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    L’editore de L’Espresso nega la tutela legale all’ex direttore Lirio Abbate, querelato dal ministro Crosetto

    Il giornalista Lirio Abbate. Credit: AGF
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 25 Giu. 2024 alle 10:41

    Il nuovo editore del settimanale L’Espresso, il petroliere Donato Ammaturo, proprietario del giornale da dicembre 2023, non garantirà assistenza legale e manleva all’ex direttore Lirio Abbate, citato in giudizio per diffamazione a mezzo stampa dal ministro della Difesa Guido Crosetto.

    Lo riferisce lo stesso Abbate al quotidiano per il quale scrive adesso, La Repubblica: “Non hanno avuto il coraggio di dirmelo”, racconta, “hanno semplicemente ignorato le mie richieste di assistenza”.

    Secondo la Federazione Nazional della Stampa, la Fnsi, si “cerca di imbrigliare ancora di più il diritto di cronaca e di punire i giornalisti non allineati”. L’editore, dal canto suo, si difende sostenendo di non essere tenuto a garantire alcunché nei confronti di un direttore che era in carica prima che il giornale cambiasse proprietà.

    Abbate è stato querelato dal ministro Crosetto per un articolo risalente al 2022 in cui si rivelavano le attività professionali dell’esponente di Fratelli d’Italia nel settore dell’industria bellica, la stessa con cui ora ha rapporti nella sua funzione di ministro della Difesa.

    L’articolo era firmato dal giornalista Carlo Tecce, che scrive ancora per L’Espresso e che godrà quindi della protezione legale da parte della proprietà del settimanale. In gergo tecnico si parla di manleva, un accordo in base al quale un soggetto è esonerato dalla responsabilità per uno specifico fatto, responsabilità che viene assunta da un altro soggetto che fa da garante.

    Abbate è stato citato in giudizio in qualità di direttore responsabile al momento della pubblicazione del servizio, ma a differenza del collega non avrà lo “scudo” del giornale e dovrà affrontare il processo a proprie spese.

    Secondo l’ex direttore, la decisione di non tutelarlo assunta da parte del nuovo proprietario è “un chiaro segnale verso l’attuale e i futuri direttori che vorranno pubblicare un’inchiesta su Fratelli d’Italia”.

    Per il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani, “se qualcuno aveva dubbi sui reali motivi del cambio imposto alla guida de L’Espresso, ora tutto inizia a diventare più chiaro”.

    “Se tutti gli editori facessero come Ammaturo, non ci sarebbe più neppure un direttore a dormire sonni tranquilli”, osserva la segretaria generale del sindacato, Alessandra Costante.

    In un comunicato, l’editore de L’Espresso fa sapere “di non avere mai avuto il piacere di conoscere l’ex direttore Abbate che risulta essere un ottimo professionista e persona di stimata reputazione e standing”. Nella nota si sottolinea “che la vicenda oggetto di commento risale ad epoca antecedente all’attuale gestione”.

    Ammaturo fa poi riferimento a una causa promossa da Abbate nei confronti della vecchia gestione del settimanale, giustificando la mancata assistenza legale con il fatto che “il procedimento attualmente in corso, lo rende giuridicamente parte processuale in contraddittorio giudiziale”.

    “Carlo Tecce, giornalista attualmente in forza all’Espresso – prosegue il comunicato – sta usufruendo della manleva e del supporto legale per lo stesso procedimento proprio in ossequio al sacrosanto principio di solidarietà tra Editore e giornalisti nel caso in cui il diritto di informazione fosse minato da azioni legali”.

    L’Espresso – conclude l’editore – conferma che proseguirà nella sua linea di informazione di inchiesta e di denuncia, senza parzialità con un approccio bipartisan di sentinella di una informazione corretta ed indipendente”.

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