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    Uccise lo zio e lo gettò nel forno: condannato all’ergastolo, ma ora è irrintracciabile

    Mario Bozzoli
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 2 Lug. 2024 alle 10:05 Aggiornato il 3 Lug. 2024 alle 09:43

    La Corte di Cassazione ha appena confermato la condanna all’ergastolo nei suoi confronti, ma quando i Carabinieri si sono presentati a casa sua per prelevarlo e portarlo in carcere Giacomo Bozzoli non c’era. Il 39enne bresciano che nel 2015 uccise suo zio e gettò il cadavere in un forno risulta irrintracciabile dalla sera di ieri, lunedì 1 luglio 2024.

    Poche ore prima la Suprema Corte aveva pronunciato la sentenza di condanna che confermava il verdetto già emesso in primo e secondo grado: secondo i giudici, è stato Bozzoli ad assassinare lo zio Mario, 52 anni, imprenditore socio del padre di Giacomo nella fonderia di famiglia a Marcheno, in provincia di Brescia.

    L’omicidio è avvenuto l’8 ottobre del 2015: il nipote avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni dello stabilimento, poi il cadavere sarebbe stato carbonizzato con l’aiuto di un dipendente, Giuseppe Ghirardini, 50 anni, trovato anche lui morto sei giorni dopo nei boschi di Case di Viso, ucciso da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco.

    A casa di Ghirardini furono trovati 5mila euro in contanti, forse il compenso per la sua partecipazione alla distruzione del cadavere di Mario. Secondo gli inquirenti, l’operaio si sarebbe suicidato.

    Nel 2022 i giudici dell’appello hanno stabilito che Giacomo Bozzoli è l’unica persona in cui “è risultato coesistere, unitamente all’odio ostinato e incontenibile (…) nei confronti della vittima, anche l’interesse economico per ucciderla riconducibile agli interessi societari e familiari”. Lo zio – stando alla ricostruzione processuale – era infatti ritenuto dal nipote “colpevole” di guadagnare dalla società di famiglia alle spalle degli altri componenti e di intralciare i suoi affari.

    Negli ultimi nove anni, durante le varie fasi del processo, Giacomo Bozzoli è rimasto in libertà. Ieri all’udienza in Cassazione c’era suo padre Adelio, che ha riferito che il figlio stava aspettando la sentenza nella sua abitazione sul lago di Garda. Ma quando, dopo la pronuncia della condanna, i Carabinieri sono andati a prenderlo in casa non c’era nessuno.

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