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    “Mio padre positivo al Covid, al San Raffaele l’hanno lasciato 3 giorni in pronto soccorso con febbre a 40”

    Credit: ANSA

    Il racconto di G.: "I miei genitori 70enni positivi al Covid completamente abbandonati da Ats Milano"

    Di Selvaggia Lucarelli
    Pubblicato il 29 Ott. 2020 alle 19:25 Aggiornato il 30 Ott. 2020 alle 18:35

    “Mio padre è stato 6 giorni a casa con la polmonite da Covid, siamo stati abbandonati dall’Ats”. G. parla con una rabbia lucida, nonostante gli ultimi 10 giorni abbia vissuto momenti di paura per la salute di entrambi i genitori quasi settantenni. I suoi, infatti, hanno preso il Covid-19 a Milano, mentre lui, figlio unico, si trovava a Roma per lavoro. Il “come” se lo siano presi resta un mistero.
    Davvero non siete riusciti a capire dove possa essere avvenuto il contagio?
    I miei genitori fanno un vita molto tranquilla, spesa, farmacia, banca. Non hanno parenti stretti, non vanno a pranzo o cena fuori, sono giorni che ci chiediamo come sia potuto succedere.

    Prendono mezzi pubblici?
    No. Hanno la macchina, non li utilizzano.
    Nei giorni precedenti l’esordio dei primi sintomi dove erano stati?
    L’unico posto in cui andavano regolarmente e rimanevano un po’ di tempo era Eataly a Milano, a fare la spesa. Ci sono stato anche io in un weekend, c’era dentro una quantità spaventosa di persone, mi era venuta l’ansia.

    Tuo padre aveva patologie pregresse?
    No, non ha mai avuto nulla, nemmeno mia mamma.
    Si è sentito male quando?
    Mercoledì 14 ottobre ha iniziato ad avere la tosse con una strana febbre. Mi è sembrato strano perché lui non ha mai febbre.
    Hanno pensato al Covid?
    No, nel modo più assoluto. Io in quei giorni ero a Roma per lavoro, mi dicevano che era impossibile. Pensavano a un po’ di bronchite. Io invece non so, sarà che sono figlio unico, ho pensato subito al Covid, dal primo minuto. Erano mesi che li torturavo con la mia apprensione, abbiamo litigato tantissimo al telefono perché volevo convincerli che fosse Covid.

    Poi cosa è successo?
    Che il venerdì ha iniziato a star male anche mia mamma, ad avere un po’ di tosse. Escludevano ancora il Covid. Finché nel weekend la situazione è degenerata.
    Cioè?
    La febbre di papà non scendeva, hanno chiamato il medico di base che ha avvisato Ats. Ats ha detto che sarebbero andati loro perché papà poteva essere positivo e dunque non doveva uscire.

    Quindi gli hanno fatto il tampone?
    No. Eravamo già al mercoledì, fino al martedì successivo da Ats nessuno si è palesato. Due anziani in casa con sintomi di Covid abbandonati completamente senza sapere cosa fare per sei giorni, rendiamoci conto.
    Alla fine Ats si è palesata?
    Mai. Io a quel punto, con papà che aveva 39 di febbre, con il medico di base che gli aveva prescritto un antibiotico senza vederlo, chiamo un amico dottore del Sacco che lavora nel reparto Covid. Il martedì all’alba mi dice: ‘Vado io a casa loro perché la febbre così alta non mi piace’. E comunque aveva i sintomi da sei giorni, non pochi.

    Gli ha fatto il tampone?
    Sierologico a entrambi i miei genitori, risultato positivo. Poi tamponi, entrambi positivi. Mio padre la notte prima era svenuto in bagno. A quel punto il medico gli prescrive eparina e cortisonico invitandoli a non andare in pronto soccorso, per evitare di sovraccaricare l’ospedale.
    Va meglio?
    Papà un’ora dopo si sente male, sviene di nuovo, mia mamma chiama il 112 e lo portano in ospedale.
    Dove?
    Al San Raffaele. Resta al pronto soccorso per tre giorni. Lì non abbiamo contatti con nessuno, lui ci scrive un primo messaggio in cui dice che gli avevano fatto tutti gli esami. Aveva una polmonite bilaterale interstiziale, 40 di febbre.

    Perché resta in pronto soccorso per tre giorni?
    Non lo so, c’era molta gente, molto caos secondo il suo racconto. Mio papà, un omone di 85 chili, resta su una brandina, gli mettono il catetere per non farlo andare in bagno. Sta lì con un lenzuolino, chiede che gli venga messo il cappotto addosso per il freddo. Aveva 39,7 di febbre. In seguito ci ha mandato messaggi sconclusionati, la febbre così alta lo confondeva.

    Non riuscivate a parlare con nessuno in ospedale?
    No, ho scritto perfino sui social del San Raffaele, di Zangrillo, ero disperato. Papà diceva che era in uno stanzone con 30/40 persone, mangiava poco.
    Tua mamma?
    Ha una bronchite, Ats continua a non contattarla nonostante sia stata segnalata la sua positività. Io vorrei farle fare una lastra anche privatamente per vedere se ha la polmonite ma come faccio, è positiva, non sappiamo cosa fare.

    Psicologicamente lei come sta?
    A pezzi. Si fa le punture di Eparina sulla pancia da sola. L’ho vista dalla finestra, io non so come faccia ad avere questa forza a 70 anni, non si era mai fatta una puntura in vita sua.
    Poi, dopo tre giorni, tuo padre è stato trasferito in reparto?
    Sì. Ora gli mettono il caschetto qualche ora al giorno. La situazione è stabile, ha sempre la polmonite bilaterale.

    Riesci a parlare con i medici del San Raffaele?
    No. Ho un numero da chiamare a cui non risponde mai nessuno. Da alcuni giorni, dopo mille segnalazioni, c’è una dottoressa che chiama mia mamma ogni due giorni, dicendo solo che papà è stabile e monitorato. Per il resto papà ci manda dei messaggi.
    Che terapia fa?
    Una notte, due sere fa, si è presentato un dottore giovane che gli ha proposto di fare una terapia sperimentale a base di due aspirine. Gli ha spiegato che sono in 8 a fare questa terapia e gli hanno fatto firmare una carta.
    Una terapia sostitutiva o aggiuntiva?
    Bella domanda. Boh. Lui non ha idea. Suppongo aggiuntiva. Continua a prendere il Remdesivir, Eparina e Cortisone, credo. Certo è che potevano avvisarci, proponi una terapia sperimentale a una persona ricoverata con polmonite? In più ho chiesto a tante persone se sapessero qualcosa di questa terapia, tutti rispondono “Mai sentita”.

    Quindi tuo padre è ricoverato da 10 giorni.
    Sì. Stava benissimo prima del Covid, non ha fatto nulla per prenderselo, non era neppure andato in vacanza quest’estate, era rimasto a Milano. Questa è la dimostrazione che il virus circola e anche tanto.
    E soprattutto che Ats Milano è già in crisi.
    Totalmente. Non è accettabile che due persone anziane che stanno male, di cui una con 39 di febbre e tutti i sintomi del Covid, vengano abbandonate a casa senza neppure un tampone. Mi chiedo cosa succederà se la situazione dei contagi dovesse peggiorare, di sicuro quello che sta succedendo ai miei non promette nulla di buono. Ora spero solo che mio padre torni a casa, che mia mamma riesce in qualche modo a fare una lastra ai polmoni e che finisca questo incubo.

    La replica del San Raffaele
    “L’Ospedale San Raffaele precisa che chi accede al Pronto soccorso con sospetto Covid-19 segue un percorso clinico-diagnostico specifico. In attesa di essere trasferiti nei reparti Covid, i pazienti possono permanere da alcune ore a qualche giorno in Pronto Soccorso, secondo codici di gravità clinica. È allestita un’Area di Osservazione e Monitoraggio opportunamente attrezzata e dedicata, che ospita 30 postazioni per supporto respiratorio con apposite misure di separazione tra paziente e paziente.

    In questa Area di Osservazione i pazienti sono monitorati accuratamente, come il padre del signor G.M. che le scrive, che è stato valutato 2-3 volte al giorno durante la permanenza in Pronto Soccorso e ha ricevuto tre consulenze specialistiche documentate nel Verbale di Pronto Soccorso. Poiché Ospedale San Raffaele è un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) implementa protocolli di ricerca che prevedono diversi studi clinici mirati a valutare l’efficacia di differenti terapie potenzialmente utili per Sars-CoV2. I pazienti pertanto possono essere coinvolti in trial clinici specifici, sempre previa lettura e firma di un consenso informato e dopo accurata selezione e valutazione clinica.

    Tale arruolamento in studi clinici è da considerare un’opportunità per i pazienti che prima di altri possono beneficiare di strategie terapeutiche innovative per il trattamento di questa malattia. In questa fase di emergenza i parenti vengono contattati dal personale non appena possibile e quasi quotidianamente per gli aggiornamenti sui pazienti ricoverati”.

    Leggi anche: 1. Genova, aveva chiesto il tampone il 13 ottobre ma la Asl lo chiama solo il 26: ora è ricoverato attaccato al caschetto / 2. Napoli, parla un dipendente del Cardarelli: “Non ci fanno il tampone da due mesi, sarebbe una strage“

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