Gino Cecchettin: “Quando Giulia è stata aggredita stavo correggendo la tesi”
Gino Cecchettin esprime tutto il suo dolore per la morte della figlia Giulia, la 22enne uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ripercorrendo anche quella maledetta notte in cui la ragazza è stata aggredita e uccisa dal giovane.
Intervistato dal Corriere della Sera, l’uomo ha raccontato: “Quel sabato siamo stati a pranzo insieme. Poi lei è andata in camera sua. Le ho chiesto dalle scale che avrebbe fatto dopo e lei mi ha detto: ‘Forse stasera non torno a cena’. Non le ho chiesto di più. Era una ragazza di grande responsabilità, che non aveva mai dato un problema, concentrata. Io non sapevo delle tensioni con Filippo. Lo avevamo conosciuto, quando stavano insieme; ci era sembrato timido, un po’ freddo. Ho saputo tutto solo dopo. Mi hanno detto che lui, la penultima volta che si sono visti, l’aveva spaventata urlando in modo forsennato. Su spinta di Giulia aveva accettato di farsi vedere da un terapeuta. Ma ne ha cambiati quattro e sempre ha fatto scena muta. Elena aveva capito e le aveva detto il suo giudizio su Filippo. Forse per questo, per timore della disapprovazione della sorella maggiore, Giulia non l’aveva informata dello stato d’animo poi rivelato, anche per noi, dal messaggio trasmesso da Chi l’ha visto?“.
“Quella sera io dovevo andare a prendere Davide in centro. Aspettando il momento mi sono addormentato qui, sul divano. Quando mi sono svegliato erano le undici e trequarti. Sono tornato e lei non c’era, ma non avevo alcuna ragione per preoccuparmi, capitava, il sabato sera. Non avevo sonno e mi sono messo, come eravamo d’accordo, a correggere la sua tesi. Le ho mandato uno screenshot di un errore e solo allora mi sono accorto che era l’una e quarantacinque. Ho pensato che la mattina dopo l’avrei rimproverata, ma quando mi sono alzato non c’era e da allora è cominciato tutto”.
Gino Cecchettin continua: “In questa casa eravamo tre a due. Ora, con Elena a Vienna, siamo rimasti Davide ed io, ma ce la caveremo. I miei ragazzi sono forti. Elena ha ignorato gli assurdi attacchi che ha ricevuto, ma si è sentita riscaldata dall’immensa ondata di coscienza civile di affetto che le sue parole hanno determinato nel Paese”.
Il papà di Giulia, poi, parla di Filippo Turetta: “Per i genitori di Filippo non provo odio, ma tristezza e persino tenerezza. Io ho già ricominciato a camminare nella vita, per loro sarà più difficile. Li abbraccio virtualmente, hanno avuto, se possibile, una disgrazia più feroce della mia. In questi giorni non ho provato né odio né rabbia”.
“Quando sono riuscito a leggere gli articoli sull’aggressione ho provato solo dolore per mia figlia che era lì, sola, spaventata, senza che io potessi aiutarla. Ho voluto vederla, dopo. La prima volta, due giorni fa, le ho toccato la gamba. Ho visto le sue mani fasciate e avevo il desiderio di stringerle. Prima che chiudessero la bara ci sono riuscito. È stata dura, ma l’ho sentita vicino a me, come non mai”.
Gino Cecchettin, poi, conferma il suo impegno affinché quanto accaduto a Giulia non si ripeta più: “Ma ciò che mi preme ora è fare in modo che, finita l’emozione, non ci si torni ad assopire. Noi italiani siamo bravi ad avere slanci civili ma siamo anche capaci di dimenticare in fretta. Il rumore è il campanello che ogni mattina ci deve tenere svegli e farci chiedere cosa abbiamo fatto per far finire i femminicidi. Quando ho parlato di un impegno civico ho voluto dire che, con una Fondazione o in altro modo, io voglio dedicare la mia vita a far sì che non ci sia un’altra Giulia. Per me bisogna partire dall’educazione. La violenza non è un problema di altri. Prendi le due famiglie coinvolte in questa vicenda: due ragazzi universitari, cresciuti in determinate famiglie. Sembra un ambiente al riparo, invece no”.
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