Il Covid torna a mordere. La risalita dei contagi è evidente, con il picco previsto in corrispondenza del Natale. Nell’ultimo mese i nuovi casi sono più che raddoppiati. E sono notevolmente cresciuti anche i ricoveri. Una tendenza confermata dall’ultimo bollettino del ministero della Salute, relativo alla settimana 30 novembre-6 dicembre. I nuovi positivi sono 59.498, con una variazione di +14 per cento rispetto alla settimana precedente, e 307 morti (+5,5 per cento). Sono stati effettuati 284.806 tamponi (+2,5 per cento) e il tasso di positività è al 20,9 per cento, con un +2,1 per cento. Aumentano anche i ricoveri Covid: il tasso di occupazione in area medica relativo al 6 dicembre è pari al 10,7 per cento (6.668 persone), mentre quello in terapia intensiva è al 2,5 per cento (219 ricoverati).
Insomma, dopo un ottobre stabile, il Coronavirus torna a galoppare, complice anche il freddo e una campagna vaccinale praticamente ferma. Ma non solo. «Rispetto all’effettiva circolazione virale – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – il numero dei contagi è largamente sottostimato perché il sistema di monitoraggio, dopo l’abrogazione dell’obbligo di isolamento per i soggetti positivi, poggia in larga misura su base volontaria». I casi, dunque, sono molti di più. «Da un lato la prescrizione di tamponi nelle persone con sintomi respiratori è ormai residuale, dall’altro con l’utilizzo diffuso dei test antigenici fai-da-te la positività viene comunicata ai servizi epidemiologici solo occasionalmente», aggiunge Cartabellotta.
Tutti i numeri
Un’approfondita analisi della situazione viene fornita dall’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe, che prende in esame i dati al 29 novembre. Per quanto riguarda la diffusione del virus nelle varie fasce d’età, l’incidenza aumenta progressivamente con le decadi: da 16 casi per 100mila abitanti nella fascia 10-19 anni a 177 nella fascia 80-89 anni, fino a 221 per 100mila abitanti negli over 90. «Una distribuzione – spiega il presidente di Gimbe – che riflette la maggiore attitudine al testing con l’aumentare dell’età, confermando la sottostima della circolazione virale».
Tutte le varianti circolanti appartengono alla “famiglia” Omicron. La più diffusa in Italia, secondo l’ultima indagine rapida dell’Istituto Superiore di Sanità, è la cosiddetta Eris (52,1 per cento), mentre è in aumento (dall’1,3 per cento al 10,8 per cento) la variante Pirola. «Eris e Pirola hanno una moderata capacità evasiva alla risposta immunitaria, da vaccinazione o infezione naturale, che ne favorisce la rapida diffusione. Per nessuna delle due varianti ci sono evidenze sul maggior rischio di malattia grave», sottolinea Cartabellotta.
Salgono anche i ricoveri in ospedale, ma la situazione non desta per fortuna particolari allarmismi o criticità. Nel mese di novembre i posti letto occupati da pazienti Covid sono aumentati in area medica da 3.632 a 5.741 (+58,1 per cento) e in terapia intensiva da 99 a 170 (+71,7 per cento). «Se in terapia intensiva i numeri sono esigui, dimostrando che oggi l’infezione solo raramente determina quadri severi, l’incremento dei posti letto occupati in area medica conferma che nelle persone anziane, fragili e con patologie multiple può aggravare lo stato di salute, richiedendo ospedalizzazione e/o peggiorando la prognosi delle malattie concomitanti», spiega il presidente Gimbe. Anche per quanto riguarda il tasso di ospedalizzazione in area medica, si assiste a una crescita con l’aumentare dell’età, arrivando a 271 per milione di abitanti nella fascia 80-89 anni e a 421 negli over 90.
C’è poi il capitolo dei decessi, che a novembre sono raddoppiati: da 148 (26 ottobre-1 novembre) a 291 (23-29 novembre), fino come detto ai 307 segnalati al 6 dicembre. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i decessi risultano quasi esclusivamente a carico degli over 80.
L’antidoto
Fin qui i numeri. L’antidoto per arginare la corsa del virus resta sempre uno: il vaccino. Eppure la campagna vaccinale arranca. Secondo l’ultimo aggiornamento ufficiale, il tasso di copertura nazionale per gli over 60 è del 4,9 per cento; quello degli over 80, la fascia di età più suscettibile a ricoveri e decessi, del 7,4 per cento. «Nonostante le raccomandazioni del ministero della Salute, i tassi di copertura negli over 60, e in particolare negli over 80, rimangono molto bassi a livello nazionale e prossimi allo zero in quasi tutte le Regioni del Sud», puntualizza Cartabellotta. «Con un numero di somministrazioni che, invece di aumentare, si riduce. Purtroppo, al fenomeno della “stanchezza vaccinale” e alla continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di medicina generale, mancata attivazione della chiamata attiva dei pazienti a rischio, difficoltà tecniche dei portali online di prenotazione».
Ciò si traduce nel fatto che un numero sempre più elevato di anziani e fragili non ha una sufficiente copertura immunitaria, con il conseguente aumento di ricoveri e decessi. Ma a chi è fortemente consigliato sottoporsi alla vaccinazione? Il richiamo annuale è raccomandato per gli over 60, per gli ospiti di Rsa e strutture per lungodegenti, donne in gravidanza e nel periodo post-partum, operatori sanitari e sociosanitari, persone fragili anche giovani.
«La Fondazione Gimbe invita le Istituzioni a potenziare rapidamente la campagna vaccinale per anziani e fragili, oltre a rimettere in campo, ove necessario, misure di contrasto alla diffusione del virus – conclude Cartabellotta -. Alla popolazione rivolge l’invito a mantenere comportamenti responsabili: perché nei prossimi mesi il rischio è compromettere la tenuta del Servizio sanitario nazionale, già indebolito, in particolare per la grave carenza di personale sanitario».
Una situazione che preoccupa anche in vista delle imminenti festività. «Per Natale ci sarà una circolazione contemporanea dell’influenza, che arriverà al picco, e del Covid che continuerà a circolare parecchio. Ma non dobbiamo neanche pensare ad un ritorno delle restrizioni come nel 2020. Oggi l’identikit del paziente che arriva in ospedale purtroppo è l’80-90enne che non ha mai fatto la dose di richiamo nel 2022 e nel 2023», è l’opinione di Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova. «La cosa più importante non è parlare di Ffp2 o chiusure, ma convincere le persone anziane a vaccinarsi. Oggi abbiamo fatto il vaccino anti-Covid ad un over 80 su 6 mentre dovremmo arrivare al 50 per cento», afferma ad AdnKronos.
A Natale, quando si è soliti riunirsi con parenti e amici in luoghi affollati e al chiuso, è consigliabile un po’ di prudenza in più, per proteggere soprattutto anziani e fragili.
«Per evitare i contagi, meglio evitare gli auguri con baci e abbracci, abitudine diffusa tra gli italiani soprattutto al Sud. Mantenere un po’ di distanza fisica, in questi casi, non è segnale di un minore affetto ma un gesto di attenzione verso sé stessi e agli altri», sottolinea Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri, secondo cui «nei locali molto affollati, l’uso della mascherina non è una cattiva idea».
La risposta di Palazzo Chigi
E in tutto questo il governo come risponde? Fino a qualche giorno fa la politica sembrava dare poca importanza al tema. L’impennata dei contagi ha fatto scattare qualche campanello d’allarme. «Molti esponenti di questo governo hanno preso posizioni estremamente critiche contro i vaccini e contro qualsiasi altra misura di controllo e monitoraggio del Covid. Il risultato è che non si è vaccinato nessuno e non è stata introdotta nessuna misura di sanità pubblica», l’accusa del senatore del Pd e microbiologo Andrea Crisanti in un’intervista a Fanpage.
I numeri per fortuna sono ben lontani da quelli del periodo più buio della pandemia, ma le vaccinazioni sono ferme al palo, specie nelle Regioni del Sud e nel Lazio. Solo il 7 per cento degli ultrasettantenni è stato vaccinato contro il Covid e, tra i malati fragili, le percentuali sono ancora più basse. Serve quindi una svolta per salvaguardare le fasce più deboli della popolazione.
«Le Regioni – annuncia Francesco Vaia, direttore generale Prevenzione sanitaria del ministero della Salute – stanno organizzando in tutta Italia Open day e altre misure organizzative per facilitare l’accesso dei cittadini alla vaccinazione anti-Covid, senza alcuna prenotazione. Questa sinergia ministero-Regioni è la strada virtuosa per proteggere i fragili, che in questa fase sono le persone che maggiormente rischiano di sviluppare forme gravi della malattia».
L’idea di Palazzo Chigi è dunque quella di organizzare Open day nazionali, per provare a imprimere un’accelerazione a una campagna vaccinale che per ora procede assai a rilento. Centri aperti anche nel fine settimana per somministrare il vaccino anti-Covid a chi lo desidera, senza prenotazione.
Il governo punta soprattutto alla vaccinazione di prossimità. Ovvero, rendere più semplice vaccinarsi dal proprio medico di famiglia o persino in farmacia. C’è da dire che ad oggi in molti casi è complicato far arrivare i vaccini ai medici di base, che poi devono anche gestire la divisione in dosi. «Si potrebbe tornare all’organizzazione di prima, quando erano le aziende sanitarie a frazionarli e portarli negli studi medici», è la proposta di Vaia. Ricordiamo inoltre che nella stessa seduta è possibile la co-somministrazione del vaccino anti-Covid, che è stato adattato alle nuove varianti del virus, con altri vaccini come quello antinfluenzale.
Questa la via maestra per superare al meglio le festività natalizie, tutelando le persone più a rischio, come anziani, malati cronici, pazienti immunocompromessi. Il 95 per cento di loro ha una protezione nei confronti del virus che non è più efficace, in quanto l’ultimo richiamo vaccinale risale a più di sei mesi fa. Da inizio anno quasi 9mila persone sono decedute per Covid. Bisogna invertire la rotta. Meglio allora un abbraccio in meno e un vaccino in più.