“Il governo prima dice che ci vuole aiutare e poi continua a sfruttarci e a dirci che noi non siamo degni di nessun tipo di riconoscimento”. Non sembra trovare lieto fine la vicenda dei magistrati onorari che ormai da anni combattono per ottenere un riconoscimento come categoria e le tutele del caso.
TPI aveva denunciato la protesta dei giudici di pace contro la riforma Orlando che di fatto, secondo i giudici, non soddisfa alcuna delle istanze della categoria. Da allora poco o nulla è cambiato. Il 2 aprile scorso, l’art. 119 del D.L. “Cura Italia” ha previsto, per i magistrati onorari in servizio, un contributo economico mensile pari a 600 euro, per un massimo di tre mesi, parametrato al periodo effettivo di sospensione dell’attività dovuta alla pandemia da Covid-19. E questo è, secondo Anna Puliafito, componente direttivo dell’Unione nazionale italiana magistrati onorari (Unimo), il solo “contentino” finora rilasciato dall’attuale governo.
“La sentenza che avrebbe dovuto indurre a riflessione la commissione giustizia non ha avuto grossi effetti. Ci hanno rilanciato con una proposta che continua a negarci la previdenza, la contribuzione da parte dello Stato e la giusta retribuzione e continua a mantenere la volontà di sfruttarci. Nulla è cambiato: a livello sindacale abbiamo lavorato per mesi per vederci riconosciuti i diritti almeno in caso di chiusura forzata e ci hanno risposto con i 600 euro. Come fossimo partite iva”.
I magistrati onorari sostengono che la categoria sia “vessata da trent’anni di precariato ed insussistenza di tutele, non avendo con evidenza il Ministro Bonafede e poi il consiglio dei ministri recepito il chiaro ed inequivocabile input di cui al punto n. 12 del contratto di governo che prevede “la completa modifica della recente riforma Orlando”.
“Oltre alla profonda ipocrisia del governo, c’è che ogni volta che arriviamo al punto di chiedere i nostri diritti e tutele – e non di essere stabilizzati come magistrati – ci viene risposto che non è possibile perché non abbiamo fatto il concorso. Allora adesso noi abbiamo scoperto che la questione del concorso è solo un pretesto”, afferma Anna Puliafito. In primis, secondo la giudice, “Tale linguaggio stride con la sentenza della Cgue 16 luglio 2020 che ha riconosciuto al magistrato onorario italiano non solo lo status di “lavoratore”, ma anche quello di giudice europeo, cui va garantita autonomia e indipendenza secondo i principi europei, sancendo così la vittoria della sostanza sulla forma, imponendo il riconoscimento delle tutele giuslavoristiche, anche economiche, al magistrato onorario che presta costantemente la propria attività al servizio della giustizia”.
In secondo luogo, i magistrati onorari sottolineano come – secondo una legge del 2001 – le modalità di accesso alla magistratura ordinaria siano state modificate all’occorrenza: “Abbiamo scoperto che tra le varie leggi ordinarie che disciplinano le modalità di accesso alla magistratura ordinaria, nel 2001 con legge 48 si è consentito di essere proclamati vincitori a candidati al concorso che non erano stati dichiarati idonei”, spiega Puliafito.
“Secondo tale legge – prosegue Puliafito – se non si fosse raggiunto un certo numero di idonei, e quindi ricoperto un certo numero di posti tramite concorso ordinario, sarebbero stati proclamati vincitori anche coloro i quali che pur non avendo raggiunto le sufficienza, e non essendo stati dichiarati idonei, avevano ottenuto un minimo di voto. Ci sono dei bur del 2007 e del 2009 che individuano dei nomi. La legge prevede che vengono scelti con decreto del ministero di concerto con il Csm”.
“Ci sono 5.000 magistrati onorari tenuti a cottimo e sfruttati, senza tutele né prospettive di pensione, e tenuti in ombra, perché fa comodo utilizzare le loro produttività e accollarla alla magistratura togata che usa la nostra produttività per farsi bella in Europa. Il tutto con un governo di sinistra che si indigna per i riders e non si indigna per i Magistrati onorari sfruttati e mal pagati anche quando l’Europa ribadisce il loro diritto ad essere lavoratori, soprattutto perché va tutelare la autonomia ed indipendenza”, prosegue Puliafito.
“Io sono stata personalmente minacciata più volte, una volta col coltello e una volta tramite internet e non ho mai avuto tutele. Forse una telefonata dalla presidente della corte di appello. Non abbiamo diritto a nulla perché secondo loro noi siamo dei volontari. A noi interessa che si esalti l’ipocrisia di negarci le tutele adducendo come scusa quella del concorso. Non vogliamo essere assunti come magistrati, vogliamo le tutele che la sentenza ci riconosce”.
“Quando abbiamo protestato a marzo del 2019 i rappresentati del legislativo ci dissero ‘non possiamo riconoscervi i trasferimenti, la retribuzione per tutti i giorni lavorativi della settimana perché altrimenti sareste parificatili ai magistrati professionali e questo non lo possiamo consentire perché non avete superato il concorso. Idem per la previdenza. Ma abbiamo ottenuto più una pronuncia sulla previdenza. Anche il comitato dei diritti sociali europeo ha proclamato che noi abbiamo diritto alla previdenza a prescindere dal titolo per cui svolgiamo le funzioni. Ormai sono solo scuse”.
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