Coronavirus, medico di Sassari a TPI: “Reclusi in ospedale senza mascherine”
“Siamo alla follia. Abbiamo dovuto fare una denuncia alla procura. Siamo isolati in ospedale. Io, medico, per poter lavorare nel pieno dell’emergenza Coronavirus ho dovuto comprarmi una maschera da saldatore all’Agricola sassarese”. L’ospedale di Sassari è al collasso. La telefonata con uno dei medici, che chiede una intervista in forma anonima solo perché dice di non cercare visibilità personale è un pugno nello stomaco.
Perché in ospedale da giorni non abbiamo protezioni. Una maschera da saldatore, o da defogliatore in questa condizione può salvarti, ed è ancora reperibile sul mercato.
Consigliamola a tutti quelli che ne hanno bisogno. Ma un ospedale non può funzionare così.
Che non ce ne sono. Abbiamo ottenuto solo alcune mascherine chirurgiche, peraltro contate, che come ormai sanno tutti che non impediscono al virus di penetrare.
La situazione del nostro ospedale è che sono stati scoperti alcuni casi positivi del reparto cardiologia: la maggior parte dei medici e degli infermieri del reparto sono stati infettati.
Le spiego con un esempio come queste barriere contino pochissimo. Oggi abbiamo operato un paziente che prima dell’intervento doveva andare a fare la consulenza cardiologica in reparto.
Un ospedale è un ecosistema connesso.
Anche i tamponi sono finiti. Ora, dopo un piccolo rifornimento, li stanno centellinando. Secondo lei si può combattere il Coronavirus così?
La sensazione è quella di essere abbandonati a noi stessi. Le procedure non sono state chiare. Fuori è scattata la paura. Siamo stati isolati.
I cardiologi sono ancora chiusi dentro l’ospedale, senza poter uscire. Da tre giorni ma Hanno dovuto fare un esposto alla procura.
Sono state individuate delle unità di crisi. Purtroppo quando chiamiamo non ci rispondono. Abbiamo mandato segnalazioni e lettere. L’ospedale è isolato, non può entrare più nessuno.
Ad essere franchi e brutali? C’è stato un esodo di massa dalla Lombardia che ci ha fottuto.
Molto Lombardi, molti milanesi, sono arrivati in Sardegna durante la prima fase, prima che scattassero i controlli. Hanno girato per l’isola senza autodenunciarsi e il risultato è questo.
Adesso siamo al paradosso, io lavoro per senso del dovere, per spirito civile. Ma in questa condizione, senza strumenti e protezioni, senza piani di gestione Gli untori diventiamo noi medici. È inaccettabile.
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