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    In Basilicata un’immigrata incinta ha perso la protezione umanitaria. Ecco il “Decreto Sicurezza” (di G. Cavalli)

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 4 Giu. 2019 alle 11:57 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:36

    Decreto Sicurezza – Accade in Basilicata. Lei ha 25 anni, è riuscita a scappare dalla tratta della prostituzione nigeriana, la più terribile, ha una bambina di un anno ed al quinto mese di gravidanza. Si chiama E., come tutti questi che hanno paura anche solo che si pronunci il loro nome di battesimo, come se dovessero scappare all’infinito, nonostante abbiano già sconfitto la Libia, siano già sopravvissuti al mare.

    Vive in una struttura Cas in provincia di Matera, con i suoi figli e i suoi dolori e non si sarebbe mai aspettata di dover leggere il foglio in cui si dice che non è meritevole di protezione umanitaria.

    Sono gli effetti del famoso Decreto Sicurezza del ministro dell’inferno ma soprattutto delle sue circolari che girano tra le Prefetture e che invitano (come quella arrivata alla Prefettura di Matera) alla revoca della misura di accoglienza per tutti i titolari di protezione umanitaria presenti nei Cas. E non avrebbe dovuto essere lì.

    La burocrazia talvolta è una ragnatela che soffoca e del resto il Decreto Sicurezza non dovrebbe nemmeno poter essere retroattivo nonostante le circolari disumane del ministro dell’inferno.

    Il fatto vero è che oggi l’Italia, dalle parti di Matera, lascia in mezzo a una strada una donna incinta e con un figlio tenuto per mano ed è la fotografia più significativa di una politica che non serve a nulla, che non argina nessuna emergenza ma che partorisce emarginati sbattuti là dive sta il percolato dell’umanità.

    E fa niente che una Sentenza di Cassazione (n. 4890 del 23 gennaio 2019) dica che non si possa applicare il decreto alle situazioni in corso prima dell’entrata in vigore (era il 5 ottobre dell’anno scorso).

    I funzionari sparsi per l’Italia si allineano proni alle direttive per via informale di un ministro dell’inferno che sta costruendo le stesse macerie che poi si proporrà di liberare, come previsto.

    Ed è un Paese piccolo piccolo quello che ha bisogno di lasciare una fragile come una derelitta in giro per strada pur di accontentare la bocca sempre affamata di un elettorato che infligge le pene ai disperati sperando così di alleviare le proprie.

    È un Paese che dovrà rispondere a quel bambino e al nascituro, dovrà raccontargli che è andata così perché a forza di cercare un nemico immaginario alla fine ci hanno rimesso lui, suo fratello e sua madre, con tutta la pericolosità che si portano addosso e con tutta quella storia malsana che li ha portati fin qui sperando di avere trovato un approdo e invece scoprendo di essere finiti in un buco di cattivismo che riesce ad essere forte solo con i deboli.

    E poi finisce per essere sempre debole con i forti. Il caso, denunciato dall’associazione “LasciteCIEntrare” è una ferita, l’ennesima, di un Paese che sanguina ma non se ne accorge nemmeno.

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