Ilva, lo sciopero ferma tutti gli stabilimenti
Lo sciopero dei lavoratori dell’Ilva di venerdì 8 novembre costringe il governo a velocizzare le decisioni da prendere dopo l’annuncio di ArcelorMittal di lasciare l’Italia. Mentre i lavoratori di Fim, Fiom e Uilm sono in presidio davanti allo stabilimento siderurgico dell’ex Ilva di Taranto, i sindacati avvertono l’esecutivo che “l’azienda sta portando gli impianti al minimo della capacità di marcia” e, “in queste condizioni”, “entro fine mese ci sarà lo stop totale”: “Bisogna intervenire presto”, ha dichiarato all’agenzia Ansa il segreterio della Uilm Antonio Talò.
Scadono tra poco le 48 ore date dal premier Giuseppe Conte alla multinazionale per “riflettere” dopo l’annuncio di voler lasciare l’acciaieria e cercare una soluzione alternativa: al momento però, non è previsto neppure un incontro tra le due parti. Intanto in mattinata il gruppo indiano Jindal ha negato l’interesse a subentrare alla multinazionale: “Smentiamo con forza” si legge in un Tweet, le indiscrezioni di stampa secondo cui “Jindal Steel & Power potrebbe rinnovare il suo interesse per l’acciaieria di Taranto”.
Lancia benzina sul fuoco Di Maio che, davanti al venir meno del piano B, dice che “la vecchia cordata non esiste più e dobbiamo obbligare ArcelorMittal a restare a Taranto”. Per il ministro degli esteri «chiedere di andare via da Taranto è un’azione inaccettabile che non è presupposto per il dialogo. Mettere sulla strada 5.000 persone mi sembra assurdo», ha concluso.
Ilva, lo sciopero ferma tutti gli stabilimenti
Lo sciopero indetto da Fim, Fiom e Uilm è cominciato alle 7 nello stabilimento siderurgico di Taranto e negli altri siti del gruppo ArcelorMittal. Decine di lavoratori dell’appalto sono in presidio nei pressi della portineria imprese.
Presenti anche lavoratori diretti e rappresentanti sindacali. I metalmeccanici chiedono “all’azienda l’immediato ritiro della procedura di retrocessione dei rami d’azienda e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste”.
Fim, Fiom e Uilm sostengono che “la multinazionale ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5mila lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2mila attualmente in Amministrazione straordinaria”.
Le Rsu (Rappresentanze sindacali unitarie) di Fiom e Uilm in una nota parlano di “sciopero silenzioso” per evidenziare “l’eccezionalità della situazione che ha generato e sta generando eccessiva confusione” e come “il silenzio, su un caso così complesso, valga più di mille parole contrapposte al clamore politico. Siamo stanchi – aggiungono – di essere dentro un tritacarne e riteniamo necessario riscrivere una storia, insieme ai lavoratori e a tutta la comunità, diversa da quella rappresentata fino ad oggi”.
Se Mittal lascia al via il commissariamento
Se ci sarà il disimpegno da parte di ArcelorMittal, il primo step sarà la gestione commissariale al Mise. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, nel corso del tavolo a Palazzo Chigi con gli enti locali e le parti sociali.
“Lo scudo penale lo abbiamo messo sul tavolo con ArcelorMittal come primo argomento di conversazione e dicendo che lo introduciamo ad horas. Sullo scudo il governo è compatto”. Ad affermarlo è il premier Giuseppe Conte. Che aggiunge: “La prima cosa che voglio dirvi è che in questi giorni si sta consumando una battaglia per la sovranità dello Stato italiano. Se una Multinazionale ha firmato un impegno con lo Stato, lo Stato deve farsi rispettare, chiedendo il rispetto dei patti e facendosi risarcire i danni“.