Vaccino contro Coronavirus, per la Sanofi gli Stati Uniti avranno precedenza
Nella ricerca di un vaccino contro il Coronavirus è guerra fra stati, o meglio “pirateria”, come ha dichiarato la Germania quando a marzo gli Stati Uniti hanno bloccato un carico di mascherine diretto a Berlino. Adesso tocca alla francese Sanofi, casa farmaceutica impegnata nella corsa per un vaccino, gestire le pretese di Washington, a cui sembra aver già ceduto con un accordo preliminare. In un’intervista a Bloomberg, il Ceo dell’azienda ha dichiarato che “avendo investito di più”, gli Stati Uniti avrebbero diritto a una “ordinazione prioritaria più consistente”. Agli altri resterebbero le briciole. Un atteggiamento che la sottosegretaria all’economia francese, Agnès Pannier-Runacher, ha definito inaccettabile. “Il vaccino contro il Covid deve essere un bene pubblico, il suo accesso sarà equo e universale” ha ribadito la Commissione Europea.
Ma la Sanofi tiene il punto, facendo pesare ai Paesi Europei i limiti del proprio contributo all’azienda e sottolineando la differenza con Washington. “In questo periodo gli americani sono efficaci e anche l’Ue deve esserlo altrettanto, aiutandoci a mettere a disposizione molto rapidamente il vaccino. Gli Stati Uniti hanno già previsto di versare centinaia di migliaia di euro, mentre con le autorità europee siamo ancora a livello di pourparler”, ha spiegato il presidente di Sanofi France, Olivier Bogillot, in un’intervista riportata da Repubblica, assicurando che alla fine, comunque, “ci saranno dosi sufficienti per tutti”.
Eppure, sempre secondo quanto riporta il quotidiano, l’affermazione non sarebbe esatta, perché anche spingendo a pieno ritmo tutte le fabbriche del mondo e rinunciando a qualunque altro vaccino, si arriverebbe a 5 miliardi di dosi all’anno, per cui comunque bisognerà aspettare oltre un anno, tra messa a punto, produzione e distribuzione. Intanto, tra i 110 gruppi al lavoro nel mondo, la maggior parte sono negli Usa, circa quindici in Europa e altrettanti in Cina. Ma quest’ultima è molto più avanti degli altri nella gara, con quattro test già in sperimentazione sull’uomo. Motivo per cui per Trump è importante correre ai ripari, a pochi mesi dalle elezioni presidenziali.
E mentre accusa la Cina e il laboratorio di Wuhan di aver prodotto il virus in provetta e averlo fatto scappare, lancia l’operazione “warp speed“, che ha tutto il sapore di una guerra: guidata da un generale dell’esercito, Gustave Perna, ex manager dell’industria farmaceutica, l’idea è di ottenere 300 milioni di dosi di vaccino entro gennaio 2021. A uso e consumo domestico. Così le organizzazioni no profit stanno organizzando appelli e iniziative per evitare che il vaccino sia un beneficio di pochi. Medici Senza Frontiere sta promuovendo una raccolta firme perché farmaci e vaccini siano accessibili a tutti. Gruppi non profit internazionali come Cepi o Gavi, nati per coordinare una risposta equa alle epidemie emergenti nel mondo, hanno raccolto alcuni miliardi, ma ci vorrà ancora un grande sforzo economico per raggiungere Washington.
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