“Sì, sono davvero preoccupata. Spero di sbagliarmi, ma temo davvero che a breve a Milano si verifichi un nuovo picco di contagi”. Così Anna Carla Pozzi, segretaria milanese di Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) racconta il suo stato d’animo a TPI. “I casi stanno aumentando gradualmente, sebbene la maggior parte di loro presentino sintomi lievi. Ci hanno detto che a breve dovremmo avere a disposizione i tamponi rapidi. Questo ci darebbe un grosso aiuto, in quanto nel giro di un quarto d’ora si ottiene il responso e quindi si può reimmettere il soggetto in società, se negativo, oppure, se positivo, isolarlo e tracciare i suoi contatti”.
Nel complesso scenario della seconda ondata di Covid-19 è sempre la Lombardia a generare le maggiori preoccupazioni e, al suo interno, è appunto Milano a suscitare un allarme particolare. Dei 696 nuovi casi, la provincia milanese ne assomma oltre la metà: 363. Di questi, ben 184 sono stati registrati nel capoluogo, dove l’incremento su base settimanale è più che raddoppiato, schizzando da 966 a 2.086 casi. Allarma anche l’indice Rt, che misura quante persone possono essere contagiate da un soggetto infetto: i dati ATS lo stimano a 1,48, ovvero vicinissimo alla soglia di allerta, fissata dal ministero della Salute a 1,5. Su questo dato, però, va specificato che ATS considera anche gli asintomatici, mentre le indicazioni ministeriali e le statistiche regionali calcolano solamente i sintomatici, con un risultato quindi più basso.
In ogni caso, l’impatto sui ricoveri è fortunatamente ancora lontano dai livelli dello scorso marzo, ma, come ha efficacemente spiegato l’infettivologo Massimo Galli, bisogna anche tenere conto del fatto che allora c’era il lockdown e oggi no. Una differenza non da poco, come dimostrano le inquietanti immagini degli affollamenti nelle ore di punta sui mezzi pubblici, sia quelli gestiti da Atm (Comune) che da Trenord (Regione). L’allarme si percepisce anche in città e un indicatore molto evidente è la scelta del Teatro Alla Scala di sospendere la campagna abbonamenti per la stagione 2020/21, in attesa di conoscere le restrizioni introdotte dal Dpcm. Non capitava dalla Seconda Guerra Mondiale.
Un ulteriore indicatore della paura che serpeggia in città è dato dal numero di chiamate al 118: negli ultimi dieci giorni sono raddoppiate le richieste di intervento per problematiche respiratorie e sintomi infettivi alla centrale che gestisce Milano e Monza-Brianza. Non si possono ancora fare paragoni con i picchi dello scorso marzo, quando le richieste erano di sei volte superiori, ma la crescita della curva è interpretata come un segnale molto negativo da parte degli addetti ai lavori, secondo i quali il picco dei contagi è ancora lontano. Certamente la ripresa della diffusione dell’epidemia si lega alla riapertura delle scuole, come dimostra il fatto che nell’arco di un mese, dal 6 settembre all’8 ottobre, sono risultati positivi 222 bambini nella fascia 0/9 anni, 315 nella 9/19, 576 nella 20/29, 566 nella 30/39, 543 nella 40/49 e numeri in decrescita andando sopra i 50 anni. Un trend opposto rispetto all’inizio della pandemia, quando invece erano i più anziani ad essere maggiormente colpiti.
Per questi ultimi il problema rimane legato soprattutto alle RSA, dove, secondo Sebastiano Capurso, vicepresidente nazionale di Anaste (Associazione Nazionale Strutture Terza Età), “non si sta facendo tutto ciò che è necessario per evitare che tornino ad accendersi focolai”. Ospite di L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus, ha aggiunto: “Nella prima fase della pandemia si sono creati molti focolai nelle RSA perché queste strutture si trovano nelle condizioni di concentrare i fattori di rischio per l’evoluzione di una malattia infettiva tradizionale. Man mano che la pandemia si sviluppava alcune cose si sono fatte, si sono evitati alcuni errori gravi fatti all’inizio, tipo quello di trasferire pazienti infetti nelle RSA come si è verificato in Lombardia. Si sono messe a regime il rifornimento e l’utilizzo delle mascherine. Si è messa a regime la verifica dei materiali che entrano all’interno. Quindi una serie di cose sono state fatte. Ora il governo e le regioni stanno facendo provvedimenti per locali, bar, scuole, rileviamo però che manca un provvedimento specifico per le RSA, che poi sono il fulcro della difesa, visto che lì ci sono i soggetti che più rischiano di morire a causa del Covid-19. Per quanto riguarda il personale, si è visto che distanziamento e mascherine hanno un effetto limitato. Se la pandemia si diffonde sul territorio è inevitabile che il virus entri anche all’interno delle RSA. La soluzione parziale potrebbe essere di fare tamponi periodici al personale, individuando subito eventuali portatori del virus”.
La necessità di fare “più tamponi, da più parti e in maniera più ampia” è stata ribadita anche da Massimo Galli, che a Sky Tg24 ha aggiunto: “Milano è già abbastanza sotto pressione, rispetto ad altre aree che sono state più colpite all’inizio dell’epidemia e ora lo sono meno. La situazione non è quella di marzo, né quella di aprile, ma è allarmante. Speriamo di non tornarci, ma per farlo bisogna prendere atto di una situazione su cui bisogna intervenire: l’ultima settimana è indicativa di qualcosa che non va come vorremmo. E ancor di più gli ultimi giorni”.
Secondo Anna Carla Pozzi, Milano dovrebbe correre ai ripari con due tipologie di azioni: riprendere un’azione di sensibilizzazione della popolazione sul distanziamento sociale (“Ormai molti ignorano le misure di sicurezza e si presentano in ambulatorio senza appuntamento”) e fare il maggior numero possibile di vaccinazioni antinfluenzali, per favorire la diagnosi differenziale. Su questo, come TPI ha ampiamente documentato, la Lombardia è piuttosto in difficoltà e, proprio sulla base di “fonti aperte” come gli articoli di giornale e i bandi pubblici, in Procura della Repubblica si stanno verificando le gare della Regione sulle quali lo scorso venerdì è stata aperta un’inchiesta.
“A oggi nessun medico ha i vaccini a disposizione – spiega la Dott.sa Pozzi – Da Ats Milano ci hanno detto che le prime dosi arriveranno martedì 20 ottobre. Si comincerà con i pazienti fragili Under 65, per poi passare agli Over 65 (fragili o meno) e solo in seguito vaccineremo la fascia tra i 60 e i 65 anni, ma non so proprio dire quando”. Vista la situazione, alcune amministrazioni comunali stanno cercando di attrezzarsi: “Io ho lo studio a Pioltello (Mi)”, continua Pozzi. “In collaborazione con il Comune e con una cooperativa di medici di famiglia, stiamo allestendo luoghi di vaccinazione in spazi più grandi dei nostri studi, che nella maggior parte dei casi non sono adatti. Questo perché dopo la vaccinazione bisogna trattenere il paziente in osservazione per 10/15 minuti e negli studi di piccole dimensioni questo crea un affollamento pericoloso. Stiamo quindi lavorando a questo progetto pilota, per riuscire a vaccinare tutti in sicurezza”.
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