Coronavirus, risale l’indice di contagio a Milano
A Milano il Coronavirus non lascia in pace la popolazione dopo due mesi di quarantena e migliaia di morti: a partire dall’11 maggio, infatti, l’indice di contagio R(t) – che rivela il numero di persone che in media vengono infettate da ogni caso positivo – è tornato a salire. E adesso rischia di sfiorare il fatidico “livello 1”, indice di un’espansione più veloce dell’epidemia. Se dopo una settimana dalle prime riaperture i tecnici dell’unità di epidemiologia dell’Ats di Milano hanno registrato un R(t) appena superiore allo 0,6, il 17 maggio questo ha toccato lo 0,75, per arrivare allo 0,86 ieri, giovedì 21 maggio.
Una tendenza preoccupante e decisiva, perché solo i livelli al di sotto dell’1 indicano che l’epidemia è sotto controllo e in remissione. Ma un Rt che sfiora quel numero mostra invece che bisogna tornare a contenere in modo più aggressivo il virus, ristabilendo cioè le misure di lockdown. “Nell’andamento degli ultimi giorni iniziano a vedersi i primi segnali di quel che sta accadendo dopo la fine del lockdown. Ma non solo”, ha dichiarato al Corriere della Sera Antonio Russo, epidemiologo dell’Ats di Milano.
Insomma, se adesso la curva dovesse tornare a salire e raggiungere i livelli registrati a fine febbraio, quando l’Rt oscillava tra il 3 e il 4, sarebbe obbligatorio rivedere la gestione della Fase due. Come spiega il quotidiano, oggi nel calcolo dell’indice di contagio rientrano sia i nuovi malati, sia i positivi emersi dalla campagna di test sierologici lanciata dalle autorità sanitarie milanesi, che stanno esaminando “tutti i contatti dei malati e le persone che erano in quarantena”, e effettuando il tampone sui positivi al test sugli anticorpi.
Russo ha spiegato che in complesso, tra tutte le persone sottoposte a test sierologico e poi a tampone, il 10 per cento ha la malattia in corso. “Così stiamo scoprendo e isolando una serie di asintomatici”. Nel calcolo dell’ R(t) non vengono più inseriti invece i “sintomatici”, cioè i casi segnalati dai medici di base come sospetti, perché a tutti entro 48 ore viene fatto un tampone: così l’indice si basa solo su casi confermati. Ma “quello che è accaduto non può essere dimenticato, Milano non può permettersi di abbassare la guardia“, ha concluso l’epidemiologo dell’Ats. In tutto il territorio di Milano e Lodi, tra marzo e aprile, e cioè nei mesi di picco dell’epidemia in Italia, la mortalità è aumentata del 118 per cento: ci sono stati 6.600 morti in più (legati all’epidemia di Coronavirus) rispetto ai 5.600 statisticamente attesi.
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