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    Disastro di Rigopiano, la sentenza della Corte di Cassazione: condanna definitiva per l’ex prefetto di Pescara

    Credit: AGF
    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 3 Dic. 2024 alle 18:55 Aggiornato il 3 Dic. 2024 alle 19:11

    Disastro di Rigopiano: la sentenza della Corte di Cassazione

    Condanna definitiva per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e appello-bis per sei dirigenti della Regione Abruzzo e per l’ex sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Questo il verdetto della sesta sezione della Corte di Cassazione per il processo sulla tragedia dell’hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara, travolto e distrutto il 18 gennaio 2017 da una valanga che provocò la morte di 29 persone.

    La sentenza è stata emanata nel tardo pomeriggio di oggi, martedì 3 dicembre 2024. Il verdetto era atteso per lo scorso 28 novembre, ma i giudici di Cassazione avevano rimandata il loro pronunciamento a oggi alla luce della “complessità del processo” e del numero di posizioni da vagliare.

    Rigopiano, la sentenza della Cassazione: chi è stato condannato e chi assolto

    La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per l’allora prefetto di Pescara Francesco Provolo, che diventa così definitiva: un anno e 8 mesi per il reato rifiuto di atti d’ufficio e falso. Respinta invece la richiesta di appello-bis nei suoi confronti per valutare anche le accuse di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio.

    I giudici della Suprema Corte hanno invece disposto che il processo di secondo grado dovrà essere rifatto per i sei dirigenti della Regione Abruzzo, rappresentanti dell’autorità regionale di protezione civile, che erano stati assolti sia in primo sia in secondo grado dall’accusa di disastro colposo e omicidio colposo plurimo.

    Anche il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, condannato in appello a 2 anni e 8 mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso, dovrà essere nuovamente giudicato in un appello-bis.

    Nuovo processo di secondo grado anche per cinque dirigenti della Provincia di Pescara e per un tecnico del Comune di Farindola: per loro però, così come per il sindaco Lacchetta, potrebbe scattare la prescrizione. Confermata invece la condanna a 6 mesi per l’ex gestore dell’hotel Rigopiano Bruno Di Tommaso.

    Disastro di Rigopiano: ricostruzione

    Nel pomeriggio del 18 gennaio 2017 una valanga ha investito l’hotel Rigopiano – Gran Sasso Resort, struttura alberghiera a circa 1.200 metri di altitudine sul versante pescarese del Gran Sasso in località Rigopiano, frazione del Comune di Farindola.

    Quel giorno il bollettino del servizio nazionale di previsione neve e valanghe emesso da Meteomont indicava per quella zona un grado di pericolo pari a 4 su una scala da 1 a 5.

    Già nel mattino un’abbondante nevicata aveva completamente ostruito l’unica via di comunicazione che collega l’albergo con il fondovalle. Al mattino c’era stato anche un terremoto di magnitudo 5.1 (ritenuto poi ininfluente ai fini della slavina). Nel primo pomeriggio gli ospiti dell’hotel, spaventati per la situazione, erano già pronti con le loro valigie ad andarsene, ma la turbina spazzaneve che avrebbe dovuto liberare la strada tardò ad arrivare e le persone rimasero bloccate nella struttura.

    Alle 15.41 una valanga si staccò dal Monte Siella, si insinuò in un canyon e andò a colpire l’hotel Rigopiano a una velocità di circa 100 chilometri orari sfondandone le pareti e spostandola di circa dieci metri verso valle rispetto alla posizione originaria.

    Al momento dell’impatto, nell’area dell’albergo c’erano 40 persone: 28 ospiti, tra cui 4 bambini, e 12 membri del personale.

    A dare il primo alert tramite il loro telefono furono l’operaio manutentore dell’hotel Fabio Salzetta e il cliente Giampiero Parete, che erano riusciti a rifugiarsi all’esterno della struttura. Tuttavia la macchina dei soccorsi, coordinata dalla Prefettura di Pescara, tardò ad attivarsi: si creò confusione con il crollo di una stalla avvenuto lì vicino poche ore prima e con le informazioni rassicuranti arrivate dal direttore dell’hotel Rigopiano, che però in quel momento si trovava in un’altra località ed era all’oscuro di quanto accaduto.

    Solo intorno alle 19.30 gli uomini del Soccorso alpino e della Guardia di Finanza si misero in moto per tentare di raggiungere l’albergo. Ma la neve raggiungeva i 2 metri di altezza e i telefoni non prendevano. Alle 22 la colonna dei mezzi fu costretta a fermarsi quando mancavano ancora 9 chilometri all’hotel.

    A mezzanotte quattro uomini del Soccorso alpino e della Guardia di Finanza decisero di procedere con gli sci con le pelli di foca: dopo quattro ore, arrivarono finalmente all’albergo e salvarono i due superstiti che avevano lanciato l’allarme. Alle 6.30 del mattino arrivarono gli elicotteri per portarli a valle.

    La prima vittima fu estratta alle 9.30. Solo alle 12 la colonna dei mezzi dei soccorsi giunse a poche centinaia di metri dall’albergo. Erano ormai passate venti ore dalla valanga quando i soccorritori, fatto l’ultimo tratto a piedi, raggiunsero il luogo del disastro.

    Le ricerche andarono avanti per una settimana tenendo l’Italia con il fiato sospeso. Il bilancio finale fu di 29 morti e 11 sopravvissuti.

    Dopo la tragedia, la Procura di Pescara aprì un’inchiesta per vari reati fra cui disastro colposo, omicidio colposo, lesioni colpose, falso, depistaggio e abusi edilizi. Nel febbraio 2023 il Tribunale di Pescara ha emanato la sentenza di primo grado: 25 assoluzioni e 5 condanne. Lo scorso febbraio la Corte d’Appello di L’Aquila aveva invece decretato 8 condanne e 22 assoluzioni. In vista della sentenza della Suprema Corte, il sostituto procuratore generale della Cassazione aveva chiesto 26 condanne, per un totale complessivo di 151 anni e mezzo di reclusione, e quattro assoluzioni.

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