacciato per cura anti-covid. Controllo subito chi sono i relatori di questo convegno, ma non vedo nomi di università o centri di ricerca.
“Parliamo di un mondo – mi confessa ancora il dottor Angioni – che contesta le terapie ufficiali, che però devono per forza essere supportate da pubblicazioni su pubblicazioni. Le loro terapie invece che certificazione hanno? Dove sono scritti gli effetti miracolosi che raccontano?”.
Esausta, richiamo la mia amica positiva e visionaria. “Claudia, io capisco questo caos che hai in testa: sei a casa, ammalata, passi il tuo tempo ad annusare pepe in cucina e detersivi in bagno, sperando di ricominciare a sentire qualcosa. Capisco che sei disorientata, perché si parla di tutto e il contrario di tutto. Però dico sul serio, eviterei di cercarmi proprio ora un veterinario di fiducia che ti faccia questa fantomatica ricetta, tu che tra l’altro non hai neanche mai avuto un pesce rosso”. Mi sento di averla convinta, quando attacca con: “Però dicono che curcuma e liquirizia…”. Basta, per me è troppo.