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    Esclusivo TPI – Le guru online della maternità sfidano la medicina (e la scienza)

    Credit: Freestocks

    Invitano a diffidare dei pediatri. Predicano teorie spiritualistiche sul parto. Consigliano rimedi naturali al posto dei farmaci. Così convincono le donne a frequentare i loro corsi a pagamento. TPI torna a raccontare la rete delle influencer della genitorialità fai-da-te. Community in cui è facile entrare e difficile uscire. Un'inchiesta di Francesca Bubba

    Di Francesca Bubba
    Pubblicato il 28 Giu. 2024 alle 14:44 Aggiornato il 11 Lug. 2024 alle 15:14

    Nel gennaio 2023 su questo giornale abbiamo pubblicato un’inchiesta sul “business della maternità sofferta” che abbiamo intitolato «E tu, donna, partorirai con dolore». Da allora abbiamo ricevuto migliaia di nuove segnalazioni: è il segno che tra le persone sta iniziando a maturare un certo grado di consapevolezza utile a riconoscere determinate situazioni, ma significa anche che la realtà delle “guru del materno”, seppur ridimensionata, non ha mai smesso di mietere vittime. 

    Abbiamo quindi continuato a porre attenzione sull’operato di queste professioniste, fautrici di una narrazione secondo cui il concepimento, la gestazione, il parto, il puerperio, l’allattamento, l’addormentamento, l’accudimento, lo spostamento, lo svezzamento – e in generale tutto ciò che ha a che fare con un figlio – sono qualcosa che viene da sé. Spontaneamente, serenamente, magnificamente, senza che ci sia bisogno di ricorrere a farmaci o all’ausilio di medici specializzati.

    Chiunque abbia affrontato anche la più fisiologica delle gravidanze sa bene, invece, che non c’è nulla di spontaneo nel percorso che conduce al parto e in ciò che ne segue. E la falsità di questo modello di “maternità naturale” non consiste solo nel suo essere poco veritiero, ma anche nel suo farsi veicolo di sistemi di potere che assoggettano le donne che diventano madri. In modo subdolo, e pure dannoso. 

    Schemi ricorrenti
    È notizia di poche settimane fa la morte per denutrizione di un bambino di trenta giorni di vita: il padre – l’influencer russo Maxim Lyutyi, che sui social promuove uno stile di vita vegano e crudista – è stato arrestato con l’accusa di averlo lasciato morire di fame. Il 44enne ha ammesso di aver impedito alla compagna di allattare il piccolo, che è arrivato a pesare 1,3 kg prima del decesso.

    L’influencer era convinto che per la crescita del figlio bastassero esclusivamente un’alimentazione basata sull’esposizione al sole, pratica nota come «respiro solare», e immersioni frequenti in acqua gelida con l’obbiettivo di rafforzarne le difese immunitarie. Il suo intento, con ogni probabilità, era quello di sperimentare questo nuovo tipo di alimentazione per poterlo successivamente raccontare ai suoi follower e vendere dei corsi sul respiro solare neonatale. 

    Questa tragedia non ha a che fare con il salutismo o l’alimentazione vegana, ma con il fenomeno che abbiamo affrontato nell’inchiesta: il naturalismo genitoriale. 

    Si tratta di un vero e proprio filone di disinformazione le cui caratteristiche seguono sistematici schemi: scetticismo nei confronti dell’intero sistema sanitario nazionale e scolastico; correlazione tra sacrificio materno e benessere del figlio; love bombing tra le community; proposta di soluzioni definite ad personam – ma che in realtà sono standard – negando la sistematicità di molte delle difficoltà che investono il materno, di matrice strutturale e istituzionale. 

    Questa narrazione è portata avanti da fantomatiche influencer che, mediante corsi autocertificati all’insegna di «naturalismo», «istinto», «potere materno» e «sorellanza», promettono alle madri o alle future madri di salvarle dall’inevitabile destino di una maternità violata dalle cure tradizionali.

    Nel novero delle argomentazioni a sostegno della supremazia del naturalismo materno si iscrive la passione per le etimologie delle parole, che svelerebbero dietrologie precluse ai disattenti. Il termine su cui maggiormente si concentrano queste “consulenti” è antibiotico, che deriva dal termine greco antibiosis unione di antì e biòs, letteralmente “contro la vita”. Ecco, quindi, che lo stesso nome della parola “antibiotico” svelerebbe il pericolo di questo farmaco, che tutte le guru concordano non deve essere somministrato ai nostri figli. Mai, in nessun caso. 

    Altro che Oms
    Molte delle segnalazioni che abbiamo ricevuto in questi mesi si riferiscono alla pagina dell’ostetrica Bibi Enrica Kupe, nota sui social come «Ostetrica Senza Filtri», che si propone come detentrice della verità suprema su gravidanza, parto e post-parto. 

    La «dottoressa Bibi» sostiene, in uno dei video postati sul suo profilo Instagram, di non aver mai portato dal pediatra le sue figlie, che ovviamente ha partorito da sola, in casa, sebbene si trattasse di un parto gemellare. In uno dei commenti sottostanti giustifica questa scelta sminuendo la figura dei pediatri, che definisce «un business italiano». 

    Lo scopo della pagina dell’ostetrica – che recentemente ha creato persino un’applicazione dedicata alla sua Mamma Informata Academy, il portale dove tiene corsi di formazione per mamme e ostetriche – è quello di sfatare quelli che definisce falsi miti della ginecologia e ostetricia italiana, sovvertendo di fatto le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. 

    Ad esempio, in più video presenti sui suoi canali social suggerisce alle gestanti di interrompere le ecografie alla ventesima settimana di gestazione, dopo la morfologica. Eppure, secondo quanto riportato nelle linee guida sulla gravidanza fisiologica elaborate dall’Istituto Superiore di Sanità, il numero delle visite offerte alle donne in gravidanza non deve essere inferiore a quattro fino alla fine della gravidanza, e devono essere condotti una serie di test e accertamenti, da effettuarsi nel corso degli incontri previsti. 

    L’Ostetrica Senza Filtri consiglia di rifiutare, in certi casi, forme di medicalizzazione quali epidurale o induzione al parto. Sostiene che patologie come il diabete gestazionale siano un’ossessione tutta italiana. Definisce, inoltre, il ricorso al cesareo quando il feto si presenta in posizione podalica un errore da attribuire alle procedure adottate in Italia, dove «non mi utilizzano le vere evidenze scientifiche, e anzi». A suo dire, invece, un parto podalico potrebbe addirittura avvenire in casa. 

    A tal proposito, ricordiamo l’inchiesta della magistratura sulla nascita di una bambina podalica avvenuta in una casa a Trento nel 2018, all’esito della quale la Procura ha ottenuto il processo per i due genitori e le due ostetriche che hanno assistito il parto domiciliare, nonostante fosse stato disposto il ricovero della madre per sottoporsi al parto con taglio cesareo. La pm Alessandra Liverani ha chiesto una condanna rispettivamente a 3 mesi per ciascun genitore e a 6 e 9 mesi di reclusione per le due professioniste. 

    Sul portale dell’Ostetrica Senza Filtri un’utente scrive: «Grata per questo progetto. Bibi mi ha seguito passo a passo in questo percorso. Ben 3 ospedali mi han confermato che avrei dovuto eseguire il taglio cesareo. Ma io sapevo che c’era un’alternativa. E così è stato. Ho partorito a casa mio figlio podalico. Consiglio a tutti di iscriversi alla Mamma Informata Academy. Io ora sto vivendo la genitorialità in modo tranquillo grazie al supporto continuo di Bibi e tutto il team di Mamma Informata». È la dimostrazione del fatto che la comunicazione di questa ostetrica funziona: le persone si fidano di lei, al punto da disobbedire alle linee guida del sistema sanitario nazionale pur di starle dietro. 

    Il negazionismo riguarda anche la gestazione, periodo in cui è fortemente disincentivato il consumo di carni crude, verdure non lavate, uova poco cotte o pesce crudo, per il rischio di contrarre patologie che potrebbero causare danni permanenti al feto, come salmonella o toxoplasmosi. «Come vi ho già detto, all’estero la donna durante la gravidanza mangia quello che vuole e non viene fatto nessun esame per la toxoplasmosi. Nessun medico ne parla, questo terrorismo esiste solo in Italia! Fatevi dei bei panini con il prosciutto crudo e mandatemi delle foto, vi aspetto!», recita un post pubblicato sui social dell’ostetrica il 15 aprile 2024. 

    Sotto al video in questione centinaia di donne scrivono di aver seguito il suo consiglio. «Avevo visto questo video mesi fa e ho iniziato a mangiare crudi in gravidanza, in effetti mio figlio è nato sanissimo. Grazie Bibi per avermi liberata da queste catene, grazie grazie!», scrive, tra le tantissime, un’utente. Convinta che la propria singola e fortunata esperienza faccia statistica. 

    Il viaggio dell’anima
    Monica Grando si definisce «Ostetrica dell’anima». Sul suo profilo appaiono centinaia di video che la ritraggono in mezzo alle donne che acquistano i suoi corsi mentre inanella teorie che vanno da «il taglio precoce del cordone ombelicale determina il fallimento delle relazioni da adulto» a «l’aborto è sempre un patto tra la mamma ed il suo bambino ed è un meraviglioso viaggio che possono concedersi verso l’Amore». «Nel piano di incarnazione che pianifichiamo prima di nascere – dice in un video – chiediamo a chi incontreremo poi nella nostra vita di aiutarci a non dimenticare chi siamo e soprattutto chiediamo loro di spingerci ad amare più forte e ad essere amore».

    Anche sotto ai suoi post si leggono centinaia di commenti di persone che assumono per buona ogni sua teoria. Grando pubblica con costanza, sul suo profilo, video tratti dai suoi corsi che ritraggono sempre donne in cerchio che si abbracciano, piangono, e ascoltano la loro leader, sempre al centro. 

    In questo stesso filone si segnalano decine di profili altrettanto seguiti: la fondatrice di «Via Olistica» illustra bizzarre tecniche di autosostentamento, come quella di rimediare alle carenze di ferro attraverso il consumo alimentare di mele chiodate, la cui preparazione consiste nell’inserire dai 6 agli 8 chiodi di ferro in una mela, prima di mangiarla. 

    «Fin dal medioevo le persone che necessitavano di ferro si cibavano di mele nelle quali erano inseriti dei chiodi, gli acidi contenuti nella mela (soprattutto gli acidi malico e citrico) sciolgono infatti il ferro del chiodo e pertanto la mela si arricchisce di questo prezioso metallo», si legge in un suo post Instagram pubblicato il 15 aprile 2024. 

    Nel medesimo solco si collocano poi moltissimi profili di consulenti che propongono la naturopatia come sostituzione alla medicina tradizionale, soprattutto infantile. È il caso delle pagine Mamaromamondo, Partocomevoglio e tanti altri, il cui focus è sempre sul rifiuto della medicalizzazione del parto e della cura neonatale. 

    Vietato criticare
    Un altro metodo di cui si avvalgono alcuni addetti alla genitorialità altrui è la comunicazione terrorizzante. 

    Mirko Damasco è il presidente della nota associazione di promozione sociale (aps) Salvagente Italia, che si propone di tenere corsi di primo soccorso in tutta Italia, nelle scuole e online. Sul profilo dell’associazione spopolano video di incidenti stradali mortali o articoli di giornale che riportano tragiche morti infantili, con didascalie che invitano i follower ad elargire donazioni per permettere a Salvagente di «salvare più vite». 

    Sempre più utenti, ogni giorno, contestano al presidente di Salvagente Italia comportamenti aggressivi e teorie colpevolizzanti nei confronti dei genitori – più frequentemente le madri – e quando gli utenti chiedono la fonte scientifica di alcune di queste teorie, Damasco mette in atto un atteggiamento che sembra seguire uno schema ben preciso, come si evince da alcuni dei tanti commenti negativi collezionati dalla pagina. 

    Sul sito web dell’aps si trovano recensioni come quella di Gabriella R., che i primi di aprile scrive di essere stata bloccata da Damasco dopo aver chiesto di moderare i toni, da lei ritenuti aggressivi. O quella di Alessandra F., che riferisce di essere stata bloccata per aver espresso perplessità circa le donazioni dopo l’ennesimo post aggressivo della pagina.

    O ancora, il commento di Claudio P., che scrive «Li seguo da anni e ho condiviso molte ottime iniziative. Nel tempo ho anche assistito a modi discutibili di interazione con gli utenti e spesso giudizi approssimativi. Non hanno il coraggio di conversare con chi mette in dubbio alcuni loro post e commenti pieni di giudizi personali sui genitori, quando mancano di basi scientifiche. Cancellano dal gruppo Facebook chi glielo fa notare affinché gli altri utenti non leggano. Hanno bannato un medico che è stato educato e razionale nei suoi commenti (io) e almeno un altro utente (che io sappia) che li ha esposti dopo 5 minuti. Il tutto per essere stati invitati ad usare più equilibrio in alcune valutazioni di un post che cominciava bene e finiva con accuse gratuite ai genitori. Questo bullismo è inaccettabile. Chi lavora e si impegna nel campo del sociale e della sanità, ma non ha il coraggio di ammettere i propri errori può fare molto, molto male alle persone». 

    La grande colpa di chiunque rischi di sovrapporsi alla figura di Salvagente Italia aps, descritta come l’unica a erogare i servizi che eroga (spoiler, non è così) è quella di sottrarre lo scettro di salvezza al presidente, attaccato alla sua immagine di eroe dei giorni nostri come ad un salvagente, in un mare di genitori tirchi e mediocri. 

    Il villaggio
    Tutte queste consulenti – che siano del latte, del sonno, della disciplina dolce, dello svezzamento – parlano del loro pubblico come di una community, quando non di una famiglia o di un villaggio. Offrono alle madri la possibilità di confrontarsi quotidianamente con persone che hanno fatto il loro stesso (per)corso: il risultato è alimentare una frangia di donne che si confrontano sempre solo tra di loro, sempre più affiatate, sempre più immerse nel gruppo. 

    Ci sono influencer che da queste community traggono un profitto mensile (che funge praticamente da entrata passiva, perché si tiene in piedi da sola) come la consulente di disciplina dolce Carlotta Cerri, creatrice del blog «La tela di Carlotta», duecentomila follower su Instagram, in cui si parla di disciplina dolce, home schooling e della sua famiglia itinerante, che vive in giro per il mondo. Sul suo sito si offre la possibilità di accedere al villaggio virtuale, beneficiando della possibilità di confronto con altre madri che scelgono di approcciarsi alla disciplina dolce, previa attivazione dell’abbonamento alla cifra di 19 euro al mese. 

    Responsabilità
    I nonni non capiscono che tu vuoi educare i tuoi figli con dolcezza? Sii gentile, per fortuna ci siamo noi. Le tue amiche non ti stanno accanto nel post-parto? Sii gentile, per fortuna ci siamo noi. Tuo marito non «ti aiuta»? Per fortuna ci siamo noi. Noi e la guru. E così, pian piano, il contesto sociale e famigliare di quelle donne gentili si assottiglia. 

    La testimonianza di Sara C., che da una di queste community è uscita da poche settimane, è l’ennesima conferma del fatto che, in questi circuiti, tutto si riduce al gruppo: «Ho partecipato anche a un incontro della community dal vivo, e ci sono andata sperando che qualcuna lo dicesse ad alta voce, che anche per lei quella gentilezza a tutti i costi non stava funzionando. Che magari suo figlio, come il mio, va in preda a una crisi isterica ad ogni negazione e che reagisce con violenza fisica. Che qualcuna lo dicesse, che la gentilezza e tolleranza continua con il marito l’ha condotta a guardarsi allo specchio e vedere una figura abnegante implosa, che non somiglia più alla donna di prima. Invece nessuna si lamentava, tutte sembravano volersi bene come sorelle davvero. Possibile che riescano a fingere così bene, o davvero solo l’unica ad aver fallito tutto?».

    Questa ghettizzazione spontanea conduce alla sfiducia verso la società, generando gruppi di donne che non hanno bisogno di niente, nemmeno dei pediatri. Gruppi di donne che si bastano. Nessuno, all’interno della community, roccaforte delle guru, mette in discussione l’operato della consulente che quella community l’ha fondata. Lo spirito critico è appiattito a un senso di gratitudine cieco e costante. 

    «Senza di lei non avrei avuto strumenti né tutte queste nuove sorelle. Senza di lei, che ha creato tutto questo e me lo ha regalato, sarei sola». E invece tutto questo, le iscritte alle community, lo finanziano ogni giorno, a suon di devozione che si traduce in azioni di preciso guadagno della guru: engagement e interazioni ai post delle beniamine, (nuovi) corsi acquistati per rimanere aggiornate e impegno per portare all’interno della community sempre più persone. Ah, alle community si accede solo dopo aver acquistato almeno un corso. 

    Siamo animali sociali, abbiamo bisogno dell’altro. Abbiamo il diritto pure di arrabbiarci con chi non ci sta vicino come dovrebbe. Abbiamo il diritto di provarci, a vivere meglio. Invece la community si propone come sostituzione della vita reale. E appena una donna inizia a porsi qualche dubbio sulla guru di turno viene allontanata dal gruppo, sempre con (finta) gentilezza. Che ne sarà, poi, di lei? Si ritroverà con soldi persi in corsi e aggiornamenti, una sfiducia totale nel mondo circostante – dai suoi affetti, alla società, alle istituzioni – quindi ancora più esposta a solitudine sociale. 

    La responsabilità di questa fenomenologia è delle donne che ci cascano? Sono più ignoranti, meno furbe, meno sveglie di chi non ci casca? No. Chi non ci casca è solo più fortunata. Probabilmente meno sola. Attribuire la responsabilità alle vittime è un modo di deresponsabilizzare le istituzioni, che hanno creato un buco assistenziale che somiglia sempre più a una voragine fagocita-madri.

    In quel buco, in quella carenza, in quel fare manchevole nei confronti del materno, si insidiano loro, le guru del self made, che sono le seconde colpevoli della fenomenologia della cospirazione materna. 

    Tragedie come quella del neonato morto per denutrizione ce lo insegnano, dopotutto: non esiste un character standard nelle donne che cascano in certe reti. Non è la bassa scolarizzazione, non è particolare ingenuità, non è stupidità. Non siamo noi, non siete voi. È il grado di solitudine e di assenza di alternative a cui si è sottoposte a determinare l’esposizione a queste dinamiche. 

    L’unico antidoto alla solitudine sociale, molto spesso, è rappresentato proprio dall’affidarsi a queste consulenti, che mentre professano sorellanza e valore della collettività, continuano ad avallare dinamiche individualiste, per cui chi ha soldi per fare i corsi ha accesso al villaggio e chi quei soldi non li ha resta fuori. Chi quei soldi non li ha resta sola, perché l’alternativa regolamentata a quei disservizi non esiste, e perché apparteniamo a un tempo in cui chi ci governa crede che per essere madre basta volerlo. 

    E allora noi madri restiamo a guardare i nostri figli, con cui fingiamo di essere la madre perfetta di cui crediamo abbiano bisogno, sentendoci silenziosamente colpevoli del fatto che noi, quella madre, non la diventeremo mai.

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