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    Covid, Massimo Antonelli (Cts): “Curiamo molti negazionisti. All’uscita si scusano”

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 29 Nov. 2020 alle 12:02 Aggiornato il 29 Nov. 2020 alle 12:24

    Covid, Antonelli: “Curiamo molti negazionisti, quando escono si scusano”

    “Curiamo molti negazionisti, ma quando escono si scusano”: lo afferma Massimo Antonelli, direttore della terapia intensiva del Policlinico Gemelli e componente del Cts, che, in un’intervista al Corriere della Sera, commenta anche le ultime polemiche sulle restrizioni anti-Covid previste per il Natale. Sul dibattito sui pranzi, le cene e l’eventualità di aprire le piste da sci, Antonelli infatti dichiara: “Per me, per tutti i colleghi, è intollerabile, pur condividendo le ansie degli operatori che vedono sfumare altre opportunità economiche. In Italia le vittime del Covid sono state circa 52mila dall’inizio dell’epidemia. Ogni giorno qui ne vediamo andar via almeno 70. E c’è chi non vuole rinunciare, per una sola volta nelle vita, a occasioni superflue”.

    Antonelli poi spiega che è “durissimo veder morire persone che hai sperato ce l’avrebbero fatta e che invece, dopo settimane di sforzi, ci lasciano” anche se la frustrazione più grande è “Non poter essere visto da chi ci guarda dal letto, ed è solo. Dover comunicare soltanto con gli occhi. È toccante infine dover parlare al telefono con i familiari, ogni tanto in videochiamata. Si aggrappano alle nostre poche parole”. Motivo per cui è intollerabile sentir parlare di veglioni: “I nostri morti meritano rispetto. Che senso avrebbe un Natale come se niente fosse o andare sulla neve? Tante persone tendono a porre l’accento sugli aspetti economici e le difficoltà degli esercizi commerciali. Comprendo. Tante altre invece perdono inconsciamente la percezione di una situazione drammatica”.

    Il medico, poi, rivela di aver curato tanti negazionisti al Gemelli di Roma ma “una volta fuori, si sono scusati. Professore, le prometto che farò di tutto per aiutarvi”. Sulle misure anti-Covid, Antonelli ha le idee chiare: “Allentarle significa andare incontro a una terza ondata. Non è un rischio. È una certezza. Allentare per cosa, poi? Capisco per riaprire le scuole, in questo caso il rischio sarebbe accettabile perché parliamo di un bene superiore. Non bisogna ripetere gli errori dell’estate scorsa”.

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