Coronavirus, a che punto è la ricerca di un vaccino
L’emergenza coronavirus sta colpendo tutti i Paesi del mondo, dall’Europa agli Stati Uniti, e decine di laboratori sono alla ricerca di un vaccino che, in futuro, possa prevenire il contagio e contrastare l’epidemia. Eppure non è detto che questo venga trovato e realizzato in tempi stretti, né che venga trovato del tutto.
Come spiega al sito Linkiesta Maurizio Bonati, responsabile del Dipartimento di salute pubblica dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, esistono diversi modelli di sviluppo, più o meno veloci, disponibili in questo momento. Alcuni laboratori “utilizzano un fattore virale: un virus innocuo per l’uomo che possa ‘infettare’ le cellule facendo produrre una proteina specifica del virus da cui ci si vuole difendere”, altri invece impiegano strategie che non prevedono la sperimentazione su “virus innocui”.
Eppure, quale che sia la combinazione più efficace, i tempi rimangono lunghi: l’esperto spiega che sarà necessario almeno un anno prima di poter arrivare alla commercializzazione di un prodotto. Il motivo è che le procedure scientifiche richiedono che i test vengano svolti “prima su modelli animali e poi nell’uomo”.
È il caso della IRBM di Pomezia, una società che opera nel settore della biotecnologia molecolare, dove i tecnici hanno messo a punto un vaccino che, però, dovrà prima essere prodotto, poi sperimentato su animali e poi sugli esseri umani. L’amministratore delegato Piero Di Lorenzo ha spiegato a Fanpage.it che l’istituto sarà pronto con la produzione delle prime mille dosi di vaccino anti-Covid 19 entro giungo, poi si dovrà sperimentare sui topi e, solo in seguito, anche sull’organismo umano.
L’altro fattore che ostacola lo sviluppo di un vaccino è che questo ha costi altissimi, e anche se molti istituti, soprattutto in Italia, vantano competenze di primo livello, le risorse a disposizione non sono sufficienti per arrivare fino in fondo. Come riporta il New Yorker, infatti, per portare anche solo tre diversi vaccini fino alla fase finale dei test clinici sugli esseri umani, servirebbero circa 2 miliardi di dollari, a meno che i risultati ottenuti nelle varie fasi della sperimentazione in diverse parti del mondo fossero disponibili a tutti, “così da sfruttare le indicazioni dettate dai risultati positivi ottenuti, mettendo però in secondo piano le regole della proprietà, anche intelettuale.”, spiega ancora Bonati.
Il medico fa notare anche come, in realtà, non è scontato che alla fine si trovi una soluzione per prevenire il contagio, e in tale circostanza si dovrà fare affidamento sulle cure, sullo studio e, soprattutto, su altri tipi di prevenzione. “Non per tutte le infezioni, anche gravi, disponiamo di un vaccino”, osserva l’esperto. Perciò nel frattempo sarà importante monitorare l’andamento del virus “per comprendere il fenomeno a cui si è stati esposti, anche in termini di effetti a distanza, e attuare iniziative preventive per il futuro” e, come raccomandano in molti, seguire le indicazioni igieniche di base diffuse in tutto il mondo: lavarsi spesso e bene le mani, tossire proteggendosi (fazzoletti di carta, incavo del braccio), non toccarsi occhi e bocca, areare le stanze, mantenere le distanze nelle comuni relazioni.
1.Coronavirus, l’esperto: “L’epidemia non finirà quest’anno” 2. Coronavirus, l’Italia intera diventa zona rossa. Conte: “Spostamenti vietati”. Scuole chiuse fino al 3 aprile e stop al campionato di calcio” 3. Coronavirus, caos nel carcere di San Vittore a Milano: detenuti appiccano il fuoco | VIDEO ESCLUSIVO 4. Stanno finendo i posti in terapia intensiva: tutti i dati della catastrofe sanitaria 5. Coronavirus, l’assurda storia dell’uomo rimasto in casa con la sorella morta per 24 ore
Leggi l'articolo originale su TPI.it