Funivia Mottarone, il gip ordina la scarcerazione dei tre indagati
Il gip di Verbania Donatella Banci Bonamici assesta un duro colpo all’indagine della Procura piemontese sul disastro della funivia Stresa-Mottarone: i tre indagati – dispone – vanno rilasciati. Il gestore Luigi Nerini e il direttore Enrico Perocchio tornano in libertà, il capo servizio Gabriele Tadini va agli arresti domiciliari.
La decisione è arrivata nella tarda serata di sabato 29 maggio 2021, a circa quattro giorni dall’arresto dei tre e a poco meno di una settimana dal crollo della cabina che ha provocato la morte di 14 persone tra cui due bambini.
Nerini, Perocchio e Tadini restano indagati per concorso in omicidio colposo plurimo e in lesioni colpose gravissime, falso in atto pubblico e rimozione dolosa di sistemi di sicurezza. La Procura aveva chiesto la conferma delle custodie cautelari in carcere, ma per il giudice per le indagini preliminari i tre possono tornare a casa. Nella sua ordinanza – emessa al termine di una giornata di interrogatori – il gip sostiene che non vi siano sufficienti elementi perché restino in carcere.
Il punto cruciale sta nella responsabilità del blocco dei freni di emergenza che, dopo la rottura della fune traente, ha provocato il crollo della funivia. In sostanza il giudice ha creduto alle versioni fornite da Nerini e Perocchio e non a quella di Tadini.
Quest’ultimo, capo servizio della Stresa-Mottarone, ha raccontato di aver inserito il forchettone per bloccare i freni di emergenza dell’impianto e impedire così che l’impianto si fermasse malgrado le anomalie che erano state riscontrate. Tadini prima ha spiegato di aver agito in autonomia, poi ha detto di aver avvisato sia Nerini sia Perocchio.
Il gestore e il direttore della funivia, da parte loro, hanno smentito di essere stati a conoscenza del blocco dei freni, che sarebbe stato invece deciso da Tadini a loro insaputa.
Funivia, l’ordinanza del gip
Come emerso nella mattinata di oggi, domenica 30 maggio, la decisione del gip si è basata sulle dichiarazioni rese dai dipendenti della funivia. Dichiarazioni che avrebbero, da un lato, confermato gli indizi a carico di Tadini e, dall’altro, escluso quelle di Perocchio e Nerini.
Dalle testimonianze degli addetti, scrive il gip, “appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini”, perché “tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio”. E queste dichiarazioni “smentiscono” la “chiamata in correità” di Tadini nei confronti del titolare dell’impianto e del direttore.
Nell’ordinanza si legge che “al momento è palese la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni”. Il gip parla di “scarno quadro indiziario” a carico dei due. Un quadro che, secondo il giudice, è ancora “più indebolito” con gli interrogatori di garanzia svoltisi nel carcere di Verbania nel pomeriggio di ieri.
Gli indagati
“Non sono un delinquente. Non avrei mai fatto salire persone se avessi pensato che la fune si spezzasse”, ha detto Tadini, secondo quanto riferito dal suo difensore Marcello Perillo.
“Non salirei mai su una funivia con ganasce, quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini”, è invece la posizione di Perocchio, riportata dal suo avvocato Andrea Da Prato. “Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le 14 vittime”, ha detto Perocchio lasciando il carcere di Verbania. “L’errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia”.
Soddisfatti per la decisione del gip i difensori dei tre indagati. “Con la liberazione del mio assistito è stata fatta giustizia, ma non bisogna gioire perché sono ancora da trovare i responsabili”, ha dichiato il difensore di Nerini, l’avvocato Pasquale Pantano.
“Professionalmente per me è una soddisfazione. Avevo chiesto soltanto i domiciliari perché la questione del blocco dei freni è sicuramente una colpa sua”, sono le parole di Marcello Perillo, avvocato di Tadini. Per il legale di Perocchio, Andrea Da Prato, “il giudice ha stabilito che il fermo era forzato”.
Per la Procura di Verbania, la scarcerazione dei tre è una mezza sconfitta. Ma il procuratore Bossi avverte: “Il procedimento è solo alle sue fasi iniziali”:.