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    Coronavirus, la paura del personale Alitalia: “Sugli aerei contatti stretti, servono più controlli”

    Il rappresentante dei piloti Alitalia per l'associazione NavAid-Naca parla dei dubbi sulla sicurezza del personale a causa dell'emergenza Coronavirus

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 11 Mar. 2020 alle 19:21 Aggiornato il 11 Mar. 2020 alle 19:22

    Coronavirus, la paura del personale Alitalia: “Sugli aerei contatti stretti, servono più controlli”

    “Sugli aerei il contatto con le altre persone è inevitabilmente stretto, chiediamo di controllare le persone prima che arrivino all’imbarco, così da fermare chi dovesse avere la febbre prima di salire sull’aeromobile”. Leonardo Galiotto, comandante senior Alitalia e rappresentante dei piloti Alitalia per l’associazione NavAid-Naca, racconta a TPI i dubbi sulla sicurezza per il personale navigante a causa dell’emergenza Coronavirus.

    Alitalia in questi giorni sta continuando a garantire il servizio di trasporto aereo, anche se l’offerta commerciale è stata modificata e i voli sono meno affollati. Secondo NavAid (Associazione Nazionale del Personale Navigante del Trasporto Aereo) i rischi per l’equipaggio a bordo, tuttavia, rimangono importanti.

    Per questo il 9 marzo scorso l’associazione ha inviato una lettera ai ministeri della Salute e dei Trasporti, all’Enac, alla Protezione civile e ad Alitalia. La richiesta è quella di emanare una circolare che preveda un protocollo e delle linee guida da seguire per limitare i rischi legati all’epidemia di Covid-19 per il personale navigante.

    “Attualmente il trasporto aereo prevede i controlli sanitari per passeggeri ed equipaggio solo in arrivo”, spiega Galiotto a TPI. “Quando terminiamo la nostra attività ci viene misurata la temperatura corporea. Ma se qualcuno arriva ammalato già da prima i controlli diventano inutili. Servirebbero invece dei controlli in entrata”.

    Alla questione dei controlli sanitari si aggiunge il caos generato dalle disposizioni di singole Regioni. “La Sardegna ha disposto ad esempio che l’equipaggio che sosta sul territorio regionale non possa uscire dall’albergo”, spiega il comandante. “Ma se i ristoranti degli alberghi chiudono alle 18 c’è il rischio di non riuscire neanche a soddisfare le nostre esigenze di base. La Regione Lazio aveva disposto invece la quarantena nel proprio domicilio per chiunque arrivasse da zone ‘a rischio’, quindi ad esempio dalla Lombardia. Ma bisogna considerare che gran parte del personale Alitalia non vive a Roma, viene da altre Regioni, quindi tutto diventa più complicato”.

    “La situazione che si sta generando, ovviamente conseguente di uno stato di emergenza improvviso che comporta una disciplina normativa totalmente nuova (ho spesso parlato della necessità in Italia di una Legge Unica sulle emergenze che disciplini preventivamente gli strumenti utilizzabili a seconda dei casi), potrebbe effettivamente esporre a rischi di salute i lavoratori che devono garantire i servizi essenziali”, sottolinea Riccardo Bucci, avvocato di NavAid. “Sul tema dei trasporti, appare evidente la necessità di disposizioni univoche ed uniformi che garantiscano la salute non solo dei lavoratori ma anche dei passeggeri”.

    “Se la distanza di sicurezza è di 1 metro, deve essere rispettata ed è il datore di lavoro che ha l’obbligo legale di garantire protocolli e strumentazioni ai suoi dipendenti che ne garantiscano la salute”, spiega. “Non può un lavoratore farsi giustizia da sé, non presentandosi magari a lavoro perché reputa non venga garantita la sua sicurezza (tranne in rari e gravissimi casi), ma esistono strumenti in via d’urgenza (anche giudiziali) che possono risolvere la questione di conflitto. È il datore di lavoro a dover garantire tali misure. E in tema di esposizione a patogeni e rischi sul lavoro lo stesso D.lgs. 81/2008 prevede norme e discipline specifiche per i lavoratori che sono esposti ad agenti biologici e, il Covid-19, potrebbe tranquillamente rientrare in questa categoria”.

     

     

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