Dopo cinque anni, 300 udienze e una camera di consiglio di oltre dieci giorni, arriva la sentenza di primo grado sul processo “Ambiente svenduto” sull’ex Ilva con condanne a tre anni e mezzo per Nichi Vendola, a 22 anni per Fabio Riva e a 20 anni per Nicola Riva. Gli ex proprietari e amministratori dello stabilimento di Taranto, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel procedimento sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
L’accusa
Il pm Mariano Buccoliero aveva chiesto 35 condanne. In particolare aveva chiesto 28 anni di reclusione per Fabio Riva, ex amministratore e proprietario Ilva; 28 anni chiesti anche per Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto, e per Girolamo Archinà, consulente dei Riva incaricato di relazioni istituzionali. Per Nicola Riva, fratello di Fabio, la richiesta era di 25 anni. Inoltre sono stati chiesti anche 20 anni di reclusione per Adolfo Buffo, ex direttore del siderurgico di Taranto. Per l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, sono stati chiesti 5 anni. In totale le richieste rappresentavano, nel complesso, condanne per 400 anni.
Vendola: “Mi ribello a giustizia che calpesta la verità”
L’ex governatore della Regione Puglia Nichi Vendola dopo la sentenza ha risposto in una nota: “Mi ribello a una giustizia che calpesta la verità. Una sentenza che colpisce chi non ha mai preso un soldo dai Riva, che ha scoperchiato la fabbrica, che ha imposto leggi contro i veleni. Ho taciuto per 10 anni, difendendomi nelle aule di giustizia. Ora non starò più zitto”. “La condanna per me e Assennato una vergogna – ha continuato Vendola – non fummo complici dei Riva, ma coloro che ruppero lunghi silenzi e una diffusa complicità. Combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità – scrive ancora l’ex governatore pugliese – Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata.”
Le altre condanne
Oltre ai fratelli Riva e a Nichi Vendola, è stato condannato a 3 anni anche presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido con l’accusa di aver fatto pressione sui dirigenti della sua amministrazione perché concedessero l’autorizzazione all’Ilva per l’utilizzo della discarica interna alla fabbrica. Stessa pena per per l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva. L’ex consulente della procura Lorenzo Liberti, imputato con l’accusa di aver accettato una tangente di 10mila euro per “ammorbidire” una perizia sul siderurgico, ha ricevuto una pena di 15 anni. Condannato a 2 anni per favoreggiamento anche l’ex direttore di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, che aveva annunciato durante il dibattimento di voler rinunciare alla prescrizione e per il quale la procura aveva chiesto 1 anno.
Gli assolti
Sono invece stati assolti l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, parlamentare di Sel, e l’attuale assessore regionale pugliese all’Agricoltura Donato Pentassuglia. L’accusa aveva chiesto 17 anni di reclusione, la Corte di assise del tribunale di Taranto, nella lunga sentenza ancora in fase di lettura, ha però assolto anche Bruno Ferrante, ex prefetto di Milano che ha ricoperto per poche settimane l’incarico di presidente del consiglio di amministrazione dell’Ilva nel 2012.
Ambiente svenduto
Il processo di Taranto è ripartito nel 2016, dopo che la prima fase è stata annullata alla fine del 2015 per errori nei verbali dell’udienza preliminare. Il primo processo si era aperto dopo il sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico di Taranto, con gli arresti avvenuti a partire dal luglio del 2012.
Molti soggetti si sono costituiti come parte civile, avanzando una richiesta di risarcimento da circa 30 miliardi. Il processo “Ambiente svenduto” è incentrato sui reati di associazioni a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. In totale gli imputati sono 47, di cui 44 soggetti e tre società: Ilva in amministrazione straordinaria, Riva Forni elettrici ed ex Riva Fire.
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