Oggi sono circa 400 gli indici ESG (Environmental, Social, Governance) riconosciuti. Una rotta di obblighi e obiettivi tutt’altro che chiara per le imprese che intendono avviare una strategia di impegno nella sostenibilità efficace e in linea con i parametri SDGs definiti dalle Nazioni Unite. Le azioni però non mancano. Il 64% delle medie grandi imprese che operano in Italia sta tenendo in considerazione gli obiettivi di sviluppo sostenibile nelle proprie strategie di bilancio. A dirlo sono gli ultimi dati diffusi all’interno della ricerca Corporate Giving in Italy di Dynamo Academy e SDA Bocconi Sustainability Lab. Lo studio – che ogni anno analizza i livelli di investimento filantropico di oltre 100 aziende di medie e grandi dimensioni – fotografa la crescita di interesse rispetto agli obiettivi di sostenibilità in vista dell’entrata in vigore degli obblighi europei di rendicontazione previsti dalla Direttiva Europea Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD).
La Direttiva – in vigore dal 2024, ma con riferimento ai bilanci del 2023 – introdurrà standard comuni e omogenei per la rendicontazione dell’impatto sociale delle aziende secondo i criteri ESG, focalizzandosi sul rafforzamento delle pari opportunità, degli strumenti di formazione, delle competenze e, tema particolarmente caro a Dynamo Academy, dell’inclusione delle persone con disabilità. Scenari di investimento che stanno attirando sempre di più le attenzioni di manager e CEO, mentre anche l’aspetto ‘Social’ – la “S” dei parametri ESG – avanza nella classifica delle voci di bilancio di cui le aziende devono tener maggiormente conto. Crescono del 3% le imprese in cui le funzioni con in carico i temi della sostenibilità rispondono direttamente ai vertici aziendali: il 42% del totale (Anno fiscale: 2020). Mentre resta un processo non ancora avviato in molte realtà (circa il 19%) la misurazione dell’efficacia del proprio impegno. Proprio la rendicontazione rischia di rivelarsi per molti la sfida principale a cui affacciarsi senza una semplificazione dei parametri a cui adeguarsi.
Per le aziende diventa così prioritario definire piani di sviluppo che diano vita a interventi innanzitutto concreti e, poi, rendicontabili. Gli esempi virtuosi, anche dall’estero, non mancano. Le testimonianze portate alla Conferenza Business for the Common Good organizzata a fine giugno da Dynamo Academy e dal network americano CECP a Limestre lo dimostrano. Basti pensare a Ilunion, società spagnola attiva nell’ambito dei servizi e del turismo, con un fatturato che sfiora il miliardo e il cui personale (oltre 37.000 persone) è per il 40% composto da persone con disabilità. O al fornitore globale Imperial e al suo supporto alle cliniche Unjani in Africa che promuovono la creazione di presidi sanitari e comunità sostenibili centrate sull’empowerment femminile. In Italia Autostrade ha avviato Ability Garden, un progetto per favorire la formazione e un’occupazione in linea con le proprie competenze dei giovani con disabilità. Reale Group in appena 4 mesi ha creato un hub vaccinale che ha consentito di vaccinare 14.5000 persone. Casi concreti di quella rivoluzione sostenibile che da tempo aspettavamo e a cui sempre più aziende, anche in Italia, intendono contribuire.
Serena Porcari
CEO Dynamo Academy