“Aurelio Visalli e i suoi colleghi sono stati mandati allo sbaraglio, non avevano nemmeno i salvagente. Ci sono responsabilità molto gravi per quello che è accaduto”. Il cognato di Aurelio Visalli, il sottufficiale della Guardia costiera morto dopo essersi gettato in mare al largo di Milazzo per salvare due ragazzi in pericolo, denuncia la mancanza di equipaggiamento che potrebbe essere stata decisiva nel determinare la morte del guardacoste.
Antonio Crea, comandante dei vigili urbani di Venetico, in Sicilia e cognato di Visalli, intervistato dal Tgr Rai Sicilia, ha raccontato: “Non potevano uscire con la motovedetta e li hanno mandati in mare senza equipaggiamento, con la divisa normale, solo con un salvagente con la cordicella”. I militari “per non bagnare la divisa si sono gettati in acqua in mutande. Hanno tentato di lanciare il salvagente per salvare la persona difficoltà che è riuscita a tornare a riva. Dei tre, uno è rimasto travolto dalle onde: è scomparso e nessuno l’ha cercato sul momento…”.
“Ad un certo punto mio cognato è stato investito dalle onde e nessuno lo ha più visto”, ha raccontato Crea, lamentando poi anche la mancanza di ricerche tempestive per salvarlo. La procura di Barcellona Pozzo di Gotto ha aperto un fascicolo sulla morte del Secondo Capo della Guardia costiera, che si era tuffato insieme a due colleghi dopo l’allarme per due ragazzi in pericolo. Gli adolescenti avevano deciso di gettarsi in acqua nonostante il mare in burrasca e le alte onde. Il sottufficiale di Venetico era sposato e padre di due figli.
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