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    Impagnatiello: “Andai a pranzo da mia mamma con il cadavere di Giulia nell’auto”

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 28 Mag. 2024 alle 10:01

    Alessandro Impagnatiello, imputato reo confesso nel processo per l’omicidio di Giulia Tramontano, ha raccontato ieri in aula nei dettagli le modalità con cui, esattamente un anno fa, il 27 maggio, ha ucciso la compagna incinta al settimo mese.

    L’ex barman 31enne l’ha accoltellata 37 volte nella loro casa in cui la coppia viveva, a Senago, nella Città metropolitana di Milano.

    “Perché hai ucciso Giulia?”, gli è stato chiesto ieri dalla pm davanti alla Corte d’Assise di Milano. “È una domanda che mi sono fatto miliardi di volte”, ha risposto Impagnatiello: “Una domanda che non avrà mai risposta. Non c’è e non ci sarà mai un motivo per tutta questa violenza, questa aggressività, questa distruzione”.

    L’uomo aveva contemporaneamente una relazione con un’altra ragazza, anche lei – come Giulia Tramontano – convinta di essere la sua unica fidanzata. Ma pochi giorni prima dell’omicidio le due avevano scoperto la doppia vita di Alessandro: si erano viste e avevano parlato della situazione che si era creata.

    In aula, l’imputato ha negato che la storia parallela avesse un fondo sentimentale: “È stata solo una relazione carnale, fisica”, ha detto. “Io e Giulia non ci saremmo mai lasciati, stavamo programmando di andare a Napoli a settembre. Non ci saremmo lasciati”.

    Impagnatiello ha poi raccontato nei dettagli la dinamica dell’omicidio: Giulia “stava preparando qualcosa per sé quando ho sentito un piccolo lamento perché si era tagliata un dito. Le chiesi se avesse bisogno di aiuto ma non mi rispose. L’avvicinai, ma continuava a non rispondere come se non esistessi”.

    La ricostruzione prosegue: “Vado verso la cucina, vedo che c’era questo coltello con cui stava tagliando delle verdure”. La ragazza era andata in soggiorno per prendere un cerotto da un cassetto in basso. A quel punto, spiega l’uomo, “mi metto immobile alle spalle in attesa che si rialzi per tornare in cucin e, quando lo fa, la colpisco. Lei prima si è voltata. L’ho colpita all’altezza del collo”.

    Dopo l’omicidio, Impagnatiello ha nascosto il corpo della donna nel box di casa. “Alla mia famiglia – ha spiegato ieri in aula – scrissi loro di non rivelarne la presenza. All’interno disponevo di un piccolo armadio dove coltivavo marijuana per uso personale, una o due piantine. Così dissi alla mia famiglia: non dite del box, con la motivazione delle piantine. In realtà era per la presenza del corpo di Giulia”.

    “Nei giorni successivi – è il racconto agghiacciante – cercai di spostare in più occasioni il corpo di Giulia dalla cantina al box, ma non ci riuscii perché c’era sempre qualcosa che me lo impediva. Lo feci il 30 maggio, per metterlo in macchina”. Ed ecco il particolare forse più terrificante di tutti: “Quella mattina sono stato a pranzo da mia mamma. Durante tutta quella giornata il cadavere è rimasto nel bagagliaio”.

    “In mezzo a tutte queste azioni confusionarie, illogiche, era come se una minuscola parte di me cercasse aiuto, di essere vista da qualcuno”, ha detto Impagnatiello. “Spostare il suo corpo attraverso quattro rampe di scale in un’abitazione con più famiglie, in una giornata dove il sole tramonta tardi…era come se cercassi qualcuno che mi vedesse, che passasse un vicino, che entrasse qualcuno con il cane. Qualcuno che chiamasse la polizia e interrompesse tutto”.

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