È in atto uno spettacolare (e interessato) linciaggio mediatico, che si celebra nei confronti dell’ex supercommissario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, sul caso delle presunte mascherine “fuori norma” acquistate durante la pandemia.
Si affollano presunti scoop giornalistici e (in sua assenza) implacabili processi tv. Tuttavia, gli autoproclamati pubblici ministeri che hanno già emesso la loro sentenza di colpevolezza fanno finta di ignorare due dati che curiosamente non vengono mai ricordati.
Il primo: le mascherine di cui si parla erano circa 800 milioni (reperite per giunta in condizioni proibitive) ed erano state tutte regolarmente validate dal Comitato tecnico scientifico, superando anche il vaglio dell’Agenzia delle dogane.
Ed ecco il secondo punto: si continua a parlare del famoso giornalista-faccendiere Mario Benotti e dei suoi traffici con le commesse, ma non di tutti i politici che continuavano a bussare alla porta di Arcuri per provare a indirizzare (o peggio suggerire) acquisti di partite di mascherine procurate da loro referenti…