Roma, giornalista d’inchiesta in pensione trovato morto vicino la sua auto
Sembrava un incidente stradale finito male quello che riguardava il giornalista trovato morto a nord di Roma.
Giuseppe Catalano, 77 anni, ex firma dell’Espresso in pensione, era andato fuori strada con la sua auto in una strada di campagna isolata a Sant’Oreste, un comune di poco più di tremila anime.
E invece ora le indagini dei Carabinieri stanno svelando nuovi elementi sulla morte del giornalista, il cui cadavere è stato trovato a pochi metri dalla sua Smart che aveva preso fuoco, supino e con i pantaloni abbassati.
Catalano, dopo aver imboccato un percorso tortuoso in località Rocca Secca, forse per il buio è finito con la sua macchina in una scarpata di 250 metri terminando la sua corsa contro una recinzione.
Dopo l’urto, l’automobile è andata in fiamme, ma Giuseppe Catalano è riuscito ad aprire la portiera della sua Smart, bruciandosi le mani, e ad allontanarsi dal rogo.
A quel punto ha risalito il sentiero per una cinquantina di metri, prima di accasciarsi al suolo.
Il cadavere del cronista, autore di importanti inchieste giornalistiche legate al terrorismo nero ed ai servizi segreti deviati, è stato ritrovato venerdì 10 gennaio poco prima delle 19, da un contadino.
Come riporta il quotidiano Leggo in un servizio esclusivo, ci sono alcuni elementi importanti da tenere in considerazione e che fanno sorgere più di un dubbio su quella morta: cosa ci faceva Catalano lungo quel sentiero di otto chilometri irto ed impervio che circonda il monte Soratte e che passa sopra il bunker che in tempo di guerra era un rifugio dei tedeschi e poco distante da dove venne trovato nel 93 il cadavere di Sergio Castellari ex direttore del Ministero delle Partecipazioni statali coinvolto nell’inchiesta Mani Pulite? Mistero.
Ma c’è un altro dettaglio inquietante e drammatico a definire la morte di Giuseppe Catalano. Quell’ultima telefonata prima di finire nello strapiombo. Come riportato da Il Messaggero, il giornalista ha chiesto aiuto: “Mi sono perso, puoi aiutarmi?”. Una chiamata fatta non ad un amico o ad un parente, bensì ad un quasi perfetto sconosciuto: l’antennista che il giorno prima era andato a casa sua per aggiustare la televisione.
Si era ritrovato in tasca il suo numero di cellulare scritto su un bigliettino. Ed era anche l’unico contatto con il mondo esterno, visto che Catalano non aveva altri numeri registrati in rubrica.
La rubrica del telefono cellulare, da cui l’uomo ha chiamato un amico antennista per dirgli che si era perso e farsi indicare la strada, è stata resettata, e l’elenco delle chiamate in uscita era vuoto.
Giuseppe Catalano muore in seguito a un banale incidente oppure viene ucciso simulando un malore?
Sarà un caso ma Catalano muore a pochi giorni dal 50° anniversario della strage alla Banca Nazionale dell’Agricoltura e dalla sentenza di assoluzione per tutti gli imputati.
Sulla “madre” delle stragi Catalano scrive decine di pezzi. Come sull’omicidio di Pierpaolo Pasolini e sulla morte del presidente Eni Enrico Mattei. Nelle sue inchieste racconta dei “mattinali” che il capo dei servizi segreti Vito Miceli inoltrava ogni giorno a Eugenio Cefis, presidente Montedison, “come se il Sid fosse una sua polizia privata”.