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    “La biblioteca che batte l’algoritmo”: intervista a Maranesi, il rettore più giovane d’Italia

    Sul nuovo numero di TPI, in edicola da venerdì 3 dicembre, l'intervista ad Alessandro Maranesi, il più giovane rettore di collegi universitari d’Italia

    Di Vittorio Zincone
    Pubblicato il 3 Dic. 2021 alle 15:03
    «L’algoritmo pre-ordina le informazioni da farti leggere, ex ante. Girovagando tra i libri, l’ordine delle informazioni lo dai tu, ex post. Se tu prestabilisci un ordine del sapere, togli gli strumenti per esplorare il disordine. E questo è un problema, perché io studente, essere umano, di quel disordine potrei aver bisogno». A 36 anni Alessandro Maranesi – alla guida del Collegio Ghislieri di Pavia – è il più giovane rettore di collegi universitari d’Italia.
    Millennial ed expat. Ha trascorso quasi un decennio in giro per atenei: da Cambridge a Pamplona, passando per Boulder, sulle montagne Rocciose. Parla sei lingue, anche se un paio dice di saperle solo leggere (il francese e lo sloveno) ed è docente a contratto di Storia romana. Specializzato nelle gesta di Costantino, si entusiasma raccontando le diatribe tra i retori che costituivano l’inner circle dell’imperatore. S’illumina ricordando i chilometri percorsi tra gli scaffali gonfi di volumi delle biblioteche di tutta Europa. Gli domando se sia un frequentatore delle piattaforme che rovesciano serie tv nell’immaginario collettivo degli italiani. A sorpresa, replica: «Mi ha molto appassionato Squid Game. Descrive un sentimento diffuso: o vinci tutto o muori. E sto finendo Strappare lungo i bordi».
    Del fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare.

    «Credo che lui sia l’intellettuale dei nostri tempi».

    Addirittura?

    «Non vedo molti altri usare un linguaggio in cui si mescolano così sapientemente diverse forme d’arte. Zerocalcare avvolge tutto col sarcasmo, che è lo strumento retorico più calzante per leggere il mondo in cui viviamo. Pasolini e Cicerone, pur conoscendolo, non avrebbero mai usato il sarcasmo, perché sarebbe stata una cifra stonata per i loro tempi».

    C’è chi ha stigmatizzato l’eccesso di dialetto romano.

    «Lo dico da trentino: è una critica sciocca. Lui alterna i ritmi sapientemente: come nelle messe medievali si alternava il latino e il volgare, c’è un continuo gioco tra contenuto alto e linguaggio basso, governato da una regia in cui nulla avviene a caso. Basti pensare a come viene dosato lo strumento della critica sociale e politica».

    Come?

    «Filtrando sempre il tutto con il racconto e con la logica della nevrosi. Zerocalcare non spiattella la condizione precaria della sua generazione con un semplice slogan militante, prima la fa passare attraverso il filtro delle nevrosi e delle paure. Come dire: la faccio mia e poi te la faccio consumare. Crea empatia. È una grande opera».

    Fai un elogio sperticato di quelli che lo stesso Zerocalcare chiama “disegnetti”.

    «La cultura, l’arte, le manifestazioni intellettuali vivono della più alta forma di darwinismo: si adattano a ogni contesto. Creano sempre qualcosa di nuovo e di grandioso. Tra centocinquant’anni chi vedrà Strappare lungo i bordi troverà un piccolo monumento alla società italiana del 2021».

    Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui.
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