L’Italia è ultima in classifica nell’Ue per i tempi della giustizia civile, in particolare per l’ultimo grado di giudizio. A evidenziarlo è l’ultimo rapporto della Commissione europea sulla Giustizia, che si riferisce al 2019. In media, per il primo ci vogliono in media 531 giorni, per il secondo 791 e per il terzo 1302. A Malta, il penultimo Paese in classifica, per l’ultimo grado di giudizio occorrono in media 875 giorni. Per il primo grado di giudizio, solo la Grecia fa peggio dell’Italia, con 637 giorni.
In nostro Paese risulta inoltre ultima in Ue anche per il numero di processi civili pendenti, alla pari con l’Ungheria. Nel dettaglio, nel 2019 risultavano 3,7 processi pendenti ogni 100 abitanti. Nel 2018 erano 3,8 e nel 2012 addirittura 5,5. Segue l’Italia e l’Ungheria la Grecia che ne ha 2,9.
Il rapporto evidenzia anche che l’Italia risulta terzultima in Ue per i tempi di primo grado dei processi amministrativi del 2019. Ci vogliono in media 821 giorni per il primo grado di giudizio. Risultano più lenti solo Portogallo (846) e Malta (839). Si registra però un miglioramento rispetto agli anni 2018 e 2017 quando si superano gli 880 giorni per il primo grado.
L’Italia inoltre risulta quarta in Ue per numero di avvocati. Secondo i dati pubblicati nell’ultimo rapporto dalla Commissione europea sulla Giustizia nel 2019 i legali erano 392,6 per 100 mila abitanti. Di più solo a Cipro (474), Lussemburgo (465,4) e Grecia (396,3).
“I tempi di attesa per terminare un caso civile o commerciale (in Italia, ndr) è diminuito per il secondo e il terzo grado ma è leggermente aumentato per il primo grado” ma rimane ancora oggi “il più lungo per il terzo grado”, ha detto il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, in conferenza stampa. “Anche i processi amministrativi restano sopra la media”, ha aggiunto.
“Ho già avuto occasioni di discutere con il nuovo Governo italiano della riforma della giustizia, così come ne ho avute con il precedente Governo”, ha spiegato il commissario, e nonostante “alcuni segnali positivi rispetto al 2019, i procedimenti i civili e commerciali restano troppo lunghi”. Reynders segnala che “C’è stata una riduzione dell’arretrato in materia civile” e che ci sono stati dei “miglioramenti” sulla giustizia italiana con la digitalizzazione del sistema giudiziario” ma “rimane il problema delle risorse umane perché il numero di giudici resta uno dei più bassi tra gli Stati membri”.
“La percezione dell’indipendenza della giustizia è aumentata tra le persone, ma è diminuita tra le aziende”, ha aggiunto il commissario. La giustizia italiana, per Reynders, “deve continuare a lavorare sulle risorse umane. Ho visto che ci sono delle proposte di separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, ma devono aumentare i numeri”.
Riguardo ai ddl di riforma della giustizia italiana oggi in discussione in Parlamento, Reynders ha detto che “sul modo di organizzare il Consiglio superiore della magistratura è molto importante verificare che la riforma vada nella stessa direzione degli standard fissati dal Consiglio d’Europa” e “dico all’Italia, così come agli altri Paesi, che è importante lavorare con la Commissione di Venezia su questi temi”. “Per fare un esempio, nella composizione del Consiglio superiore della magistratura ci deve essere una maggioranza di (giudici, ndr) eletti dai loro colleghi”, ha precisato.
Il commissario ha poi ricordato gli obiettivi sulla giustizia contenuti nel Recovery Fund. “Nel piano italiano di ripresa e resilienza ci sono alcune riforme e investimenti che vanno nella direzione” auspicata dalle raccomandazioni Ue in materia di giustizia, e “noi monitoreremo l’evoluzione sull’impegno italiano di ridurre, nei prossimi cinque anni, i tempi del 40% nei processi civili e del 25% nei processi penali”, ha detto Reynders. Accorciare i tempi della giustizia, ha aggiunto, avrà “un effetto positivo sull’economia e sull’attrazione di investimenti esteri”.
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