Recentemente è stato pubblicato l’aggiornamento al 2020 dell’indice di percezione della corruzione (CPI) nel settore pubblico prodotto da Transparency International. 2 Questo indice misura la corruzione percepita dai cittadini e dalle imprese servendosi di sondaggi ad esperti e altri strumenti di analisi. 3 Su una scala da 0 (massima corruzione) a 100 (nessuna corruzione), l’Italia registra 53 punti, contro una media europea di 64 (Fig. 1). 4 Rispetto agli altri paesi, nella classifica per corruzione percepita, in cui il primo posto rappresenta il paese con il minor grado di corruzione, l’Italia si colloca al 52esimo posto su 180, perdendo una posizione rispetto all’anno scorso.
L’Italia sembrerebbe aver interrotto il miglioramento iniziato tra il 2014 e il 2015. Se si guarda il valore assoluto dell’indice CPI rispetto agli altri grandi paesi europei, infatti, si può notare come l’Italia, tra 2015 e 2018, si fosse rapidamente avvicinata a Spagna e Francia. Anche la posizione in classifica dell’Italia era migliorata negli ultimi anni, passando dal 72esimo posto (2012) al 51esimo (2019). Questo recupero si è arrestato negli ultimi 2 anni, in cui l’indice italiano non ha registrato miglioramenti (Fig. 2).
Secondo Transparency International il miglioramento registrato tra 2014 e 2018 è spiegato dai progressi delle misure adottate per combattere la corruzione, quali il diritto generalizzato di accesso agli atti, una disciplina di tutela nei confronti di chi denuncia (whistleblower) e una maggiore trasparenza nei finanziamenti ai partiti.
Alcuni studi hanno evidenziato come questo indice, basato sulla corruzione percepita, possa essere poco informativo. Ad esempio, “uno studio della Banca d’Italia dimostra come giorno per giorno, provincia per provincia, le risposte a domande sulla percezione siano fortemente influenzate da quanto e da come i media riportano episodi o notizie sulla corruzione”. 5 In altre parole, la percezione della corruzione può essere influenzata (in eccesso o in difetto) dal dibattito pubblico e dai media, che sono molto diversi tra paesi.
Quindi, il fatto che in Italia la corruzione percepita sia ad un livello simile all’Arabia Saudita non dipenderebbe soltanto dal livello di corruzione, ma anche dalla diversa copertura mediatica del fenomeno. Pur con questi limiti per quanto riguarda il confronto del reale livello di corruzione tra paesi, il fatto che l’indice abbia smesso di migliorare negli ultimi due anni può indicare la mancanza di ulteriori progressi rispetto ai miglioramenti ottenuti ultimamente.
Informazioni più robuste sul livello della corruzione possono invece essere tratte da un altro indice elaborato da Transparency International, che si basa sulla percentuale di persone che dichiarano di aver pagato almeno una mazzetta in un anno. In altre parole, è utilizzato un campione (anonimo) della popolazione per misurare l’esperienza diretta della corruzione da parte dei cittadini, ovvero la corruzione sperimentata.
L’ultima rilevazione di questo tipo, pur dando risultati migliori rispetto all’indice di percezione della corruzione, indica che, comunque, l’Italia è il peggior paese dell’Europa occidentale, con il 7 per cento degli intervistati che “confessa” di aver pagato almeno una mazzetta nel 2016 (Fig. 3).
I paesi europei con un dato peggiore di quello italiano appartengono tutti all’Europa orientale e ai Balcani e, esclusa la Grecia, sono economie ex-socialiste. Tuttavia, il livello di corruzione sperimentata dell’Italia rimane tra i più bassi del mondo, dato che in quasi tutte le economie emergenti la corruzione è un fenomeno di gran lunga più diffuso. Ad esempio, il dato analogo della Fig. 3 per l’India raggiunge il 69 per cento, quasi 10 volte il nostro paese. In conclusione, l’Italia sembrerebbe avere ancora abbondanti margini di miglioramento sul fronte della corruzione, pur restando un paese avanzato e quindi relativamente poco corrotto rispetto alla “norma” globale.
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