Coronavirus Italia, parla il virologo Pregliasco
“Burioni fa allarmismo per mettere pressione al governo, ma il Coronavirus è poco più di una febbre”. A dirlo a TPI è il virologo dell’Università di Milano e presidente nazionale Anpas Fabrizio Pregliasco, che è convinto che il virus si possa debellare se si passa a “un’azione di limitazione massima della diffusione in Italia”. Come? Ce lo spiega in un’intervista utile a fare un po’ di chiarezza tra le centinaia di informazioni che stanno circolando in questi giorni sull’epidemia.
Al momento l’influenza provoca ancora più morti del Coronavirus. La malattia può avere anche sintomi molto banali, come il raffreddore o la febbre a 37. Direi che per l’80 per cento è un virus semplice, per il 20 per cento restante no, perché la febbre non porta in nessun caso a una polmonite mortale o alla rianimazione in ospedale.
Sono dalla parte della direttrice del Sacco di Milano, perché è inutile creare allarmismi e bisogna mettere l’accento sul fatto che ci sono anche tante persone guarite dal Covid-19.
Capisco però Roberto Burioni: alzare i toni serve a noi virologi per farci ascoltare dal governo, che altrimenti prenderebbe tutto sotto gamba. E la situazione avrebbe potuto degenerare.
La situazione era attesa. Come negli altri Paesi sapevamo che sarebbe successo. Adesso non bisogna temere di essere brutali nelle misure da adottare per mitigare la situazione. Vediamo di riuscire non ad azzerare il rischio, ma a scoprire quanti più casi possibile.
Non bisogna andare nel panico. Ce lo aspettavamo, siamo preparati. Ci si comporta come per gli incendi, bisogna intervenire tempestivamente e tagliare tutte le possibili strade che gli permettano di crescere.
Tra quindici giorni sarà il punto di svolta. In quel momento sapremo se per l’Italia sarà l’apocalisse o se saremo riusciti a arginare l’epidemia. Questo è il periodo di incubazione e riusciremo a capire se i focolai attivi al momento sono stati contenuti o meno.
Ora siamo in una seconda fase, della mitigazione, nella quale si deve cercare di limitare, rallentare la velocità di una diffusione che potrebbe comunque rivelarsi ampia. Siccome il contagio per ora è circoscritto in una zona geografica limitata, è necessario “uno sforzo, anche sovrumano, per limitare la dimensione del problema, dunque la diffusione del contagio e del virus.
Al momento siamo il terzo paese nella classifica globale per contagi. Principalmente per due motivi: prima di tutto stiamo iniziando a fare una serie di test a tappeto e quindi escono fuori più casi. Più controlli uguale più infetti scoperti, è ovvio.
Secondo punto: la sfiga, la fortuna nell’avere nello stesso paese tanti casi “minori”, cioè le persone con sintomi non gravi che circolano liberamente senza neanche controllarsi.
Sì, il contagio nelle strutture sanitarie è più grave e più veloce perché le condizioni mediche di partenza dei pazienti sono già gravi.
Che il virus sia approdato in Lombardia, è però un bene. È uno dei sistemi sanitari più avanzati del Paese. Sono fiducioso che riusciranno a gestire e contenere l’emergenza. Tutte le misure che vengono messe in atto in queste ore sono state valutate e studiate nei mesi scorsi proprio per prepararsi ad un evento come questo.
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Il governo italiano ha reagito bene all’emergenza secondo lei?
Si, sta facendo esattamente quello che bisogna fare in queste situazioni. Il giudizio complessivo sull’efficacia dei provvedimenti messi in campo potrà essere formulato solo a posteriori. Ritengo però che le misure attuate siano necessarie e ragionevoli. Non avendo a disposizioni farmaci né un vaccino, per il quale serviranno uno, due anni, le armi che attualmente abbiamo a disposizione per lottare contro questo virus sono l’isolamento e l’individuazione dei soggetti contagiati.
A seconda dell’evoluzione della situazione, in base a come evolverà il quadro, le misure assunte dal Governo potranno essere ulteriormente affinate, in meglio o in peggio. Io mi auguro in meglio, con l’allentamento dell’isolamento, che, però, in questa fase, è necessario
Ancora non si hanno certezze su questo, ma a quanto pare i bambini riescono a sviluppare una migliore risposta immunitaria. I più giovani reagiscono scacciando il virus, che si attacca invece agli anziani con complicanze mediche già presenti. Come le vittime italiane.
È quasi impossibile scovare il paziente zero perché probabilmente si tratta di qualcuno che è stato in Cina nel momento in cui l’epidemia non era ancora scoppiata. Cioè chi è stato nella provincia di Wuhan nella fase iniziale, è tornato in Italia, ha avuto a gennaio una banale influenza e quindi non si è nemmeno controllato e ha così attaccato il virus a un numero esponenziale di persone.
Esatto, quelli con i sintomi minori. Per questo il Coronavirus è più difficile da fermare della Sars. Quella malattia aveva una mortalità del 30 per cento e sintomi gravissimi: questo facilitava la quarantena e l’isolamento dei pazienti. Con il Coronavirus invece non si ha contezza, è molto più subdolo e nascosto. Chissà quanti untori senza sintomi apparenti scorrazzano per l’Italia al momento!
L’unica cosa è lavarsi spesso le mani. Come per l’influenza tradizionale c’è poco che si possa fare: lavarsi bene e spesso le mani. Evitare di toccarsi bocca e occhi in particolare dopo aver toccato maniglie e oggetti di uso comune e promiscuo.
Nel caso qualcuno abbia sintomi influenzali molto importanti non deve per nessun motivo recarsi al Pronto Soccorso ma chiamare i sanitari del 112. È da evitare in qualunque modo il contatto con altre persone.