Sono molte le ombre che avvolgono la morte di Cristina Piraino, che si è tolta la vita all’alba del 2 luglio 2018 gettandosi da una strada a strapiombo sul mare a Gioiosa Marea (Messina) e precipitando per quaranta metri. Cristina aveva un passato di mobbing e persecuzioni che l’avevano indotta a lasciare il lavoro appena un mese prima. La storia della 42enne, che ha lasciato un figlio di 4 anni, è stata raccontata in un servizio di Chi l’ha visto? andato in onda pochi giorni fa da cui emerge che, secondo la famiglia di Cristina, a spingerla al suicidio sarebbe stato qualcuno che la vessava e da cui lei si sentiva intimorita, tanto da aver deciso di licenziarsi e di chiedere aiuto.
La richiesta d’aiuto è testimoniata da una lettera scritta da Cristina e inviata alla Fondazione Doppia Difesa Onlus, creata dall’avvocato Giulia Bongiorno e dalla conduttrice Michelle Hunziker nel 2007 per aiutare le donne vittime di violenza. La lettera è datata 3 giugno 2018, poco meno di un mese prima della morte di Cristina. Un appello disperato, quello rivolto da Cristina Piraino alla fondazione, e che tuttavia non è riuscito a mettere in moto quel meccanismo che avrebbe forse potuto salvarle la vita.
La risposta della Fondazione, infatti, secondo il servizio di Chi l’ha visto?, è arrivata solo dopo la morte di Cristina. Doppia Difesa, contattata da TPI, nega però questa versione, sostenendo che la 42enne sia stata contattata da un loro professionista il giorno stesso dell’arrivo della lettera e che non le sia stato fornito supporto solo perché lei non ha dato seguito alla richiesta. Una versione che – lo vedremo – suscita più di una perplessità.
La lettera di Cristina
“Cara dottoressa Bongiorno, le scrivo dalla Sicilia, mi chiamo Cristina e sono la madre di un bambino di 4 anni. Negli ultimi 5 anni ho affrontato e mi aspetterà l’inferno”. Inizia così la lettera inviata da Cristina Piraino a Doppia Difesa. “Mi hanno distrutto la vita, i sogni e anche le mie speranze. Ho tanta paura per me e per la mia famiglia”, prosegue la lettera. “Le vorrei raccontare tutto di persona, le giuro che non sono una mitomane. Avevo contattato il suo studio 2 anni fa, ma non pensavo che la mia storia sarebbe arrivata a questo punto”.
“Ho provato oggi a chiamare ‘Doppia Difesa’, ma la segretaria dice di inviare una mail”, spiega Cristina, che nella lettera tira in ballo anche alcune persone e fa dei nomi che non sono stati finora resi noti. “La prego, mi aiuti”, è il suo ultimo disperato appello un mese prima di morire.
La versione di Doppia Difesa
“Nel servizio di Chi l’ha visto? sono state trasmesse delle informazioni non corrette per quanto concerne i rapporti intercorsi tra la signora Piraino, la Fondazione Doppia Difesa e l’avvocato”, dice al telefono a TPI una rappresentante della Onlus Doppia Difesa, che non fornisce il suo nome e che chiama da un numero anonimo alcune ore dopo la nostra richiesta di informazioni. “Stiamo già provvedendo in merito a chiedere delle rettifiche”, aggiunge. “Nel giugno 2018, quando la signora ha inviato la lettera allo studio dell’avvocato Bongiorno, lei non era in attività per incompatibilità con l’incarico ministeriale ricevuto, non svolgeva attività di studio”.
Ma non poteva difenderla un altro legale della Onlus? Ovviamente sì. “A prescindere da questo”, risponde la persona al telefono, “il giorno stesso in cui è pervenuta la lettera della signora, la nostra Fondazione l’ha chiamata immediatamente tramite un professionista“. Un avvocato o uno psicologo? “Non le so dire la qualifica del professionista, non ricordo esattamente”. Ma come, non sapete se le chiamate vengono gestite da un legale o da uno psicologo? “Posso dirle che sicuramente è stata chiamata da un professionista della Fondazione. Ha avuto un colloquio telefonico con lei e le è stata offerta immediatamente disponibilità anche ad incontrarla. Poi però la signora non ha dato più alcun seguito”.
Insomma, se Doppia Difesa non ha fornito supporto a Cristina Piraino è perché sarebbe stata lei stessa – dopo quella lettera disperata – a tirarsi indietro. “Se avesse avuto bisogno di qualunque tipo di aiuto noi gliel’avremmo dato”, assicurano, “però la signora ha rimandato ad altri contatti che poi purtroppo non ha più tenuto con noi”. Un comportamento decisamente strano da parte di una donna impaurita e in difficoltà che poche settimane dopo decide addirittura di togliersi la vita.
Ma perché allora Chi l’ha visto? racconta di una risposta arrivata da Doppia Difesa solo dopo la morte di Cristina? “Si tratta di un errore”, assicura la Onlus. “La telefonata c’è stata”. Ma quando chiediamo di vedere il registro o il verbale in cui si dà conto delle telefonate o dei colloqui con le donne che si rivolgono alla Fondazione, la risposta è negativa. “Abbiamo già riferito tutto alla polizia giudiziaria che stava indagando all’epoca. Più di questo non possiamo dire”.
Non sarebbe tuttavia la prima volta in cui Doppia Difesa risponde in ritardo alle richieste di aiuto. Un’inchiesta pubblicata da Selvaggia Lucarelli sul Fatto quotidiano a gennaio 2018 dava conto di diverse testimonianze di donne che avevano provato a contattare l’associazione, tramite il numero di telefono segnalato sul sito o via mail, e non avevano mai ricevuto risposta. E se l’ipotetica e-mail in cui Cristina “dava seguito” alla sua richiesta di aiuto, dopo la telefonata che – secondo la Fondazione – c’è stata sicuramente (ma di cui non abbiamo altri riscontri) fosse una delle tante cadute nel vuoto?
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