Dobbiamo aspettarci altre pandemie, non solo virus, ma anche batteri e altri parassiti. I fattori di rischio sono molti: dall’uso degli antibiotici, ai rischi degli allevamenti intensivi, fino all’iper-connessione. Di questo, della gestione e distribuzione del vaccino, e del “nuovo” Covid-19, nelle sue più recenti mutazioni parla a TPI Enrico Bucci, Adjunct Professor presso la Temple University di Philadelphia, dottore di ricerca in biochimica e biologia molecolare.
Prof. Bucci, cosa intendiamo quando ci riferiamo ad una nuova “variazione” del virus Covid-19?
Si tratta di un gruppo di virus che presentano 17 mutazioni in comune tra di loro, quindi un ramo dell’evoluzione del virus che per la prima volta è stato descritto in Inghilterra e c’è una ragione.
Come mai proprio in Inghilterra?
È naturale che le mutazioni siano state descritte per prime in Inghilterra perché l’Inghilterra da sola fa più del 45% dei sequenziamenti di tutto il mondo: il processo che serve a trovare le mutazioni.
Si tratta di un fenomeno atteso?
È assolutamente un fenomeno atteso, ce ne saranno molti altri. Sappiamo che c’è una variante particolare che si è espansa in Repubblica Ceca, altre che sono venute prima di queste, e ci sono anche delle famiglie di SARS COVID-19 che si sono estinte.
L’Italia le sembra pronta a ricevere e distribuire il vaccino?
Sulla carta l’Italia ha preparato in tutta fretta un piano di consegna ai centri di vaccino, per fortuna altri paesi si erano portati avanti, ed è stata preso spunto da loro. Restano molto perplessità su come questo piano funzionerà, visto quello che è successo con l’ultima campagna del vaccino antinfluenzale. La vaccinazione per il Covid-19 ha ulteriori complessità: per logistica e tempistica di conservazione. Il problema è quindi quello che succederà sul territorio, la formazione dei medici e dei vaccinatori fino ad oggi risulta scarsa, non si è ancora preparati e certamente all’inizio ci troveremo a vivere delle difficoltà e dei malfunzionamenti molto forti. Non è una cosa che si può preparare in così breve tempo.
Alcuni Paesi hanno iniziato prima e sembrano in condizioni migliori. È così?
Se uno guarda gli altri paesi vede organizzazioni che sono partite mesi e mesi fa, molto prima che il vaccino arrivasse alla fase finale di sperimentazione. Negli Stati Uniti c’è un Generale che è stato incaricato da tantissimo tempo di organizzare e gestire il processo di distribuzione fino alla vaccinazione. Noi abbiamo iniziato dopo il 2 dicembre.
Cosa vedremo nei primi mesi del 2021?
Nei primi mesi del 2021 vedremo ancora circolare il virus, è probabile che se anche non ci sarà proprio una terza ondata, ci sarà un numero sostenuto di contagi, ancora per qualche mese. Dovremmo affrontare il fatto che il sistema sanitario in alcuni luoghi è parzialmente o del tutto ingolfato. E quindi bisogna organizzare la vaccinazione su percorsi completamente separati da quelli usuali.
Dobbiamo aspettarci altre pandemie come quella che stiamo vivendo oggi, nel futuro?
Certamente, e non solo virali. Ci dobbiamo aspettare altre ondate di virus, protozoi o altri parassiti, in tutto il mondo, in un tempo che non sappiamo quale possa essere. Se consideriamo che oltre infettare noi, 7 miliardi di esseri umani, virus come questo sono in grado di infettare anche animali d’allevamento e nel mondo ci sono molti allevamenti intensivi. Il mondo in cui viviamo è inoltre super connesso, è predisposto, ed è causa di questa pandemia.
Le innovazioni tecnologiche nel food tech, come ad esempio la coltivazione delle cellule animali per la creazione della carne artificiale, potrebbero ridurre fenomeni di contaminazione?
La prossima pandemia potrebbe essere un’influenza aviaria, suina, una qualunque malattia di uno qualunque degli allevamenti che abbiamo nel mondo e quindi certamente, in un futuro remoto, se ci abitueremo a mangiare la carne artificiale, avremo eliminato un grosso fattore di rischio. Non tutto ma una parte.
Si parla spesso dei rischi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici, è un scenario che dobbiamo aspettarci per il futuro?
Questo sta già succedendo, le infezioni ospedaliere ormai sono quasi tutti infezioni di batteri resistenti anche a molti tipi di antibiotico. Anche in questa condizione possiamo aspettarci una pandemia di difficile trattazione. C’è da dire che le tecnologie che stiamo sviluppando contro il Covid-19, in parte possono essere adattate per avere informazioni rapide su questi batteri tramite la lettura del loro DNA e possibilmente a sviluppare vaccini maniera rapida anche contro questi batteri. La tecnologia che stiamo sviluppando adesso non è limitata all’uso dei virus.