Ex Ilva, la Guardia di Finanza nelle sedi Arcelor Mittal
L’ex Ilva di Taranto continua ad essere al centro delle cronache. Perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di finanza sono in corso oggi, martedì 19 novembre, negli uffici di Taranto e di Milano di Arcelor Mittal. Gli interventi sono stati disposti su delega delle due procure che indagano parallelamente dopo l’esposto presentato dai commissari dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria.
Ex Ilva, cosa succede a Taranto
I magistrati tarantini indagano per appropriazione indebita e distruzione dei mezzi di produzione. Un altro filone delle indagini è invece nelle mani della procura di Milano, che indaga per false comunicazioni al mercato, distrazione di beni da fallimento, e sta valutando l’ipotesi di reati tributari.
Tra i documenti contabili che la Gdf di Taranto sta acquisendo ci sono quelli che riguardano l’acquisto delle materie prime e la vendita dei prodotti finiti, considerando le ingenti perdite segnalate dalla multinazionale rispetto alla gestione commissariale. L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, con l’aggiunto Maurizio Carbone e il pm Mariano Buccoliero.
Ex Ilva, cosa succede a Milano
Finanzieri da Mittal anche a Milano. Stanno effettuando acquisizioni negli uffici dell’azienda, in via Brenta, nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano per distrazione di beni da fallimento.
Oltre all’aggiotaggio informativo, ossia alle false comunicazioni al mercato, nell’inchiesta milanese sull’addio di ArcelorMittal all’Ilva i pm contestano il reato di distrazione di beni del fallimento. Gli inquirenti anche oggi stanno sentendo alcuni testimoni nell’indagine e sono previste anche acquisizioni di documenti da parte degli investigatori. Allo stato il fascicolo con ipotesi di reato è a carico di ignoti.
Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, nel fascicolo aperto nei giorni scorsi, contestano presunte false comunicazioni al mercato, ossia l’aggiotaggio informativo, e anche il reato previsto dall’articolo 232 della legge fallimentare, ossia la distrazione di beni e risorse senza il concorso del fallito e dopo un fallimento, quello in questo caso che ha riguardato l’Ilva negli anni scorsi.
Le legge, infatti, punisce “con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito”.
In sostanza, gli inquirenti puntano a verificare se dirigenti e manager del gruppo con le loro condotte abbiano sottratto e distratto beni e risorse dall’Ilva fallita, dopo che hanno iniziato a gestirla col contratto d’affitto, contratto da cui hanno chiesto di recedere dando anche l’avvio alla causa civile.
Oltraggio informativo
La contestazione di aggiotaggio informativo, invece, si concentra su alcuni comunicati stampa diffusi da ArcelorMittal e che avrebbe avuto effetti sul mercato, effetti in questo caso sui mercati esteri dove la capogruppo dell’azienda franco indiana è quotata. Intanto, nell’ufficio del pm Civardi gli inquirenti stanno ascoltando persone informate sui fatti, proseguendo l’attività già iniziata ieri con l’ascolto di dirigenti dell’amministrazione straordinaria dell’ex Ilva. Nelle indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, nelle prossime ore potrebbero esserci anche acquisizioni di documenti utili alle indagini.
Le verifiche degli inquirenti riguardano anche le comunicazioni date dall’azienda a partire dallo scorso 4 novembre e l’impatto che possono aver avuto sull’andamento del mercato internazionale dell’acciaio.
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