Eccolo il mostro da sbattere in prima pagina. Eccolo, mostruosamente trattato dalle forze dell’ordine che esibiscono, con una certa soddisfazione, il proprio ruolo di vendicatori come si conviene a questo tempo in cui la giustizia è qualcosa da randellare in testa ai colpevoli per esporli al pubblico ludibrio in un Colosseo dei sentimenti più infimi.
La foto di Christian Gabriel Natale Hjort, il diciannovenne arrestato per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, bendato nella caserma dei carabinieri, rilanciata con la consueta bile dalla Lega del ministro (minuscolo) dell’Interno Matteo Salvini, è il trancio di carne buttato nella gabbia dei leoni che non serve a sfamarli ma ad aumentare la loro voglia di sangue. L’effetto ottenuto ovviamente è quello di alzare il testosterone del popolo e di ritrovarsi a urlare che se lo merita, che è un assassino e che non bisogna usare le buone maniere con uno così.
Aggiungeteci che lo stesso ministro (ben accompagnato da altri politici destrorsi) aveva augurato nei giorni scorsi di marcire in carcere, i lavori forzati e una serie di pene non previste dal nostro codice penale e avrete l’esempio perfetto di giustizia sommaria che vorrebbe rispondere con il sangue al sangue, che sprofonda di colpo nella vecchia legge del taglione e che è pronta a scambiare la vendetta per il buonsenso.
Eppure quella foto è un’offesa anche per chi, come Mario Cerciello Rega, ha sacrificato la propria vita per servire lo Stato e le sue regole, senza mai lasciarsi andare al comandamento della pancia e degli sfinteri di un’opinione pubblica affamata di lividi e di torture. Quella foto sarà il mezzo con cui qualsiasi avvocato, anche il più giovane e impreparato, potrà rendere nulla la confessione dell’assassino in tribunale. Quella foto è la sindone di uno Stato che si abbassa a lottare nel fango con gli assassini, mettendosi al loro pari, svilendo secoli di studi di legge (e di leggi) che dovrebbero renderlo un Paese civile agli occhi del mondo. Quella foto, se ci pensate bene, è anche il naturale risultato di una campagna dell’odio che scientemente il ministro dell’interno coltiva con tutto il suo staff di comunicazione, sempre pronto a alzare l’asticella della bile pur di conquistare qualche pugno di voti.
Non c’è nulla di civile e di cui andare fieri se addirittura il più alto uomo in grado dell’Arma dei Carabinieri è dovuto prontamente intervenire per condannare l’episodio e annunciare un’indagine interna per individuare i responsabili. È una cosa schifosa, semplicemente, e vi viene facile indovinare chi sono quelli che fanno talmente schifo da riuscire addirittura a cavalcarla. Intanto, come al solito, si calpesta anche la vittima: perché in fondo non gliene frega niente delle vittime, a questi.