Storia di Luca, italiano in Albania, manager di un call center a Tirana
“In Albania mi hanno accolto a braccia aperte, vivo a Tirana, qui la città è in fermento. L’economia gira, tutti si danno da fare e ci sono tantissime opportunità. Non ne potevo più dell’Italia, delle tasse e della burocrazia. Qui vivo bene”.
A parlare è Luca S., classe 1987, uno dei tantissimi giovani italiani che ha deciso di trasferirsi in Albania e iniziare una nuova vita. Luca lavora per un call center ma ora è manager. In un solo anno ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato e ora gestisce 40 persone. Per Luca l’Albania è stata l’America.
Luca vive a Tirana, il simbolo di una nazione aggressiva e vitale, piena di forze fresche da gettare a profusione nel grande calderone del libero mercato e della new economy – dall’edilizia pubblica e privata al marketing finanziario e telefonico.
“Sono circa 22.000 gli italiani che vivono oggi in Albania”, spiega Irena Xhani-Ilajaj, direttrice del patronato INAC di Tirana, in un’intervista al Tascabile. Imprenditori, pensionati, studenti: queste le categorie più rappresentate e con cui questo Caf più spesso si ritrova a interagire. La vicinanza geografica e la diffusione della lingua italiana, parlata da due terzi della popolazione albanese, sono tra i fattori più attrattivi, ma non sono gli unici.
Luca fa parte di quella generazione di italiani che nel Bel Paese non ha trovato una vera possibilità di carriera e insieme a molti altri ha deciso di solcare l’Adriatico per cercare fortuna nella terra da cui, poco più di vent’anni fa, partivano navi stracariche di disperati che in Italia sognavano Lamerica.
“Sono stato in Abania per la prima volta diversi anni fa, era per un matrimonio nel 2007. All’epoca il paese era molto diverso da oggi. Serviva il passaporto. Andai in un paesino vicino Durazzo, c’erano ancora i generatori fuori dai negozi, mancava l’acqua quasi tutto il giorno. Ma il Paese mi aveva attirato”, racconta Luca.
“Vengo da una delle parti più ricche d’Italia, il nordest, sono di un paesino vicino Treviso. Avevo aperto un’attività mia, un bar ristorante. Gli affari non andavano bene e lo chiusi. Pensai allora di prendere contatti in Albania. Ero stufo delle tassazioni, della burocrazia. Avevo fatto un buco nell’acqua. Si faticava a trovare il personale. La situazione nella mia zona mi aveva stancata. Quando ho chiuso non trovavo qualcosa che mi desse soddisfazione. Insieme alla mia ragazza decidemmo di partire per l’Albania. Lei inizialmente era scettica, aveva dei pregiudizi. Ma alla fine si convinse”.
“Prima di partire ho mandato dei cv, ho trovato diverse aziende, annunci, cercavano persona che parlassero italiano. Mi hanno risposto tutti”.
La cosa migliore che ho trovato era un lavoro come autista dei camioncini che portano i prodotti congelati. Invece in Albania ho trovato le porte aperte. Sono venuto a Tirana, ho fatto un colloquio e sono entrato in un’azienda che prendeva sia me che la mia ragazza in ufficio.
Call center.
Nelle mie zone no, qualcosa su Milano. Ma avevo deciso che se avessi dovuto spostarmi lo avrei fatto all’estero. Avevo già lavorato e vissuto un anno a Malta. Avevo ancora voglia di uscire dall’Italia. Sono dell’87, per certi lavori vengo considerato troppo vecchio, per altri troppo giovane. Non c’erano tante prospettive, soprattutto se vivi in campagna.
Sì. Mi hanno contattato tante aziende, tramite Facebook. Ho fatto 10 colloqui, tutti mi avrebbero preso. Ho fatto solo i conti. Con un’azienda ho fatto il colloquio, mi hanno offerto un periodo di prova di 3 mesi e il contratto a tempo indeterminato. Con questa azienda lavoro tuttora, sono diventato manager. Lavoro da novembre 2018. Mi hanno fatto il contratto subito dopo il periodo di prova. Adesso gestisco un ufficio di 40 ragazzi che lavorano come operatori di un call center.
Faccio loro formazione, insegno l’Italiano (perché le telefonate le fanno verso l’Italia), cerco di insegnare nuovi termini, la pronuncia. Ho anche il loro rispetto, perché hanno capito che sono partito da zero come loro. In Italia una cosa del genere non sarebbe capitata. Non in così poco tempo.
Sto bene. In Italia non ho mai preso tutti questi soldi e lo stipendio che prendo qui mi permette di vivere bene. I primi tre mesi sono stati duri. Magari a Milano non vivrei benissimo, ma a Treviso sì. Qui a Tirana vivo molto bene. L’ultimo stipendio con bonus sono arrivato a 1.800 euro.
Certe cose sì, altre da studiare. Comunque sì. Nell’ultimo anno ho visto degli aumenti perché stanno arrivando molti italiani. Ma si sono alzate anche le paghe base.
Zona centrale 300 euro, bilocale moderno. Magari un anno fa 220 euro. In periferia con 200 euro prendi un trilocale bello. E con i mezzi pubblici arrivi ovunque. I collegamenti sono perfetti. È una buona realtà.
L’acqua e la corrente mancano sempre meno. La corrente elettrica c’è sempre. Il sindaco di Tirana sta facendo lavori di continuo nelle periferie, si sente aria di cambiamento. È un’economia che gira. Sono molto veloci. È una città in fermento. Non è più il paese dal quale si va via. L’Italia non è più nei sogni degli albanesi. Ora si pensa alla Germania. Ma non si parte per bisogno, ora è solo per qualcos’altro.
No. Non è nei miei progetti. Ci devo tornare tra pochi giorni per delle pratiche, ma ci vado malvolentieri. Qui ho tutto. Qui ogni ora del giorno e della notte mi sento sicuro. Non ci sono problemi di sicurezza. Non ho pensieri. La microcriminalità qui non la vedo. Non è come in Italia dove ormai nei tg si sentono notizie di ogni tipo.
Da quello che vedo il Paese accoglie a braccia aperte in qualunque settore. Medici, agenti immobiliari, dentisti italiani sono cercati. Io non solo laureato, ho un diploma non concluso. Qui ho avuto delle opportunità. Ho fatto del mio meglio e sono stato premiato. Se avessi avuto altri requisiti avrei potuto fare altro, perché qui c’è la possibilità.
Leggi l'articolo originale su TPI.it