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    Le tre fasi del Coronavirus: come capire la pandemia

    Credit: ANSA
    Di Massimiliano Fanni Canelles
    Pubblicato il 5 Apr. 2020 alle 16:59

    In questo grafico si evidenzia come esistono tre forme progressive nella malattia da Covid19 (COronaVIrus Disease 19). La prima è una forma simile all’influenza o debolmente sintomatica o addirittura asintomatica. La maggioranza delle persone guarisce e non progredisce nelle forme successive. In questo caso il tampone nasale e faringeo, se fatto correttamente e durante i sintomi, evidenzia la presenza del virus.

    La seconda fase è una forma più grave con coinvolgimento polmonare (polmonite provocata dal virus), da cui le persone possono guarire autonomamente o con l’aiuto di farmaci non impegnativi quali clorochina e azitromicina. Da notare che il virus presente al tampone nelle vie aeree superiori progressivamente è sempre meno rilevabile fino a scomparire con l’arrivo della polmonite. Questo è dovuto all’azione del nostro sistema immunitario che sta debellando il virus o alla discesa dello stesso nei polmoni. In questa fase il tampone serve a poco perché il virus non è quasi più rilevabile nel naso e nella gola e ci vogliono metodi più invasivi per rilevarlo, come il lavaggio bronchiolo alveolare. La diagnosi è quindi prettamente radiografia con caratteristiche specifiche per polmonite interstiziale bilaterale.

    In alcuni limitati casi (probabilmente 1% degli infettati) la malattia progredisce nella terza fase: la SARS-cov2 (Severe acute respiratory syndrome, CoV-2 identifica il virus che ha causato la pandemia di COVID-19). Questa è una grave malattia polmonare con distress respiratorio che necessita di ricovero in reparti ospedalieri che abbiano possibilità di macchine per la ventilazione assistita. Questa grave perdita della funzione polmonare è dovuta ad una reazione infiammatoria che aggredisce i polmoni, che inizia durante la fase della polmonite virale ma che poi, indipendentemente dal virus, progredisce eccessivamente a causa di una tempesta di citochine, le molecole con cui parlano i globuli bianchi.

    La causa di questo aggravamento è un “disorientamento” del sistema immunitario e non più il virus. Siamo di fronte quindi ad una grave malattia autoimmunitaria che aggredisce i polmoni probabilmente tramite i macrofagi che può essere paragonata alla sindrome emofagocitica acuta (una rara malattia del sistema immunitario).  In questa fase sono utili farmaci immunosopressori come il Ruxolitinib o il tocilizumab in associazione ad antivirali come il Remdesivir per agire sul virus rimasto nei polmoni. Sarebbe importante identificare quali soggetti possono essere predisposti a questa disfunzione immunitaria e quindi alla perdita della ventilazione polmonare.

    Purtroppo nelle varie malattie autoimmuni sono coinvolti molti geni e difficilmente la Sars-CoV-2 potrebbe essere legata ad un solo marcatore genico. Si potrebbe studiare il gene HLAb27 e varie popolazioni di autoanticorpi che compaiono in altre malattie autoimmuni quali la sindrome di Guillain-Barré, Addison, celiachia, tiroiditi, miastenia gravis, sclerosi multipla, artrite reumatoide, la sindrome di Sjogren, il lupus eritematoso sistemico e il diabete di tipo1. Da segnalare infine il limite diagnostico dei tamponi nasali e orali.

    I tamponi (e solo se ben fatti) visualizzano la fotografia del momento, cioè solo quando il virus è nelle vie aeree superiori. Non risultano positivi se il virus è stato contratto e debellato ma neanche se il virus è sceso nei polmoni, quindi è un metodo che ha molte carenze per definire il quadro completo epidemiologico di un territorio. Bisogna arrivare prima possibile ad un valido test anticorpale su sangue che permetta di capire chi ha contratto il coronavirus e chi è protetto, chi ha la malattia in corso ed è contagiante. Questo potrebbe sviluppare metodi di prevenzione più efficaci e meno deprimenti l’economia dei presidi attualmente in vigore. Tutto questo naturalmente in attesa del vaccino.

     

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