La storia di Cuoche Combattenti, che crea lavoro per le donne vittime di violenza con un laboratorio culinario
I muffin sono salati e preparati con il pesto di melanzane. Una marmellata è cucinata con le prugne settembrine, l’altra con pere e noci. Le mandorle sono pralinate e il pane è impastato con i grani antichi. A cucinare in una bottega di Palermo è Nicoletta Cosentino. Sulla vetrina del negozio è disegnata una mano che stringe un mattarello. Sotto, una scritta: “Cuoche Combattenti”.
“All’inaugurazione c’è stato il pienone. È stato un momento di condivisione che mi ha commosso”, racconta a TPI Cosentino, chef e madre di due bambini. Cuoche Combattenti nasce da una sua idea, arrivata alla fine di un percorso durato quattro anni nel centro antiviolenza Le Onde. Un progetto di imprenditoria sociale che crea opportunità di lavoro e integrazione per donne che escono da una storia di abusi maschili. Il cibo, e l’atto di cucinare, diventano un gesto di cura per se stesse e le altre.
Il percorso di Nicoletta inizia nel 2015. “Non riuscivo a separarmi da mio marito. C’erano molte resistenze ma grazie alle operatrici del centro ho iniziato a prendere consapevolezza di quello che avevo vissuto, che prima non riuscivo a razionalizzare”, spiega. “La violenza psicologica è nascosta, ed è più difficile da riconoscere, perché quando gli abusi sono vissuti all’interno di una coppia si tende a interpretarli come comportamenti normali”.
Cuoche Combattenti nasce mentre Nicoletta fa uno stage in un’impresa locale. Ai fornelli de I peccatucci di mamma Andrea, inizia a cucinare. “Tornare al lavoro è stato come rinascere. Quando sono uscita, mi sono chiesta: ‘E tutte le altre che continuano a essere abusate?’. Volevo fare qualcosa anche per loro e restituire il sostegno che avevo ricevuto”.
Ogni prodotto preparato da Nicoletta ha un’etichetta contro la violenza: una frase che smonta gli stereotipi sulla donna come vittima e la valorizza come protagonista della sua vita, libera nelle sue decisioni e consapevole delle sue potenzialità.
“Ora nella bottega verranno a lavorare tre ragazze. Una di loro è uscita da un centro antiviolenza e le altre sono due giovani ragazze migranti. Il lavoro è un primo passo per l’autodeterminazione”, spiega Cosentino. Che aggiunge: “All’apertura dell’impresa hanno contribuito economicamente Banca Etica per l’accesso al microcredito e la rete nazionale antiviolenza D.i.r.e.“.
Le conserve sono preparate con prodotti locali a km zero, le ricette sono tradizionali e la vendita è inserita nella rete del consumo critico e solidale in un percorso condiviso con altre realtà di Palermo. “Ho scelto il nome Cuoche Combattenti perché mi sento una combattente”, spiega Cosentino. “Ho lottato per la mia libertà e ora questo progetto vuole lottare per la libertà di tutte”.
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