“Maurizio era infermabile e amava la libertà. Non l’ha fermato un incidente gravissimo, non l’ha fermato la dialisi, né la sedia a rotelle. L’ha ucciso il Coronavirus”. Antonio Pinto è il padre di Maurizio, la più giovane vittima del Covid-19 in Italia: a soli 38 anni è morto nel giro di poche ore nella terapia intensiva del Policlinico di Bari. Tra le lacrime, Antonio racconta a TPI : “Non sappiamo come è stato contagiato. E nemmeno ci interessa. Però tutti devono saperlo: questo è un virus infame, che toglie tutto. Ha tolto la vita a nostro figlio. E a noi, a me e a mia moglie, il diritto di assisterlo, sino all’ultimo minuto. Per questo vi chiedo, vi supplico, questa è una malattia tremendamente seria: restate a casa, per favore. Fatelo voi. Fatelo per chi vi vuole bene”.
Non c’erano sintomi pregressi
Maurizio non camminava più da quando aveva 20 anni, ma era totalmente autonomo e in salute. Ogni giorno andava a lavorare nel settore amministrativo della Residenza per anziani “Mamma Rosa” e aveva un’incredibile voglia di vivere, “non aveva nessuna malattia pregressa che potesse favorire l’aggravarsi del virus, come patologie respiratorie o cardiologiche”. Tutto è successo attorno al 5 marzo, quando una febbre prima a 37°, poi a 38° ha cominciato a debilitare il ragazzo.
Antonio Pinto è un medico radiologo e a quel punto ha insistito per far ricoverare Maurizio ed è stato il primo a leggere i risultati delle radiografie al torace del figlio. La diagnosi è chiara: polmonite. Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno sono arrivati i risultati del test, che è risultato positivo al Coronavirus. “Da quel momento non lo abbiamo più visto – spiega il padre – perché è stato portato in isolamento in terapia intensiva. La cosa più sconcertante è che fino alle 21 Maurizio ancora parlava e stava reagendo bene alla terapia. Alle 23 ci hanno dato la terribile notizia”.
Le condizioni sono precipitate in 3 ore di tempo: “La sera il collega di guardia è entrato per salutarlo e stava ancora bene, poi ha avuto un blocco respiratorio fulminante“, dice Antonio. L’untore in questo caso potrebbe essere davvero chiunque: “Qualcuno ha detto che avrei potuto trasmetterglielo io – racconta il padre – magari dopo qualche convegno. Una bugia inutile. È uno scrupolo che non ho: non mi muovo da Turi da due anni. Maurizio, invece, girava moltissimo”.
Un ricordo di Maurizio, le vittime di Covid non sono numeri
È vero, l’80 per cento dei deceduti di questa pandemia risulta essere sopra i 60 anni, ma il virus può attaccarsi anche ai meno anziani. E si sa così poco sulla storia e sulla vita di queste vittime che sentiamo enumerare ogni giorno dalla Protezione Civile, in quello che sembra ormai un bollettino di guerra. Così, ricordare Maurizio può dare anche un volto a chi lotta contro questa terribile malattia per la quale non esiste ancora una cura.
A 38 anni sei nel pieno delle forze. Maurizio amava i motori e sognava di correre un giorno con la Ferrari. Impavido, anche rispetto alla sua stessa condizione fisica, aveva continuato sempre a guidare e viaggiare. Si schierava contro le ingiustizie: “Quante volte aveva scritto al Governatore Emiliano – spiega il padre – perché trovava gli ascensori fermi presso l’Ospedale di Putignano dove lui dializzava”. Maurizio combatteva per la fruibilità degli spazi per tutti quelli nelle sue stesse condizioni e per continuare a vivere una vita normale in completa libertà. Mai avrebbe pensato di morire di Coronavirus.
Al momento, l’intero reparto della dialisi e la famiglia di Maurizio hanno tutti effettuato un test, al quale sono risultati negativi. Antonio è in quarantena volontaria con sua moglie, ma il dolore non conosce isolamento: “Che la sua fine prematura e inaspettata a soli 38 anni sia di monito a tutti i giovani che vedo ancora al bar e che sembra non abbiano ancora capito la pericolosità di questo virus”.
Leggi anche: 1. Il paradosso dei tamponi per il Coronavirus: se un calciatore è positivo fanno test a tutta la squadra, ma non ai medici in prima linea /2. Mascherine gratis per tutti: l’azienda italiana tutta al femminile che ha convertito la produzione industriale per il Coronavirus
3. Coronavirus, i ricercatori cinesi in Italia: “Vi abbiamo portato il plasma con gli anticorpi” /4. Coronavirus, Bergamo: così vengono curati i pazienti, sistemati anche nei corridoi
Leggi l'articolo originale su TPI.it