Coronavirus e mascherine: resiste fino a 4 giorni
Il Coronavirus resiste all’interno delle mascherine. Questo l’allarme degli esperti. Il virus infatti durerebbe addirittura 4 giorni all’interno della mascherina e 7 giorni nello strato esterno. Così dice un documento pubblicato da poco dall’Istituto superiore di Sanità che ricorda anche quanto durano le particelle virali: 30 minuti nella carta stampata, 1 giorno nel tessuto e nel legno, 2 giorni nelle banconote, 2 nel vetro e 4 nella plastica e nell’acciaio.
Da qui la raccomandazione a pulire con detergente le superfici prima di disinfettarle, prestando massima attenzione anche all’utilizzo delle mascherine chirurgiche, poiché la presenza di particelle virali infettanti può essere “rilevata fino a 4 giorni dalla contaminazione” nella parte interna. È quanto spiega il rapporto “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza Covid-19”, pubblicato sul portale dell’Istituto. “I dati riportati sono il frutto di evidenze di letteratura scientifica – spiega Paolo D’Ancona, medico epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) – ma vanno declinate in base alle situazioni ambientali, ad esempio i Coronavirus resistono meglio a temperature basse e in ambienti umidi. Il fatto che sopravvivono, inoltre, non significa di per sé che trasmettano la malattia: se ci sono poche particelle virali, infatti, la carica infettante è minore. Purtroppo però non si conosce quale sia la dose minima per infettare, anche perché dipende anche dalle difese immunitarie dei singoli individui. Pertanto, bisogna stare sempre molto attenti”.
Le raccomandazioni sull’uso mascherine nascono proprio da questa resistenza del virus. “Ad esempio quelle lavabili – secondo l’esperto dell’Iss – vanno usate una volta sola e poi messe subito in lavatrice, senza poggiarle sui mobili. Quelle monouso vanno gettate nella raccolta indifferenziata subito dopo l’utilizzo. In entrambi i casi vanno toccate solo sugli elastici, lavandosi prima e dopo le mani. Attenzione infine a non gettarle a terra, il rischio infettivo è minimo ma l’impatto sull’ambiente è alto“. Il rapporto precisa, inoltre, la distinzione tra termini oggi molto utilizzati, come la sanificazione, un “complesso di procedimenti e operazioni” di pulizia che comprende il ricambio d’aria in tutti gli ambienti, e la disinfezione, ovvero il trattamento per abbattere la carica microbica che va effettuato utilizzando prodotti disinfettanti autorizzati dal ministero della Salute. C’è poi la detersione, che consiste nella rimozione dello sporco ed è un’azione necessaria prima della disinfezione, perché «lo sporco è ricco di microrganismi che vi si moltiplicano e sono in grado di ridurre l’attività dei disinfettanti”.
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