Se i suoi genitori avessero acconsentito a sottoporla a chemioterapia, Eleonora Bottaro avrebbe avuto l’80% di possibilità di sopravvivere alla leucemia linfoblastica acuta, la malattia che le ha spezzato la vita a soli 17 anni. Ma suo padre Lino e sua madre Rita Benini chiesero che venisse curata sulla base del metodo Hamer, solamente con cicli di cortisone, agopuntura e vitamina c.
La Corte di Cassazione ora ha chiuso la vicenda giudiziaria, confermando per entrambi la condanna a due anni inflitta sia in primo che in secondo grado per omicidio colposo. Tutto inizia nel dicembre del 2015 quando Eleonora si sente male tornando da scuola. Con più di un mese di ritardo viene sottoposta ad accertamenti clinici in seguito ai quali arriva la diagnosi: successivamente la giovane venne ricoverata nel reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale di Padova. Lì però rifiuta la chemioterapia, supportata dai genitori, seguaci delle teorie del medico tedesco Hamer – radiato dall’albo professionale – che diffondeva nuove teorie da lui chiamate “Nuova medicina germanica”.
Il 26 febbraio la ragazza esce dall’ospedale, mentre il Tribunale per i minori sospendeva ai Bottaro la potestà genitoriale, ordinando alla coppia di sottoporre la figlia alla chemioterapia in una struttura sanitaria a loro scelta. La 17enne fa tappa all’ospedale di Bellinzona, ma anche lì i genitori rifiutano la strada suggerita dai medici. Il 31 luglio torna in Italia, sta male e viene ricoverata all’ospedale di Schiavonia, nel padovano.
Senza terapia del dolore e con l’unico supporto delle vitamine, muore il 29 agosto. Secondo la procura i genitori avrebbero influenzato la sua autonomia decisionale. Sua madre Rita non si è mai pentita di come sono andate le cose: “Credo nella giustizia divina , non ho sbagliato nulla, rifarei tutto quello che ho fatto”.