Inps: “In Italia 19mila morti per Covid in più rispetto alle cifre ufficiali”
L’Inps ha redatto un’analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid-19 per i mesi di marzo e aprile. Il dato che emerge dall’analisi dell’Inps è di grande rilevanza: mancano quasi ventimila morti per Covid in Italia nel conteggio ‘ufficioso’ redatto in base ai numeri forniti dalla Protezione Civile. Delle 46.909 in più rispetto alle aspettative (basate su riferimenti statistici degli ultimi cinque anni), 27.938 sono stati ufficialmente dichiarati vittime della pandemia in corso. Restano fuori da questo computo, dunque, circa 18.971 persone che non sono state registrare con quella causa – o concausa – nei referti sanitari distribuiti dalle Regioni. Il bilancio delle vittime dell’epidemia non è fedele alla realtà, ma di molto sottostimato.
“Il periodo che va dal 1° marzo al 30 aprile 2020 registra un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi. Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo è stato di 27.938. A questo punto ci si può chiedere: quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971, di cui 18.412 tutti al Nord? Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto”, si legge nell’analisi.
L’aumento dei morti rispetto a gennaio e febbraio 2020
“Tra gennaio e febbraio, si avviava ad essere un anno con una mortalità inferiore a quella attesa, considerando la media tracciata dalla ‘baseline’ statistica: -8% in media, -7% per gli uomini e -9% per le donne, di cui -9% al Nord, -9% al Centro e -7% al Sud. Quanto alle classi d’età, la diminuzione più forte si era registrata fra 0 e 49 anni (-13%), poi 60-69 anni (-12%), 70-79 anni (-10%), 80-89 anni (-9%), 50-59 anni e da 90 anni in su (-4%). Per quanto riguarda le zone territoriali, la diminuzione della mortalità si era segnalata in tutte le oltre cento province italiane, tranne tre soltanto: Teramo, Matera e Vibo Valentia; ancor più accentuata la discesa in Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Lazio, Molise, Sicilia”.
Con riferimento, invece, al periodo da marzo ad aprile, dai dati in confronto omogeneo con il bimestre precedente gennaio-febbraio, “emerge immediatamente un cambio di segno per quanto riguarda la differenza del numero dei decessi rilevati rispetto a quelli attesi”. L’inversione, con diversa intensità, riguarda tutto il territorio nazionale con un +43% ma soprattutto il Nord Italia dove si ha quasi un raddoppio del numero dei morti giornalieri pari al +84% contro il +11% del Centro e il +5% del Sud.
I 18.971 morti che non tornano nei conteggi
“Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della baseline riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto. La distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso”.
La conferma delle stime Istat
L’analisi della mortalità redatta dall’Inps confermerebbe le stime realizzate dall’Istat sul numero dei morti complessivi in Italia per il periodo che va dal 1 marzo al 4 aprile 2020. Nell’analisi dell’Istat si nota un aumento sostanziale dei decessi nel nostro Paese a partire dalla fine di febbraio e dalla prima settimana di marzo. Una crescita concentrata soprattutto nei comuni del Nord e del Centro in cui la pandemia da Coronavirus si è diffusa di più. Ne consegue che, sebbene l’Istituto di statistica precisi che i dati sono relativi alle morti per qualunque causa, il Covid abbia avuto un ruolo preponderante in questo aumento così concentrato di morti in Italia.
Tra il 1 marzo e il 4 aprile 2020, infatti, oltre la metà dei comuni del Nord hanno registrato almeno un raddoppio del numero dei decessi (ricordiamo, per qualsiasi causa e non solo per il Coronavirus). A guidare questo triste elenco, per quanto riguarda le grandi città, è prevedibilmente Bergamo (+382,8 per cento), seguito da Crema (+322 per cento) e Piacenza (+309,1 per cento). E Poi Cremona (+286,6), Lodi (+261,5) e Brescia (+203,8). Altre grandi città hanno almeno raddoppiato il numero dei morti rispetto agli anni precedenti: stiamo parlando di Parma (+164,3), Biella (+154,5), Imperia (+ 127,5) e Aosta (+102). Un po’ più contenuti gli aumenti a Como (+86,4), Varese (+70), Genova (+54,4) e Milano (+49,3). Relativamente bassi, invece, i dati relativi a città come Bologna (+22) e Verona (+21,4).
Nella zona di Bergamo il numero totale dei decessi è passato da una media di 141 casi nel 2015-2019 a 729 nel 2020. Incrementi della stessa intensità, quando non superiori, interessano la maggior parte dei comuni della provincia bergamasca. Situazioni particolarmente allarmanti si riscontrano anche nella provincia di Brescia, nel cui capoluogo i decessi per lo stesso periodo sono triplicati: da 212 nel 2015-2019 a 638 nel 2020.
Il nord Italia più colpito dall’esponenziale aumento dei decessi
Lo studio dell’Inps mostra come, improvvisamente, da metà marzo, il numero dei morti subisca un’impennata clamorosa nelle zone del nord Italia. L’inversione, con diversa intensità, riguarda tutto il territorio nazionale ma soprattutto il nord appunto, dove si ha quasi un raddoppio del numero dei morti giornalieri. “A metà marzo la situazione dei decessi è completamente cambiata rispetto alla fine di febbraio. L’epidemia si è propagata in quasi tutto il nord Italia e il numero dei morti da Covid-19, comunicati dal Dipartimento della Protezione Civile giornalmente, supera costantemente le 500 unità. La figura 8 mostra la situazione italiana a due mesi di distanza da quanto rappresentato dalla figura 5. Le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di decessi superiore al 200%. Quasi tutto il nord-ovest dell’Italia risulta interessato da un incremento dei decessi superiore al 50%. Le regioni che si affacciano sul mare Adriatico presentano incrementi contenuti ma significativi. Nel sud Italia, la Puglia, che è stata la regione interessata dai maggiori rientri dal nord alla vigilia dell’uscita del DPCM del 9 marzo, è quella che evidenzia un maggiore incremento della mortalità”.
A questo link potete trovare l’analisi completa dell’Inps.
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