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    Coronavirus: tutto quello che c’è da sapere nel report ufficiale dello Spallanzani

    Personale medico effettua un tampone a domicilio a Roma, in Italia. Credit: ANSA / Massimo Percossi
    Di TPI
    Pubblicato il 23 Mar. 2020 alle 13:56 Aggiornato il 23 Mar. 2020 alle 14:00

    Coronavirus, la guida aggiornata dello Spallanzani: tutto quello che c’è da sapere

    L’Istituto per le malattie infettive Spallanzani di Roma ha aggiornato ieri, domenica 22 marzo, la guida con tutti i consigli e le informazioni disponibili sul Coronavirus. Il documento, a cura di Salvatore Curiale, riporta le risposte alle domande principali sul virus. A cosa è dovuta l’infezione da Covid-19? Cosa fare se si sospetta di essere stati contagiati? Come avviene la diagnosi? Quanto è letale la malattia? Ecco tutti i punti chiariti dall’Inmi Lazzaro Spallanzani.

    Qual è l’origine dell’infezione?

    “Il 31 dicembre 2019 le autorità sanitarie cinesi hanno reso nota la presenza di un focolaio di sindrome febbrile, associata a polmonite di origine sconosciuta, tra gli abitanti di Wuhan, città di circa 11 milioni di abitanti situata nella provincia di Hubei, nella Cina Centro-meridionale”, spiega lo studio dello Spallanzani. “Il punto di partenza dell’infezione è stato identificato nel mercato del pesce e di altri animali vivi (c.d. “wet market”) di Huanan, al centro della città di Wuhan, che è stato chiuso il 1 gennaio 2020”.

    “Il 7 gennaio è stato isolato l’agente patogeno responsabile dell’epidemia: si tratta di un nuovo betacoronavirus, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha denominato SARS-CoV-2, ad indicare la similarità con il virus della SARS, che nel 2002-2003 causò una epidemia globale con 8.096 casi confermati e 774 decessi. Nello stesso meeting l’OMS ha denominato COVID-19 la malattia causata dal nuovo virus”.

    Cosa sono i coronavirus?

    “I coronavirus, così chiamati per la caratteristica forma a coroncina visibile al microscopio, sono una famiglia di virus che causa infezioni negli esseri umani e in una varietà di animali, tra cui uccelli e mammiferi come cammelli, gatti e pipistrelli”, si legge nello studio. Questo tipo di virus sono “molto diffusi in natura, che possono causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) e la sindrome respiratoria acuta grave (SARS)”.

    Come è avvenuto il contagio?

    Come avvengono i contagi da Coronavirus, come si trasmette? “I coronavirus vengono veicolati all’uomo da ospiti intermedi, che per la Mers sono stati i dromedari, per la Sars forse lo zibetto. Il contagio, anche in questo caso, è stato di tipo zoonotico, ovvero causato dalla trasmissione del virus da animale a uomo, non a caso l’epicentro dell’epidemia è un mercato dove venivano venduti anche animali selvatici vivi. Non sappiamo ancora con precisione quale sia stato l’animale che ha trasmesso il virus all’uomo: appare comunque probabile, anche alla luce di quanto avvenuto nelle epidemie verificatesi sino ad oggi, che il serbatoio dei coronavirus sia stato un mammifero. L’OMS ha sottolineato come vi siano sempre nuove evidenze scientifiche del legame tra il SARS-CoV-2 e altri coronavirus (CoV) simili circolanti nei pipistrelli”.

    Come avviene il contagio?

    “La malattia si diffonde attraverso le goccioline del respiro (droplets) della persona malata, che vengono espulse con la tosse, gli starnuti o la normale respirazione, e che atterrano su oggetti e superfici intorno alla persona”, sottolinea lo Spallanzani. “Le porte di ingresso del virus sono la bocca, il naso e gli occhi: il contagio avviene inalando attraverso il respiro le goccioline emesse da una persona malata, oppure tramite contatto diretto personale con la persona malata, oppure toccando superfici contaminate e quindi toccandosi la bocca, il naso o gli occhi con le mani”.

    Coronavirus, si può essere contagiati da una persona senza sintomi?

    “Dal momento che la malattia si diffonde attraverso le goccioline respiratorie espulse da qualcuno che tossisce o starnutisce, l’OMS sottolinea che il rischio di essere infettati da qualcuno che non presenta questi sintomi è molto basso”, specificano gli studiosi. “Tuttavia, molte persone con COVID-19 possono presentare solo sintomi lievi, particolarmente nelle prime fasi della malattia. È quindi possibile essere infettati da qualcuno che, ad esempio, ha solo una leggera tosse e non avverte altri sintomi”.

    Come è possibile proteggersi dal Coronavirus?

    L’Istituto Spallanzani raccomanda di “mantenersi ad una distanza di almeno un metro da persone che tossiscono, starnutiscono o hanno la febbre, e lavarsi frequentemente le mani con sapone o con una soluzione alcolica. Quando si hanno sintomi respiratori è necessario praticare la “etichetta della tosse” mantenendo la distanza con le altre persone, coprendo la tosse e gli starnuti con tessuti o fazzolettini usa e getta o, in loro assenza, con l’incavo del gomito, e naturalmente lavandosi le mani frequentemente”. Ricorda inoltre le regole previste dal Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità.

    È utile indossare la mascherina?

    “L’OMS raccomanda di indossare una mascherina solo se si sospetta di aver contratto il nuovo Coronavirus e si hanno sintomi quali tosse o starnuti, o se ci si prende cura di una persona con sospetta infezione da nuovo Coronavirus. L’uso razionale delle mascherine è importante per evitare inutili sprechi di risorse preziose”.

    Gli animali da compagnia possono trasmettere l’infezione?

    “No, al momento non vi è alcuna evidenza scientifica che gli animali da compagnia, quali cani e gatti, possano diffondere l’epidemia”.

    Cosa fare se si sospetta di aver contratto l’infezione?

    “Secondo l’OMS si è in presenza di un caso sospetto, che deve quindi essere sottoposto a test, quando si verifica uno di questi casi:

    • il paziente presenta una infezione respiratoria acuta (febbre ed almeno un sintomo di difficoltà respiratoria, come tosse o mancanza di respiro) e nei quattordici giorni precedenti l’insorgere
    dei sintomi sia stato in un’area o in un Paese dove vi sia trasmissione comunitaria locale del virus;

    • il paziente presenta una infezione respiratoria acuta di qualunque tipo ed è stato in contatto
    con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei quattordici giorni precedenti l’insorgere dei sintomi;

    • il paziente presenta una infezione respiratoria acuta grave (febbre ed almeno un sintomo di difficoltà respiratoria, come tosse o mancanza di respiro), tale da richiedere il ricovero, e non c’è
    una diagnosi alternativa che spieghi completamente la presentazione clinica.

    In questi casi, le indicazioni del Ministero della Salute sono di non recarsi al Pronto Soccorso, ma di chiamare il medico di base, il pediatra di libera scelta, la guardia medica o i numeri regionali di emergenza, disponibili sul sito del Ministero della Salute

    Se invece i sintomi sono lievi e non si è stati recentemente in zone a rischio epidemiologico, e non si sono avuti contatti con casi confermati o probabili, il consiglio del Ministero della Salute è di rimanere a casa fino alla risoluzione dei sintomi applicando le consuete misure di igiene delle mani e delle vie respiratorie.

    Che si intende con “contatto”?

    “In base alla definizione dell’OMS, ‘contatto’ è una persona che, nei due giorni precedenti e nei 14 successivi all’insorgere dei sintomi in un caso probabile o confermato: • abbia avuto un contatto faccia a faccia con il caso probabile o confermato a distanza inferiore ad un metro per più di 15 minuti; • abbia avuto un contatto fisico diretto con il caso probabile o confermato; • abbia avuto in cura il caso sospetto o confermato di COVID-19 senza aver utilizzato gli appropriati dispositivi di protezione individuale; • altre situazioni definite a livello locale”.

    Coronavirus, come avviene la diagnosi?

    “Per la diagnosi dell’infezione da Coronavirus si procede anzitutto con il prelievo di un campione delle vie respiratorie del paziente, preferibilmente un tampone naso-faringeo o, laddove possibile, espettorato o broncolavaggio. Questo campione quindi viene analizzato attraverso metodi molecolari di real-time RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) per l’amplificazione dei geni virali maggiormente espressi durante l’infezione. Il tempo per avere i risultati dal momento dell’avvio della procedura è attualmente di 6/12 ore. Le industrie stanno lavorando allo sviluppo di test rapidi, in grado di fornire risultati attendibili in circa una-due ore. La situazione è in continua evoluzione: l’OMS sta valutando numerosi test rapidi basati su differenti approcci, e i risultati relativi a quest’attività di screening saranno disponibili nelle prossime settimane. Il Comitato Tecnico-Scientifico sui test diagnostici COVID-19 del Ministero della Salute ha invece espresso parere non favorevole all’utilizzo di “test rapidi” basati sull’individuazione degli anticorpi specifici per il SARS-CoV-2, dal momento che il loro risultato non è utile a determinare se il paziente ha una infezione in atto: la presenza degli anticorpi potrebbe infatti essere effetto di una infezione ormai conclusa, e viceversa se il test viene effettuato nella fase iniziale dell’infezione il paziente potrebbe non aver ancora sviluppato gli anticorpi (falso negativo).”

    Quanto è grave la malattia COVID-19?

    “Il sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità sul COVID-19 evidenzia, sulla base di 48.452 casi positivi a tutto il 20 marzo scorso, una età mediana di 63 anni, per il 59% di sesso maschile, con una percentuale dell’1,2% di casi con età inferiore ai 18 anni, il 25% tra i 19 e i 50 anni, il 37,5% tra i 50 e i 70 anni, il 36% dei casi riguarda persone con oltre 70 anni di età. Il 29,5% dei casi sono asintomatici, paucisintomatici o con sintomi non specificati, il 43,2% presenta sintomi lievi, il 22,4% sintomi severi, il 4,9% è in condizioni critiche”.

    Quanto è letale il Coronavirus?

    “Il sistema di sorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità rileva come, a fronte di una media complessiva del 7,8%, il tasso di letalità sia pari a zero per i casi con età inferiore ai 30 anni, dello 0,3% tra i 30 e i 39 anni, dello 0,5% tra i 40 e i 49 anni, dell’1,2% tra i 50 e i 59 anni, del 4,5% tra i 60 e i 69 anni, del 14% tra i 70 e i 79, del 21,3% tra gli 80 e gli 89 anni, e del 23,4% per gli ultranovantenni. Nel complesso, l’86% dei decessi si registra tra persone di età superiore ai 70 anni. Solo l’1,2% dei deceduti non aveva, al momento della diagnosi di positività, alcuna patologia pre-esistente; il 23,5% presentava una patologia, il 26,6% presentava due patologie, il 48,7% presentava tre o più patologie. Tra le patologie pregresse più frequentemente osservate nei deceduti, il 74% soffriva di ipertensione, il 34% di diabete, il 30% di cardiopatia ischemica, il 22% di fibrillazione atriale, il 20% di insufficienza renale cronica, il 19% aveva un cancro attivo negli ultimi cinque anni”.

    Quali sono le terapie disponibili?

    “Al momento non ci sono terapie specifiche: la malattia si cura come i casi di influenza grave, con terapie di supporto (antifebbrili, idratazione), ma contrariamente all’influenza non sono disponibili antivirali specifici. Nei casi più gravi ai pazienti viene praticato il supporto meccanico alla respirazione. In tutto il mondo sono in corso trial per testare la validità di alcuni farmaci già disponibili, utilizzati off-label o per uso compassionevole. Per razionalizzare questi sforzi ed ottenere in un tempo più breve robuste evidenze scientifiche sull’efficacia dei trattamenti, l’OMS ha organizzato un grande studio internazionale, denominato SOLIDARITY. Lo studio prevede cinque bracci di trattamento: • lo standard di cura del paese; • remdesivir, un antivirale già utilizzato per la Malattia da Virus Ebola; • lopinavir/ritonavir, una combinazione farmacologica comunemente utilizzata per l’infezione da HIV; • lopinavir, ritonavir, e interferon; clorochina, un farmaco utilizzato per la prevenzione ed il trattamento della malaria”.

    “Per quanto riguarda l’Italia, l’AIFA (Agenzia Italiana per il Farmaco) ha annunciato che l’Italia parteciperà ai 2 studi di fase 3 promossi per valutare l’efficacia e la sicurezza del remdesivir negli adulti ricoverati con diagnosi di COVID-19. Gli studi saranno inizialmente condotti presso l’Ospedale Sacco di Milano, il Policlinico di Pavia, l’Azienda Ospedaliera di Padova, l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma e l’Istituto Nazionale di Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma. AIFA ha inoltre autorizzato uno studio per testare l’utilizzo del tocilizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato attivo contro il recettore dell’Interleuchina-6, sviluppato per il trattamento dell’artrite reumatoide. Lo studio prevede due gruppi di pazienti: nel primo gruppo (studio di fase 2) saranno trattati 330 pazienti ricoverati per polmonite da COVID-19 che mostrino i primi segni di insufficienza respiratoria o che siano stati intubati entro le ultime 24 ore. Il secondo gruppo (raccolta dati o studio osservazionale) includerà i pazienti già intubati da oltre 24 ore e i pazienti che siano già stati trattati prima della registrazione, sia intubati che non intubati. Lo studio, al quale possono partecipare tutti i centri clinici che ne facciano domanda, è coordinato dall’Istituto Pascale di Napoli. La casa farmaceutica Roche, che produce il tocilizumab, ha deciso di metterlo a disposizione gratuitamente alle Regioni che ne faranno richiesta”.

    Esiste un vaccino per il Coronavirus?

    “Al momento non esiste un vaccino, ma l’attività di ricerca in questo senso sta viaggiando ad una velocità mai sperimentata in passato. A soli 60 giorni dal primo sequenziamento del virus è già iniziato il primo trial su un campione di 45 volontari negli Stati Uniti del vaccino prodotto dalla Moderna Therapeutics in collaborazione con il NIAID, l’agenzia federale USA che si occupa della prevenzione e controllo delle malattie infettive. Decine di altre iniziative sono in fase avanzata anche in Italia, ma per avere un vaccino disponibile occorrerà da un anno a diciotto mesi di tempo”.

    Quanto è diffusa l’epidemia di Coronavirus?

    “I numeri globali dell’epidemia sono in continua evoluzione. Ad oggi (22 marzo 2020, dati ECDC, Agenzia Europea per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, integrati con quelli forniti dalla Protezione Civile Italiana) i casi accertati complessivi sono 310.835, con 13.591 decessi. Ad oggi sono complessivamente 177 le nazioni e i territori con almeno un caso di positività. L’Italia è il paese col maggior numero di casi confermati dopo la Cina: al momento (dati della Protezione Civile, 22 marzo, ore 18) i casi confermati totali sono 59.138, tra cui 5.476 decessi e 7.024 persone guarite. Più di tre casi su quattro sono concentrati in quattro regioni: Lombardia (46%), Emilia-Romagna (12,8%), Veneto (8,7%), Piemonte (7,5%). Per quanto riguarda invece i decessi, il 63% sono concentrati in Lombardia, il 15% in Emilia-Romagna. Sui casi confermati ancora aperti, 23.783 si trovano in isolamento domiciliare, 19.846 sono ricoverati con sintomi lievi o medi e 3.009 sono ricoverati in terapia intensiva”.

    Quali sono i rischi per l’Italia e per l’Europa legati al Coronavirus?

    “L’OMS valuta attualmente il rischio “molto alto” sia per la Cina che a livello globale. Secondo la ECDC, per quanto riguarda le persone residenti nell’UE, nello Spazio Economico Europeo e in Gran Bretagna: • il rischio di malattia grave collegata all’infezione da COVID-19 è “moderata” per la popolazione in generale, e “elevata” per le persone anziane e per coloro che hanno patologie sottostanti; è considerato “elevato” il rischio di una malattia meno grave, con il conseguente impatto sull’attività sociale e lavorativa; • Il rischio che si verifichi trasmissione di COVID-19 a livello regionale/locale all’interno degli Stati è considerato “molto elevato”; • Il rischio di una ampia trasmissione di COVID-19 a livello nazionale nelle prossime setimane è considerato “elevato”; • Il rischio che nelle prossime settimane la capacità dei sistemi sanitari nazionali non riesca a far fronte all’emergenza è considerato “elevato”; • Il rischio di trasmissione di COVID-19 all’interno di strutture sanitarie ed assistenziali come ospedali o case di riposo è considerato “elevato”.

     

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