Il giudice spiega cosa rischia Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin
Filippo Turetta potrebbe non essere condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Cecchettin: è quanto dichiara Valerio de Gioia, consigliere della Corte d’Appello di Roma.
Intervistato da Fanpage, il giudice spiega cosa potrebbe rischiare il 22enne, attualmente accusato di sequestro di persona e omicidio volontario aggravato dal vincolo affettivo.
In base all’attuale accusa, quindi, Turetta potrebbe non essere condannato all’ergastolo perché “l’unica aggravante che verrà in qualche modo considerata per la pena è quella derivante dal fatto che tra lui, l’autore del reato, e la vittima ci fosse stata in passato una relazione sentimentale. Tutti pensano che questo sia sufficiente per poter dare la pena massima ma non è così”.
“Se la relazione sentimentale è in corso o se c’è convivenza è possibile dare l’ergastolo ma se la relazione è finita la pena va da 24 a 30 anni – spiega ancora de Gioia a Fanpage – Inoltre, con una legge del 2019 si è prevista l’impossibilità di accedere al rito abbreviato, che dà la riduzione di un terzo della pena, solo per i reati punibili astrattamente per l’ergastolo, come nel caso della premeditazione e della crudeltà. Quindi lui può, se rimane questa imputazione, chiedere il rito abbreviato e la riduzione di un terzo della pena. In altre parole, rischierebbe dai 16 ai 20 anni”.
Lo scenario potrebbe cambiare se a Turetta venissero contestate le aggravanti della premeditazione e della crudeltà: “Se gli contestano la premeditazione perché scoprono che c’è stato un apprezzabile lasso temporale da quando ha deciso di commettere il reato a quando l’ha eseguito, per esempio guardando le ricerche online che ha fatto o se ha fatto prelievi di denaro insoliti, non solo potrebbe avere astrattamente l’ergastolo ma gli impedirebbe anche di fare il rito abbreviato”.
Ma, sottolinea ancora il giudice, “ricordiamo che per la premeditazione non è sufficiente l’ideazione del reato una settimana prima dell’esecuzione, ci vuole un lasso temporale significativo. Il semplice aver preso il coltello il giorno prima dell’omicidio non porta necessariamente alla premeditazione, è una aggravante che viene contestata solo in presenza di elementi che diano certezza di una programmazione che non si è mai interrotta, dall’ideazione alla realizzazione”.
Anche per l’aggravante della crudeltà vale lo stesso discorso. Il giudice, infatti, spiega: “In questo caso sono importanti l’autopsia e l’analisi della macchina. Questa aggravante si ha soltanto se questo enorme numero di colpi inferti sul corpo il presunto killer li ha dati che la ragazza era ancora in vita. Se invece lui tutte quelle coltellate gliel’ha date che era già morta non si può contestare la crudeltà. Potrebbero contestargli anche l’occultamento (non la distruzione, ndr) del cadavere, perché ha gettato il corpo di Giulia in un dirupo sperando che non venisse trovato. Ma la pena per questo tipo di reato è tutto sommato contenuta. Ciò significa che se dovesse essere condannato alla pena per l’omicidio volontario verrà fatto un piccolo aumento”.
Leggi l'articolo originale su TPI.it