Alle 18 dell’ultimo sabato di agosto la spiaggia di Gallipoli è una baia deserta. I locali della movida bloccati dal decreto post Ferragosto sono stati riconvertiti in semplici stabilimenti, dove i giovani attendono il tramonto sui lettini sorseggiando cocktail seduti, mentre qualcuno gioca a pallone sulla riva. La musica risuona in sottofondo ma non c’è un’anima sotto le casse, e alcuni orfani della Praja accennano passi di danza tra gli ombrelloni. La discoteca simbolo della movida salentina che tra luglio e agosto ha ospitato migliaia di persone in barba alle regole anti-Covid per i concerti di Bob Sinclair o di Elettra Lamborghini, ha sigillato i battenti e lasciato i vacanzieri che avevano prenotato il viaggio prima della chiusura senza un posto in cui fare festa, e i pr che si stabiliscono a Gallipoli a partire da giugno senza intrattenimento estivo.
Per decine di loro “Mamma Praja” non è solo una discoteca, ma un luogo del cuore che attendono di frequentare ogni anno: lì rincontrano gli amici più stretti, le ragazze e la movida della “Baia verde”, la spianata di locali sul mare e il paradiso dei festaioli dove d’estate tutto è possibile. Troppo difficile accettarne l’interruzione improvvisa imposta dall’avanzare della pandemia. Tanto che qualcuno ha cercato di riorganizzarsi. “Noi abbiamo 20 anni e vogliamo divertirci, non ci importa del virus”, mi spiega un ragazzo davanti a un locale del centro preso d’assalto dopo il divieto governativo. È nato a Gallipoli, ha 21 anni e lavora nelle discoteche da quando ne ha 16, e insieme ad altri membri della comitiva sponsorizza feste alternative tra i giovani che agognano serate. Le chiamano “Pool Party“: iniziano all’ora dell’aperitivo e si concludono dopo la mezzanotte, ci si accede tramite un braccialetto che costa 20 euro e che assicura il trasporto verso un resort con piscina dalla localizzazione sconosciuta. La navetta preleva le comitive da due punti di raccolta e le riporta indietro a festa finita.
Il Pool Party degli orfani della movida a Gallipoli – AUDIO
Tra i 20enni in vacanza i party in piscina sono il segreto di pulcinella: alcune ragazze che hanno partecipato a una delle feste e che incontro su una spiaggia di Baia Verde mi dicono ce ne sono stati almeno altri tre dopo la chiusura delle discoteche, e ognuno ha ospitato in media 400 persone. C’è una pista, un bar per acquistare cocktail a 10 euro e una piscina, ci si fa il bagno e si balla almeno fino all’una. “Spero che questa volta ci sia meno gente”, dice una di loro in procinto di acquistare il braccialetto a un pr. Alcuni sono scettici davanti all’invito e non acquistano il ticket “a scatola chiusa”, altri vi partecipano normalmente come a una qualsiasi festa, grati ai promoter di offrire un’alternativa meno affollata delle discoteche. Nessuno sa dire di preciso dove si trova il resort, ma alcuni assicurano che sia sperduto tra le campagne, lontano da Gallipoli e dal mare. “L’altra volta eravamo almeno 500, senza niente, senza mascherina”, mi spiega al telefono uno dei ragazzi che aiuta i pr a distribuire le prevendite per l’ultimo party della stagione, poi annullato per mancanza di partecipanti. Forse, si vocifera, alla fine un ultimo evento ci sarà.
Nell’attesa, si va a cena fuori e nei locali del centro, primo tra tutti un lounge bar illuminato da luci al neon situato su una delle vie principali di Gallipoli, chiuso per due notti a causa degli assembramenti ma riaperto a stretto giro allo stesso ritmo di prima. Lì non c’è differenza tra i week end e i giorni della settimana, ogni notte è identica a quella precedente a partire dall’una. Gli avventori si accalcano sulle scale o seduti ai tavolini sorseggiando alcolici, urlando all’unisono i cori che normalmente ballavano in pista e fischiando ai gestori quando abbassano la musica. “Chiedigli perché stanno fischiando”, mi dice uno dei promotori del Pool Party infuriato per il fermo anticipato di Baia Verde. Il sentire comune è che chiudere le discoteche il 17 agosto sia stato inutile, perché l’effetto è stato quello di creare lo stesso tipo di assembramenti nei locali, anche se non sotto le casse, favorendo i party clandestini. “In discoteca e ai party puoi monitorare le persone, chi entra e chi esce, mentre nei locali come questo la movida è incontrollata” assicura un altro pr che difende le feste in piscina.
“Covid non ce n’è”: le voci dalla movida di Gallipoli – VIDEO
La riapertura delle discoteche, invece, aveva incontrato il favore di una gran fetta di popolazione, non solo dei più giovani, in una città dove il turismo garantisce occupazione e guadagni da aprile ad ottobre con un totale di 2,4 milioni di presenze all’anno (secondo le stime della NMTC di Emilio Becheri, che considera anche quelle sommerse) e almeno 118mila arrivi e 509mila presenze ufficiali secondo i dati Istat relativi al 2019. Nell’estate mozzata dalla pandemia, Gallipoli ha dovuto attendere il mese di luglio prima che le attività riprendessero a pieno ritmo, e con la chiusura totale delle discoteche molti operatori sarebbero rimasti a bocca asciutta. Come gli autisti delle navette che traghettano i turisti dal centro città a Baia Verde, e che devono al via vai mondano le entrate di tutto l’anno. “Il governatore Emiliano non si è comportato male, ci ha aperto le discoteche, senza quelle non lavoravo”, confessa uno di loro, che si prepara a votare di conseguenza alle Elezioni Regionali in programma il prossimo 20 e 21 settembre, poco prima di parcheggiare la navetta in garage.
La scelta di imporre lo stop alle discoteche dopo che ci si era preparati a tirare avanti fino a settembre, oltre a essere percepita come sconveniente, ha reso anche meno credibili le misure adottate dal governo. Tanto che molti non credono che il rischio di contagio sia reale, perché la movida è apparsa come un campo su cui portare avanti un gioco politico. “Tutte le notizie che danno sul Covid sono un’esagerazione” è convinta una ragazza che non crede nell’uso della mascherina. “Covid non ce n’è”, assicura un altro. “Il Covid ci sarà fin quando sarà presente nella testa delle persone”, dice il suo compagno di viaggio mentre scherza con gli altri sulle notizie di cronaca circolate nelle ultime settimane. “Siamo stati a Valencia una settimana, ora siamo qui, vediamo il tampone cosa dirà”. “Mi sono fatto il tampone al casello, non ce n’è Coviddi”, grida ancora un altro della comitiva.
Tra i pochi contenti per la chiusura delle discoteche ci sono gli abitanti della zona che non vivono di turismo, o che tornano in Salento solo per l’estate, per cui Gallipoli è appannaggio dei ragazzi che si accalcano negli stabilimenti e non lasciano posto in spiaggia “nemmeno alle sette”. Non frequentano Baia Verde da oltre 10 anni, da quando cioè una delle prime strutture abusive sulla costa è stata condonata per dar vita a quella che sarebbe diventata l’Ibiza del sud, e gli affittacamere hanno iniziato a mettere a disposizione posti letto in balcone pur di battere cassa e approfittare della neonata industria del divertimento. Adesso, mentre i nostalgici della Praja fanno aperitivo sui lettini del bagno asciuga, in spiaggia c’è posto per tutti, e la calma al tramonto appare un dono inaspettato portato dalla pandemia. Rivolti verso ovest, con le spalle al bancone del bar, il frastuono delle casse è un ricordo distante, riservato ai racconti delle feste clandestine.
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