Estate 2020: come cambiano le regole per il bagno al mare e in piscina
Mentre sta per chiudersi il secondo mese di quarantena e con l’avvicinarsi del 4 maggio – data fissata per l’inizio della fase 2 – il desiderio di rivedere il mare e provare l’emozione di un bel tuffo in acqua si fa sempre più forte. Ma cosa dicono gli esperti? Riusciremo a fare il bagno al mare senza il pericolo di contrarre il Coronavirus? Ad alcune di queste domande sta cercando di rispondere l’Istituto Superiore di Sanità che, di concerto con il il ministero della Salute e la Società Nazionale di Salvamento, stanno studiando un piano ragionato su come poter aprire le attività balneari con regole che verranno poi dettate dal governo.
Alfredo Rossi, medico e direttore sanitario della Società Nazionale di Salvamento, ha spiegato al Corriere quali sono le concentrazioni del virus in acqua: “Il virus è presente a livello critico solo nelle aree marine adiacenti allo sversamento e nelle acque reflue di scarichi organici a causa della trasmissione fecale, proprio come succede per altri virus e batteri. Questo vuol dire che si può fare il bagno in tranquillità, ma attenzione a evitare queste zone ‘pericolose’ in genere ben visibili e segnalate”. È l’uomo che porta il virus in mare, che di per sé non è contaminato. Se c’è bassa concentrazione come appunto in mare, le capacità infettanti sono estremamente ridotte.
Quali sono dunque gli accorgimenti che dobbiamo prendere per stare tranquilli? “In acqua la trasmissione virale da un individuo portatore a uno sano non avviene attraverso l’acqua stessa – precisa Alfredo Rossi – ma attraverso l’aria espirata e il contatto umano qualora i due nuotatori si trovassero troppo vicini. Una persona infetta infatti può rilasciare il virus nella fase espiratoria mentre nuota. Ma è molto probabile che il virus non sopravviva perché la carica virale si disperde velocemente grazie anche all’azione delle correnti, dei raggi ultravioletti e grazie alla salinità dell’acqua che crea per il virus un ambiente sfavorevole. Il mare ha un potere auto depurante enorme”. In acqua, così come per strada e in montagna o in qualunque altro luogo, sarà importante mantenere le distanze di sicurezza.
Divertirsi ma lontani. Il distanziamento sociale non andrà in vacanza, perché resta il pericolo di contagiarsi tramite droplet (le goccioline di respiro che emettiamo quando ci scappa uno starnuto, un colpo di tosse o semplicemente parliamo). La soluzione è mettere uno spazio tra noi e il nostro compagno di tuffi. Serviranno le mascherine? Alcuni degli esperti, intervistati in questi giorni, dicono di no. Uno è Massimo Ciccozzi, responsabile della unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-Medico di Roma interpellato dall’Adnkronos: la sua soluzione è niente protezioni per il viso, ma distanziamento di almeno due metri e mezzo, in spiaggia e anche in acqua.
Ci sono varie idee in campo per impedire che le spiagge e altri luoghi ad alta frequentazione estiva, come le piscine, siano presi d’assalto. In un articolo del Corriere della Sera si parla di “contingentare gli ingressi, aumentare l’offerta, prolungare gli orari del servizio, cambiare abitudini e modalità di utilizzo”. In pratica, un po’ le stesse soluzioni che si stanno pensando per i trasporti pubblici. Se si pensa a ingressi contingentati, va da se che andranno rimodulati gli orari di apertura ad esempio delle piscine.
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