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    La figlia di Gori a TPI: “È più sicura Bergamo del Regno Unito. Orgogliosa di papà, ma non posso abbracciarlo”

    Angelica insieme ai suoi genitori, la giornalista Cristina Parodi e Giorgio Gori, sindaco di Bergamo. Credit: Instagram

    "Io e mia sorella siamo tornate dall'Inghilterra per stare vicine alla nostra città. Ora siamo in quarantena. I nostri genitori non li abbiamo ancora abbracciati, cerchiamo sempre di stare in stanze separate e mangiamo in due tavoli diversi. Sono orgogliosa di mio padre, sta facendo tutto quello che può per Bergamo ed è la cosa che conta", Angelica Gori spiega a TPI la decisione del padre (sindaco di Bergamo) contestata dalla stampa britannica di farle tornare in Italia nonostante l'emergenza Coronavirus

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 25 Mar. 2020 alle 23:05 Aggiornato il 26 Mar. 2020 alle 13:03

    Ha creato polemiche sui media britannici la decisione di Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, di fare rientrare in Italia le sue due figlie, Angelica e Benedetta, che studiano in Inghilterra. Nonostante Bergamo sia la città più colpita dall’emergenza del Coronavirus, Gori è convinto che le figlie siano più al sicuro a casa che nel Regno Unito, dove il governo di Boris Johnson si è mosso tardi per arginare la diffusione della pandemia. La Gran Bretagna, infatti, è passata dalla strategia basata sull’immunità di gregge decisa da Johnson a un modello più simile a quello italiano solo lunedì 23 marzo. Il lockdown di Londra è arrivato infatti in netto ritardo rispetto all’Italia e agli altri Paesi coinvolti nell’emergenza Coronavirus nonostante il crescente numero di contagiati e morti. Angelica Gori, 18 anni, studentessa e cantautrice, figlia del sindaco di Bergamo e della giornalista Cristina Parodi, spiega a TPI perché lei e la sorella hanno scelto di tornare in Italia.

    Credit: Instagram
    Cosa fate tu e tua sorella Benedetta in Inghilterra?

    Io sto finendo il liceo, sono all’ultimo anno. Ho fatto gli ultimi tre anni in Inghilterra in una boarding school per cui dormo nella scuola, è un college e avrei dovuto finire con gli esami di maggio che però appunto non ci saranno più per via dell’emergenza Coronavirus e della conseguente chiusura delle scuole, quindi ci daranno dei voti su altri parametri. Mia sorella Benedetta, invece, studia all’università sta facendo un master a Canterbury. Siamo in due zone abbastanza diverse dell’Inghilterra, io sono a sud ovest mentre lei è a nord est di Londra.

    Quando siete rientrate a Bergamo?

    Siamo rientrate nove giorni fa, domenica scorsa, il 15 marzo.

    Perché avete deciso di tornare in Italia?

    Inizialmente il nostro piano, perlomeno il mio piano, era quello di rimanere a scuola in Inghilterra anche per le vacanze di Pasqua nel caso in cui in Italia sarebbe continuata a peggiorare la situazione. Poi quando la Lombardia, e l’Italia subito dopo, è diventata tutta zona rossa mi sono rassegnata al fatto che sarei rimasta in Inghilterra. E’ cambiato tutto in pochi giorni. Finché si pensava che l’Inghilterra potesse essere un luogo più sicuro dell’Italia ovviamente saremmo rimaste lì. Ma quando abbiamo sentito le prime dichiarazioni di Boris Johnson abbiamo deciso di tornare in Italia e siamo state anche molto fortunate a rientrare quei due tre giorni prima che chiudessero scuole e università perché ci sono migliaia di ragazzi italiani in Inghilterra che sono ancora lì e stanno facendo fatica a tornare.

    I voli da Londra però sono ancora garantiti

    Sì, i voli sono garantiti ma sono tutti pieni. Ce n’è uno ogni due giorni che vola su Roma.

    E voi come avete fatto a rientrare in Italia? Com’è stato il vostro viaggio?

    Io e mia sorella da Londra abbiamo volato su Ginevra. Abbiamo fatto uno scalo lì e poi da Ginevra abbiamo preso due treni per arrivare alla stazione di Milano Centrale. Durante il viaggio abbiamo dovuto cambiare un treno, perché il primo su cui stavamo viaggiando non oltrepassava il confine italiano. E’ stato un viaggio lungo però alla fine siamo arrivate senza troppi problemi.

    Quando tornerete in Inghilterra?

    Non si sa, non credo torneremo in un prossimo futuro. Perché appunto la mia maturità è stata cancellata quindi non ho più bisogno di tornare a scuola per dare gli esami. Dovrò tornare durante l’estate perché ho lasciato un sacco di cose lì come puoi immaginare. E mia sorella uguale. Però adesso finché le cose non cambiamo stiamo qui, non abbiamo motivo urgente di tornare in Inghilterra.

    Da figlia del sindaco della città più colpita in Italia come giudichi l’atteggiamento degli inglesi nell’affrontare il dilagare del Coronavirus? Come veniva percepito il pericolo dai tuoi compagni di università per esempio? 

    L’emergenza in Inghilterra è stata presa sotto gamba. Mi ricordo già quando io tornai a scuola a fine febbraio dopo le vacanze, in Italia c’erano stati i primi 100 casi ormai e io con i miei compagni italiani eravamo giustamente preoccupati, continuavamo a controllare le notizie mentre in Inghilterra ancora non se ne parlava e la si percepiva come una cosa lontana. Ma non li biasimo neanche, non li incolpo. Perché è sempre vero che finché non ti colpisce a casa non te ne rendi conto per davvero. Se n’è cominciato a parlare di più la settimana prima che io me ne andassi, perché ormai il contagio era avvenuto nelle diverse nazioni dei ragazzi che studiavano nella mia scuola che è molto internazionale. Ognuno aveva esperienza da casa. L’unica cosa che mi fa arrabbiare è che tutti avevano il modello Italia davanti agli occhi e nessuno ha voluto sfruttare il vantaggio di non essere i primi. Ormai abbiamo tutti capito che il contagio si propaga nello stesso modo in tutte le nazioni, non ce n’è una che per qualche motivo riesce ad evitarlo. Avrebbero potuto giocare sul tempo.

    In Inghilterra avete mai vissuto episodi di discriminazione in quanto italiane? E’ vero che gli italiani all’estero sono visti come i “contagiati”?

    Nella mia scuola si è parlato e si è scherzato molto sugli italiani, ma in maniera molto leggera. L’epiosdio che mi ha colpito invece è avvenuto all’aeroporto di Ginevra. Una volta atterrate io e mia sorella stavamo cercando un taxi per raggiungere la stazione dei treni, ma in fila davanti a noi abbiamo trovato più o meno una trentina di italiani fermi che stavano facendo il nostro stesso viaggio per rientrare in Italia, anche se non erano partiti dall’Inghilterra. Questi italiani erano fermi in fila perché i tassisti, impauriti dal rischio di contagi, non volevano accompagnarli. Hanno dovuto chiamare la polizia perché i tassisti si rifiutano di prenderci. Quello mi ha fatto davvero abbastanza impressione. I tassisti non ci volevano prendere perché siamo italiani. Solo dopo l’intervento della polizia si sono decisi ad accompagnarci alla stazione, hanno tirato fuori guanti e mascherine e alla fine siamo salite in macchina.

    In Inghilterra avevi già mascherine e guanti? Uscivi con le protezioni o no?

    I miei genitori mi hanno mandato un pacco da casa con dentro due mascherine e un paio di guanti che io e mia sorella abbiamo utilizzato per il viaggio.

    Solo per il viaggio?

    Sì, sono rimasta molto impressionata e stupita perché quando sono arrivata in aeroporto a Londra Heathrow, che è l’aeroporto londinese più grande, avrò visto forse una ventina di persone con la mascherina. Allucinante. Ma dico: con tutto ciò che vedi al telegiornale non ci posso credere che ancora nessuno riesca a percepire il pericolo. Io e mia sorella invece eravamo tutte bardate siamo state attentissime durante tutto il viaggio.

    Come hai trovato Bergamo al tuo rientro? Che effetto ti ha fatto vederla così? 

    La mia città stava già soffrendo prima ancora che io tornassi, ma lo shock è arrivato solo quando ci ho messo piede. C’è un silenzio che è assolutamente innaturale, anche abbastanza angosciante. Ieri sulla via principale dietro casa nostra è passata un’ambulanza – ne passano davvero troppe al giorno – e subito dopo la volante della polizia con gli altoparlanti che invitano la gente a rimanere a casa. Una scena davvero spettrale ed è una sensazione che davvero non si comprende da fuori, è una qualcosa che quando sei lontano credo proprio che non si possa capire. Fa impressione Bergamo così, non ho mai visto la mia città così silenziosa. Speriamo si torni presto alla normalità.

    Come trascorri le tue giornate in quarantena?

    Adesso con la scusa che non devo neanche più studiare sono davvero allo sbando, faccio un po’ di ginnastica, guardo film con mio fratello, ascolto musica e scrivo canzoni.

    Perché tu canti vero?

    Sì. Sto cercando di utilizzare questo tempo al meglio per riuscire a tirarne fuori qualcosa di buono. Diciamo sempre non il tempo non ce l’abbiamo mai e adesso invece ne abbiamo fin troppo.

    I media britannici come il Daily Mail hanno criticato la decisione di vostro padre di farvi rientrare a Bergamo che è proprio nella città più colpita d’Italia sostenendo che fosse un po’ assurdo farvi espatriare dal Regno Unito dove ci sono molti meno casi di contagi da Coronavirus rispetto all’Italia

    Secondo me sono delle critiche un po’ fini a se stesse perché il numero di contagiati è semplicemente dipendente dalla tempistica, si sa che il Regno Unito è due settimane indietro rispetto all’Italia ed è esattamente nella stessa posizione, adesso comincerà la crescita esponenziale anche lì. Abbiamo visto come hanno fatto tutte le nazioni che hanno seguito l’esempio italiano quindi sarebbe stata davvero una questione di tempo e restare bloccata in Inghilterra per me significava rimanere bloccata in un posto dove non avevo più un posto dove stare perché dormendo nel college e avendolo chiuso non avrei avuto più un posto dove stare e sarei rimasta bloccata nel Regno Unito senza nessun contatto a cui appoggiarmi. Era davvero una situazione molto vulnerabile. Portare le proprie figlie in un luogo sicuro significa portarle a casa dove avrebbero potuto trascorrere la quarantena con i propri genitori. Per me è stato davvero un ragionamento molto sensato per quanto sia stato improvviso, perché io fino al giorno prima pensavo di dovere rimanere in Inghilterra. Ho fatto le valigie all’ultimo minuto e siamo scappate  via. Ma è stata sicuramente una decisione sensata.

    Quindi tu eri già propensa a tornare in Italia?

    Le decisioni che abbiamo preso i tre giorni prima che partissi sono state tutte molto improvvise, molto veloci. Il college inizialmente aveva deciso di offrire agli studenti un posto durante le vacanze di Pasqua che nella mia scuola cominciavano il 20 marzo. E allora i miei mi hanno detto: tu stai lì non ci torni in Italia. Quando invece poi si è capito che le cose non sarebbero andate come previsto, io e mia sorella abbiamo preferito tornare in fretta e furia. Sono stata felice di tornare perché guardavo le immagini della mia Italia, della mia città di Bergamo, da lontano e non esserci dentro in un momento di così forte sofferenza era come scappare. 

    Quindi ti sei sentita in dovere di tornare per stare vicina alla tua famiglia e a Bergamo, la tua città?

    Sì, anche se inizialmente c’è stata la paura di portare a casa il virus. Non era una cosa scontata, nonostante durante il viaggio io e mia sorella siamo state molto attente nelle settimane precedenti in Inghilterra siamo state in contatto con tanta gente. Io nel campus dell’università, quindi sempre in mezzo alle folle. Tornate a casa abbiamo fatto attenzione facendo in realtà una quarantena nella quarantena. I nostri genitori non li abbiamo ancora toccati, cerchiamo sempre di stare in stanze separate e mangiamo in due tavoli diversi.

    Quindi non vi siete ancora riabbracciati?

    No, non ci siamo ancora riabbracciati, solo da lontano. Ma anche il semplice fatto di averceli qua vicini è bello. Anche perché noi non siamo mai insieme. Mi sembra Natale, tutti e cinque a casa.

    Com’è avere un papà come il tuo che è proprio in prima linea nell’emergenza Coronavirus essendo il sindaco di Bergamo, la città italiana più colpita?

    Sono molto fiera di lui. Sta facendo tutto quello che può, lo sento sempre arrabbiato che litiga al telefono con qualcuno perché ci tiene tanto e sta facendo tutto quello che può. Io sono davvero fiera in questo momento di quello che sta facendo per la sua città che ama più di qualsiasi altra cosa. L’ossessione che ha per Bergamo la si vede adesso più di qualsiasi altro momento secondo me e non è facile perché ovviamente non si ferma mai, non si rilassa mai in questi giorni. Non riusciamo nemmeno a parlarci, non passano nemmeno dieci minuti senza che qualcuno lo chiami al telefono. Sta facendo tutto quello che può ed è la cosa che conta.

    Trascorso il periodo di isolamento precauzionale hai pensato di attivarti in qualche modo per aiutare la città?

    Mio fratello si è già attivato perché lui è qui a casa dall’inizio della quarantena e si è iscritto al gruppo di volontari che danno una mano alle persone anziane. Io e mia sorella ancora non lo stiamo facendo perché potremmo essere ancora infette. Dobbiamo prima concludere la quarantena preventiva di due settimane e poi sicuramente faremo qualcosa. Se c’è modo di aiutare noi che siamo giovani e in forze assolutamente perché non farlo.

    Credit: Instagram
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