ESCLUSIVO TPI – Gaia Padovani è un medico di 34 anni, specializzanda presso l’Università La Sapienza di Roma. È anche la prima persona completamente non vedente ad aver conseguito la laurea in Medicina in Italia. Da due anni lavora e studia per specializzarsi in Psichiatria, ma rischia di perdere quanto ottenuto finora, con fatica e sacrifici, perché il ministero dell’Università, dopo una sentenza del Tar del Lazio, le chiede di sottoporsi nuovamente alla prova di selezione, il prossimo 4 novembre. “Al pensiero di perdere il posto alla Scuola di specializzazione mi interrogo davvero su quale sia il senso di rivolgersi alla giustizia”, dice Gaia a TPI. “Il paradosso è che questo avviene in un momento in cui c’è carenza di medici. Non si capisce davvero il senso di un tale accanimento”.
Alla prova di ammissione Gaia aveva già partecipato il 2 luglio 2019. Non la superò, pur ottenendo un buon punteggio. Nei mesi successivi fu ammessa – borsa di studio inclusa – sulla base di una serie di provvedimenti del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato. I giudici riconobbero che il Miur non aveva approntato le misure necessarie a metterla in condizione di sostenere la prova: non erano state adottate accortezze per lei fondamentali, cui aveva diritto e che da mesi lei stessa aveva richiesto al ministero. “Non le furono assicurati tutti i supporti che la legge prevede per gli studenti disabili, tra cui un tutor specializzato”, spiega l’avvocato Michele Bonetti, legale di Gaia. “Inoltre, non le fu data la possibilità di fruire di un questionario privo di grafici e di immagini”.
Per Gaia non si trattava di problemi nuovi, purtroppo. “Anche all’università ho avuto varie problematiche”, racconta. “Ci sono stati docenti che mi hanno detto di cambiare facoltà. Altri che, quando ho chiesto di modificare le modalità delle prove pratiche, per renderle fruibili, non hanno acconsentito. Per questo sono stata costretta a cambiare il canale – eravamo divisi in più canali in base al cognome – ad appena quattro esami dalla laurea, e questo mi ha fatto perdere diversi mesi di tempo”. Una serie di difficoltà che Gaia è comunque riuscita a superare, grazie al profondo desiderio di diventare medico. Un’ambizione che nutriva da quando aveva 16 anni e frequentava il secondo anno delle scuole superiori. “La scelta di specializzarsi in psichiatria è arrivata dopo”, spiega. “Sia per passione sia perché, tra le branche mediche, è quella che potrei svolgere meglio, in cui potrei essere più autonoma”.
Nel 2019 il Tar diede ragione a Gaia a proposito del test di ammissione e dispose la riedizione della prova. Ma questa, nonostante le numerose diffide degli avvocati della ragazza al ministero, non fu eseguita. Tutto sembrò risolversi quanto il Consiglio di Stato, vista l’inottemperanza del Miur, dispose che Gaia fosse ammessa direttamente alla Scuola di specializzazione. Ormai specializzanda a tutti gli effetti, lei si dedicò al lavoro e allo studio, superando l’esame finale e completando col successo il primo anno.
Nel 2021, tuttavia, è arrivato un nuovo duro colpo. “A distanza di anni, senza che il ministero avesse mai ottemperato alla riedizione della prova, a luglio è arrivata una nuova sentenza del Tar, in cui si ribadisce che Gaia deve ripetere il test”, spiega l’avvocato Bonetti. “Nel frattempo, il ministero ha disposto la ripetizione della prova il 4 novembre, avvisandoci solo 20 giorni prima”.
Per Gaia è stata l’ennesima doccia fredda: “È assurdo: se dovevo sostenere di nuovo la prova, questo andava fatto nei primi mesi, non adesso che sto per finire il secondo anno e sono quasi a metà del percorso”, dice. Alla sensazione di trovarsi ancora, per l’ennesima volta, in una situazione precaria, si aggiunge la consapevolezza di non poter affrontare serenamente la prova. “Avendolo saputo 20 giorni prima non ho alcuna possibilità di prepararmi”, denuncia Gaia. “Questo è un concorso che richiede almeno 5-6 mesi di studio”. La preparazione, infatti, riguarda più materie e non solo la psichiatria, che è l’ambito di cui lei si è occupata negli ultimi due anni. “Inoltre farei il test da sola, non so neanche su quali basi sarei valutata, con quale graduatoria sarebbe confrontato il mio punteggio”, aggiunge.
A pronunciarsi di nuovo sulla vicenda di Gaia, il prossimo 28 ottobre, sarà il Consiglio di Stato – VI Sezione. In quell’occasione, fa sapere l’avvocato della dottoressa, interverrà ad adiuvandum nel giudizio L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. “Il caso della Padovani può certamente considerarsi unico nel panorama italiano, viste le peculiarità che è impossibile riscontrare in altri candidati al medesimo concorso”, si legge nel ricorso presentato al Consiglio di Stato dall’avvocato. “Trattasi, infatti, dell’unico caso, del quale abbia contezza non solo la scrivente difesa, ma anche l’Unione Italiana Ciechi, di studentessa non vedente laureatasi in Medicina”. Inoltre, la difesa sottolinea che l’allontanamento di Gaia dalla Scuola sarebbe anche una perdita per l’azienda ospedaliera. “La Padovani”, si legge ancora nel documento, “ha ricevuto lodevoli apprezzamenti per il lavoro svolto nei reparti di psichiatria ed il responsabile del corso non ha mancato di riferire come” Gaia “sia ad oggi una indubbia risorsa per la struttura”. La prosecuzione della sua formazione “risponde anche a criteri di economicità, efficienza ed efficacia”, dato che si tratta di una “risorsa indispensabile per l’azienda ospedaliera, già in parte formata e retribuita con borsa da plurimi mesi”. Insomma, l’interruzione del percorso di Gaia sarebbe una sconfitta anche per la struttura e, quindi, anche per la sanità pubblica.
“Noi inizialmente chiedevamo la riedizione della prova”, dice Bonetti a TPI. “Sin dall’inizio abbiamo chiarito che non volevamo alcun regalo: Gaia voleva solo essere messa nelle stesse condizioni di tutti gli altri. Ma ora, trascorsi oltre due anni, lei è andata avanti. Non ha senso ripetere la prova adesso. Per questo, ora la nostra richiesta è che sia sospeso il provvedimento, che a mio avviso è lesivo del diritto allo studio e del principio di uguaglianza. Il messaggio che rischia di passare è doppiamente pericoloso: da una parte è quello che il diritto allo studio vale solo per pochi e in determinate condizioni; dall’altra, è che lo studente disabile non può diventare un professionista medico. Esattamente l’opposto di quanto avviene in altri Paesi, che riservano una quota dei posti agli studenti con disabilità”.
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