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    Coronavirus, i medici delle terapie intensive della Lombardia: “Situazione al limite, priorità a chi ha più possibilità di sopravvivenza”

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 7 Mar. 2020 alle 19:19 Aggiornato il 9 Mar. 2020 alle 13:54

     

     

    Coronavirus, medici terapie intensive in Lombardia: “Situazione al limite”

    Neanche il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, ne ha fatto mistero nel corso della conferenza stampa di oggi pomeriggio: in Lombardia, a causa dell’emergenza Coronavirus, i reparti di terapia intensiva sono al collasso. Secondo gli ultimi dati, in tutta Italia (dove sono stati registrati finora 233 morti, 5.061 contagiati, 589 guariti) ci sono 567 pazienti in terapia intensiva, la maggior parte dei quali proprio nella regione lombarda. Troppi, al punto che si sta pensando di trasferirne alcuni in altre tre Regioni che hanno fornito la loro disponibilità ad accoglierli.

    Ma considerando anche la crescita del contagio che inevitabilmente ci sarà nei prossimi giorni, questo tipo di aiuto non può essere sufficiente. Ecco perché è arrivata in queste ore una proposta – destinata sicuramente a far discutere – della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, che in un documento tecnico ha scritto: “Può rendersi necessario porre un limite di età all’ingresso in terapia intensiva. Non si tratta di compiere scelte meramente di valore, ma di riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata, in un’ottica di massimizzazione dei benefici per il maggior numero di persone”.

    La lettera dei medici della Lombardia al governatore Fontana: “Rischio disastrosa calamità sanitaria”

    Dopo l’appello della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva, i medici del Coordinamento delle terapie intensive della Lombardia hanno deciso di scrivere una lettera al governatore Attilio Fontana: “L’epidemia di COVID-19 esordita il 20 febbraio nell’area di Codogno – si legge – è ormai estesa a tutta la Regione Lombardia con possibilità di diffondersi a tutto il territorio nazionale. Si tratta di un evento grave che mette in pericolo la sopravvivenza non solo dei malati di COVID, ma anche di quella parte di popolazione che in condizioni normali si rivolge al Sistema Sanitario per le cure di eventi acuti o cronici di qualsivoglia natura. Le strutture sanitarie sono sottoposte ad una pressione superiore ad ogni possibilità di adeguata risposta. Nonostante l’enorme impegno di tutto il personale sanitario e il dispiegamento di tutti gli strumenti disponibili una corretta gestione del fenomeno è ormai impossibile”.

    “Le attività ambulatoriali, la Chirurgia non urgente, i ricoveri nelle medicine – prosegue il documento – si sono ridotte a livelli prossimi allo zero”. “L’intera rete delle terapie intensive è stata ristrutturata, creando strutture dedicate nelle quali, completamente bardati per difendersi dall’infezione, si lavora con grande fatica per assistere malati gravi e gravissimi, la cui vita dipende da apparecchiature tecnologicamente complesse disponibili purtroppo in numero limitato. Anche per questo motivo è assolutamente necessaria l’immediata adozione di drastiche misure finalizzate a ridurre i contatti sociali e utili al contenimento dell’epidemia”. “In assenza di tempestive e adeguate disposizioni da parte delle Autorità – conclude il documento – saremo costretti ad affrontare un evento che potremo solo qualificare come una disastrosa calamità sanitaria”.

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